Il centro di Ponte Chiasso si dissocia dalla giornata del rifugiato

Alle manifestazioni che si sono svolte questa fine di settimana in varie città elvetiche per celebrare la giornata nazionale del rifugiato, non si è associato, in segno di protesta, il Centro di accoglienza diretto da padre Kornelius Koch.
Padre Koch si è rifiutato di celebrare questa giornata, schierandosi contro quella che ha definito «la psicosi dell’espulsione» che avrebbe attanagliato il Consiglio federale a riguardo dei Kosovari.
Secondo Koch, il governo federale «si genuflette» davanti alle spinte xenofobe che attraversano il nostro paese. Egli considera l’espulsione di 13’000 Kosovari come un incubo, non solo per gli stessi rifugiati, ma anche per i funzionari che devono eseguire gli ordini di rimpatrio forzato.
Nonostante la protesta di padre Koch, sabato e domenica si sono svolte in varie città elvetiche diverse manifestazioni, nell’ambito della Giornata nazionale del rifugiato, all’insegna del motto “Dignità umana”.
Con queste manifestazioni, l’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (OSAR) ha voluto contribuire a favorire la comprensione reciproca tra cittadini svizzeri e stranieri.
La conferenza dei vescovi svizzeri, la Chiesa cattolica- cristiana, la Federazione delle Chiese evangeliche e la Federazione delle comunità israelitiche hanno rivolto un appello comune, scrivendo che in questa fine settimana è stata offerta l’occasione per riflettere a quale atteggiamento avere nei riguardi di chi è costretto a fuggire dal proprio paese.
«Mobilitiamo le nostre energie per incoraggiare i rifugiati e andar loro incontro, piuttosto che respingerli», è scritto nell’appello. «Ciascuno di noi può contribuire, nella vita di ogni giorno, alla dignità umana di chi ha bisogno di protezione. I responsabili della politica e dell’amministrazione da parte loro devono ricordarsi che le loro decisioni si misurano sulla dignità di ogni essere umano».
Venerdì, il segretario centrale dell’OSAR, Markus Loosli, che si appresta a lasciare l’incarico, aveva invitato le autorità ad agevolare l’integrazione dei profughi e dei candidati all’asilo, che in nessun caso vanno trasformati in assistiti sociali. Secondo l’OSAR, i profughi riconosciuti dovrebbero avere la possibilità di ottenere il passaporto svizzero nel giro di cinque anni.
La sezione svizzera di Amnesty International ha colto l’occasione per invitare la consigliera federale Ruth Metzler a sospendere il rinvio di candidati all’asilo tamil in Sri Lanka. In patria – afferma AI – gli «asilanti» rischiano di essere arrestati, maltrattati e torturati.
swissinfo e agenzie

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