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La Svizzera felicita il nuovo presidente George W. Bush

Elezione Bush - Grafico SRI swissinfo.ch

Dopo il verdetto della corte suprema americana non ci sono più dubbi: George W. Bush é il prossimo presidente degli USA. Berna ha inviato un telegramma di felicitazioni al neo eletto. Reazioni e commenti svizzeri su questa elezione al foto finish.

Si è finalmente conclusa la saga presidenziale americana. Con il verdetto pronunciato dalla corte suprema e la dichiarazione di abbandono da parte di Al Gore, è ormai ufficializzata l’elezione di George W. Bush come 43. presidente degli Stati Uniti. Vediamo come hanno reagito politici, media e associazioni all’importante passaggio dei poteri negli Stati Uniti.

La Svizzera si è congratulata con il neo eletto presidente americano George W. Bush tramite un telegramma di felicitazioni spedito dal presidente della Confederazione Adolf Ogi. Il portavoce del dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), Livio Zanolari, ha dichiarato a swissinfo di essere persuaso che la collaborazione con la futura amministrazione Bush sarà buona, così come lo è stata in passato con quella sotto l’egida di Clinton: “Per quanto riguarda la Svizzera, non ci saranno dei cambiamenti sostanziali. Le relazioni sono ottime e verranno mantenute tali anche perché Bush, così come Gore, rappresenta un segno di continuità e di stabilità negli Stati Uniti”. Per il resto nessun commento sull’esito della votazione visto come il DFAE “riconosce gli Stati e non i governi”.Per quanto concerne la politica estera degli Stati Uniti, la Svizzera auspica che Washington prosegua il suo impegno in Medio Oriente a favore della ripresa del processo di pace tra israeliani e palestinesi.

Dello stesso tenore il commento di Economiesuisse, l’organizzazione padronale recentemente nata dalla fusione tra Vorort e Proec, che ha annunciato di non aspettarsi grandi cambiamenti d’orientamento nelle relazioni tra USA e Svizzera. L’organizzazione mantello delle imprese svizzere prevede una certa stabilità della politica economica negli Stati Uniti. A proposito del dibattito sul ruolo delle banche svizzere durante la seconda guerra mondiale e la questione dei fondi in giacenza, che avevano reso problematiche le relazioni tra i due paesi, Economiesuisse ritiene che probabilmente la prossima amministrazione si mostrerà più moderata.

Per quanto concerne i quotidiani, tutti i commentatori sottolineano come il mandato di George W. Bush sarà tutt’altro che facile. Il paese è sostanzialmente diviso in due, così come lo è il Congresso, considerata la quasi equivalenza dei rappresentanti democratici e repubblicani. Al nuovo presidente Bush, che durante la campagna elettorale si è presentato come un politico “unificatore”, il delicato ruolo di riconciliare i due schieramenti. Viene inoltre spesso ricordato come, ora che il verdetto è giunto, nessuno impedirà a media, associazioni e privati cittadini di chiedere una riconta dei voti della Florida. Tali risultati, anche se privi di valore puramente politico, potrebbero nuocere alla figura del nuovo presidente.

La Neue Zürcher Zeitung ricorda come ci siano volute ben 5 settimane di aspri dibattimenti per ottenere un giudizio definitivo. La Corte Suprema ha infine optato per la soluzione che meglio garantisce le prerogative dell’ordinamento giudiziario americano. Il fatto che la decisione finale sia scaturita da una maggioranza risicata (5 voti contro 4) non è né inabituale per la realtà americana né svilente per il verdetto stesso.

La NZZ si chiede anche cosa sarebbe accaduto nel caso la Corte avesse permesso la conclusione del quarto spoglio dei voti della Florida. L’unica certezza, a detta del giornale zurighese, sarebbe stata l’ottenimento di un quarto risultato, non necessariamente “più corretto” degli altri. L’editorialista sottolinea inoltre come il nuovo presidente Bush, a causa dei garbugli giuridici, abbia perso tempo prezioso per la formazione della nuova amministrazione e ricorda come, ai tempi del primo insediamento di Clinton, simili ritardi avessero pregiudicato le performances dei primi mesi della nuova presidenza.

Infine la NZZ propone un’interpretazione positiva della maratona giuridica che ha seguito la notte delle elezioni: l’augurio è infatti che tale faccenda contribuisca ad incrinare l’eccessiva autostima che incita spesso gli americani a porsi sul piedistallo dei giusti.

Il Tages Anzeiger affida il commento a Ignaz Staub. Egli sottolinea come questa lezione sulla procedura d’elezione di un presidente americano (“Chi sapeva cosa fosse un collegio elettorale prima del 7 novembre scorso?”) ha insegnato agli americani che ogni voto può essere decisivo nella corsa alla casa bianca. Nello stesso tempo, si è però appreso come non necessariamente tutti i voti hanno un valore. Oppure quanto possa essere determinante la designazione degli scrutatori destinati al conteggio dei voti. Adesso il grande tema negli States riguarda le misure necessarie a evitare crisi del genere in futuro. “Chi non impara dagli errori della storia, è destinato a ripeterne di altri”, conclude Ignaz Staub.

Le Temps apre invece con un titolo piuttosto significativo: “Giudicato presidente”. Nel suo commento, Alain Campiotti, sostiene come l’entrata alla casa bianca di Bush è tutt’altro che gloriosa, anche se “tra un po’ più di un mese, Dubya (W con accento texano) inizierà ad essere giudicato sulla base dei fatti”. Il nuovo presidente non piace alle minoranze, che si sentono minacciate dalla nuova amministrazione repubblicana. “Il nuovo regno sarà duro per i deboli” scrive Campiotti.

L’editorialista del giornale romando traccia quindi un paragone tra la politica estera proposta da Clinton e quella che, presumibilmente, caratterizzerà i prossimi 4 anni. Se Clinton desiderava associare partners nelle soluzioni delle crisi, Bush ritiene che “tutte le chiavi si trovino a Washington”. Maria Pia Mascaro, sempre su Le Temps, traccia una mappa della divisione americana: da una parte le regioni rurali, le città medie e piccole e gli uomini, principalmente a favore di Bush. Dall’altra le coste urbanizzate, le metropoli e le donne che, tendenzialmente, hanno votato per Gore.

Il Corriere del Ticino propone un commento di Gerardo Morina, secondo il quale la sentenza della corte suprema ha soprattutto “il pregio di aver determinato il punto conclusivo di una saga politica che dava l’impressione di autoalimentarsi durando all’infinito”. Egli ritiene inoltre che la battaglia politica appena conclusa non è del tutto appianata. Ciò che importa è che si sia ottenuto un verdetto definitivo da parte di un’istituzione, la corte suprema, che rafforza così il suo ruolo visto come “ha saputo far convergere, al di là delle partigianerie, giurisprudenza, senso comune e interesse nazionale”.

Morina si sofferma inoltre sul boccone amaro che si è trovato a dover ingoiare Al Gore che, ricordiamo, su tutto il territorio americano ha ottenuto un maggior numero di voti rispetto a Bush. Morina ricorda come “per quanto possa essere doloroso da subire, sono queste le regole del gioco di un sistema elettorale come quello americano che privilegia altri criteri”.

swissinfo

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