Consiglio federale: no all’iniziativa «per madre e bambino»
Il Consiglio federale non vuol saperne di un divieto quasi generalizzato dell'interruzione volontaria della gravidanza (IVG). Ha dunque deciso di respingere senza controprogetto l'iniziativa popolare antiabortista «per madre e bambino».
Il governo si oppone all’iniziativa, che autorizza l’aborto soltanto se è inteso a evitare un grave pericolo per la vita della madre,in quanto è nettamente più restrittiva della prassi vigente nella maggior parte del cantoni. Inoltre non riconosce alla donna alcun diritto d’autodeterminazione. Il Consiglio federale ha pure ribadito che nel caso di una nuova regolamentazione dell’interruzione della gravidanza si dovrà tenere adeguatamente conto anche della protezione del nascituro, oltre che degli interessi della donna incinta.
L’iniziativa popolare «per madre e bambino – per la protezione del bambino non ancora nato e per l’aiuto a sua madre in stato di bisogno» è stata depositata il 19 novembre 1999 con 105 mila firme valide nella forma di un progetto elaborato. Con questo testo l’aborto non dovrebbe più essere ammesso «a meno che la prosecuzione della gravidanza comporti per la madre un pericolo di morte acuto non altrimenti evitabile e dovuto a cause fisiche».
In teoria, il Codice penale del 1942 vieta sempre l’aborto, salvo se la vita o la salute della madre fossero minacciate. In realtà, però, oggi è possibile sottoporsi a una IVG in quasi tutti i cantoni, dopo aver consultato due medici. Fanno eccezione Uri, Obwaldo, Nidwaldo e Appenzello Interno. Dal 1988 non vi sono più state condanne in virtù del Codice penale.
Secondo Berna, l’iniziativa antiabortista non tiene conto dell’evoluzione sociale negli ultimi 30 anni. Pretende addirittura che la gravidanza sia portata a termine anche da una donna rimasta incinta dopo uno stupro. Al massimo concede alla madre di «dare il suo consenso, l’unico necessario, alla libera adozione del bambino fin dall’accertamento della gravidanza».
In realtà da tempo è assodato che uno stupro costituisce uno degli elementi chiave per procedere a un’IVG. Non è infatti concepibile costringere una donna a portare a termine una gravidanza originata da un’aggressione sessuale, sottolinea il Consiglio federale. Ma anche altri motivi sono oggi riconosciuti per autorizzare un aborto. È in particolare il caso quando è prevedibile che il nascituro soffrirà d’infermità o quando la sua educazione si confronterà a «ostacoli insormontabili».
Il governo accoglie però favorevolmente il principio dell’iniziativa secondo cui, «se la gravidanza pone la madre in uno stato di bisogno, i cantoni accordano l’aiuto necessario. Possono affidare tale campito a istituzioni private». Il Consiglio federale segnala comunque al comitato d’iniziativa che questa possibilità già esiste. Dal 1984, i centri di consultazione offrono consulenza e assistenza alle donne incinte in tutti i cantoni.
Il Consiglio federale non ha voluto opporre un controprogetto diretto all’iniziativa. Tuttavia la modifica del Codice penale in vista della depenalizzazione dell’IVG, attualmente sui banchi parlamentari, potrebbe costituire una sorte di controprogetto indiretto. Dopo molte tergiversazioni, il Consiglio degli Stati ha approvato la cosiddetta soluzione dei termini. Ha così accettato d’autorizzare l’IVG nelle 12 settimane dopo l’ultima mestruazione.
Il Consiglio nazionale sarà nuovamente chiamato ad esprimersi nella sessione di dicembre. Dovrà decidere se piegarsi a questa soluzione della Camera alta o se tener fede alla sua posizione più liberale, che prevede segnatamente un termine di 14 settimane. La sua commissione si pronuncerà in merito lunedì.
Dal canto suo, il Consiglio federale continua a sostenere un modello vicino a quello difeso dal PPD. Vorrebbe obbligare la donna a consultare un centro specializzato prima di poter abortire. Secondo il governo, questa variante terrà conto anche degli interessi dell’embrione, come di quelli della donna incinta.
swissinfo e agenzie

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