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Amnesty International, 40 anni per i diritti umani

Il 28 maggio 1961, l'avvocato Berenson pubblicò sul settimanale britannico "Observer" un articolo che ebbe ampia eco e che portò alla creazione di Amnesty International. Amnesty International

L'associazione per la difesa dei diritti umani Amnesty International (AI) festeggia i 40 anni di esistenza. Nata su iniziativa dell'avvocato inglese Peter Berenson, l'associazione conta oggi 56 sezioni nazionali. In Svizzera la prima sezione di AI è stata fondata nel 1969 a Ginevra, l'anno seguente è nata una sezione nazionale.

Era il 28 maggio 1961. L’avvocato londinese Peter Benenson, spinto dalla notizia dell’arresto di due giovani portoghesi rei di aver brindato alla libertà, pubblicò nel settimanale “Observer” un articolo in cui auspicava la creazione di un movimento a sostegno dei detenuti per motivi di coscienza.

Il suo ragionamento era semplice, ma si sarebbe dimostrato assai efficace. Di fronte alla violazione della libertà di coscienza il singolo individuo si sente impotente, constatava Berenson, ma “se tutti quelli che nel mondo provano lo stesso sentimento si potessero unire, un’azione comune diverrebbe allora possibile.”

L’appello di Berenson non cadde nel vuoto. Molti giornali, tra cui il “Journal de Genève”, lo ripresero e già nel luglio del 1961 dodici delegati, provenienti da Gran Bretagna, Irlanda, Francia, Germania e Belgio, si incontrarono nel Lussemburgo per dar vita a quell'”azione comune” auspicata dall’avvocato londinese, con il nome di Amnesty International.

Nel frattempo l’associazione conta più di un milione di membri in 160 paesi. In 56 paesi esistono sezioni nazionali. Nella sede centrale di Londra lavorano 320 impiegati e 95 volontari provenienti da 50 paesi. Il budget dell’associazione si aggira attorno ai 50 milioni di franchi. La sezione svizzera di AI è nata nel 1970. Oggi ha circa 25’000 soci e può contare sul sostegno finanziario di oltre 55’000 donatori.

Organizzazione non governativa indipendente dal punto di vista politico e religioso, AI è diventata nel corso degli anni un punto di riferimento di enorme importanza per la difesa dei diritti umani. Nel corso della sua storia si è impegnata in favore di circa 47’000 prigionieri per motivi di coscienza. Tra di essi Olusegun Obasanjo, Kim Dae-Jung e Vaclav Havel, oggi presidenti democraticamente eletti di Nigeria, Corea del sud e Repubblica ceca.

Negli anni della guerra fredda, AI si vide confrontata con accuse di partigianeria da parte di entrambi i blocchi: già nel 1961, il Dipartimento di stato USA rinfacciò a Berenson di far parte di un “complotto rosso”, mentre da parte comunista si ventilava il sospetto di un coinvolgimento della CIA nella creazione dell’associazione.

Ma né queste accuse, né gli errori di valutazione in cui AI è a volte incorsa – fra i più gravi la notizia secondo cui i soldati iracheni in Kuwait avrebbero strappato neonati dalle incubatrici, notizia rivelatasi poi infondata – hanno potuto intaccare sostanzialmente il prestigio di cui gode l’associazione.

Nel corso degli anni anzi, l’attività di AI oltre alle campagne in favore della liberazione di prigionieri di coscienza, si è estesa anche a mobilitazioni contro la tortura e la pena di morte. Noti e temuti anche i rapporti di AI sulla situazione dei diritti umani nei singoli paesi, rapporti che non risparmiano neppure la Svizzera.

Per quel che riguarda la Svizzera, AI critica in particolare le misure coercitive applicate nell’espulsione di richiedenti l’asilo. Di recente ha lanciato un appello contro il rimpatrio dei profughi provenienti dalla regione di Srebrenica, una delle regioni più colpite dalle pulizie etniche durante la guerra civile nell’ex-Jugoslavia.

swissinfo

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