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Milosevic sfida la legittimità del Tribunale Penale Internazionale

Carla del Ponte "versus" Slobodan Milosevic swissinfo.ch

La procuratrice del tribunale dell'Onu, il magistrato svizzero Carla del Ponte, vuole aprire nuovi capi d'imputazione contro l'ex-presidente jugoslavo: per genocidio in Bosnia e in Croazia, e per crimini contro l'umanità commessi dai serbi in Kosovo. Milosevic nega la legittimità del tribunale.

Un Milosevic combattivo si è presentato martedì mattina, per la prima volta, davanti alla corte del Tribunale penale internazionale dell’Aja per rispondere delle accuse di crimini contro l’umanità. Milosevic è comparso senza avvocati difensori perché non riconosce la legalità del tribunale dell’ONU, definito “falso”, e falsi, secondo l’ex-presidente della Jugoslavia sono anche i capi d’accusa, che vogliono coprire, a suo parere, i crimini di guerra commessi dalla Nato in Jugoslavia.

Il giudice britannico Richard May, che ha chiesto ripetutamente all’ex-presidente jugoslavo di ritornare sulla sua decisione di non nominare la difesa rifiutandosi di collaborare, ha quindi tradotto l’atteggiamento di Milosevic come una richiesta di non colpevolezza.

I capi d’imputazione sono quattro: tre per crimini contro l’umanità (omicidio, deportazione e persecuzione sulla base di motivi politici, razziali e religiosi) e uno per crimini di guerra.

Quando il 59enne ex-dittatore ha cercato di lanciarsi in un discorso, il giudice May gli ha fatto presente che quello non era il momento dei discorsi; stabilendo infine la data della prossima udienza, il 27 agosto, anche se non si può escludere che venga anticipata.

Nonostante una quantità enorme di prove delle atrocità commesse in Kosovo, dove i tre quarti della popolazione fu costretta a fuggire e una lista di quasi 600 persone uccise e identificate pesa sulle spalle di Milosevic, provare che l’ex-capo di stato è il vero responsabile di quei crimini sarà tutt’altro che semplice.

Carla del Ponte vuole addirittura chiedere altri capi d’imputazione per i crimini in Bosnia e Croazia. Ma qualcuno già teme che le testimonianze di Milosevic metteranno in imbarazzo anche i suoi nemici, in patria e all’estero: il grosso dei crimini imputati a Milosevic, si fa notare, è avvenuto infatti dopo l’inizio dei bombardamenti della Nato sulla Jugoslavia.

I dieci minuti di udienza sono stati comunque importanti per Carla del Ponte, che ha condotto la lunga campagna internazionale per portare Milosevic davanti al tribunale dell’Onu.

La del Ponte non può permettersi un fallimento. La ex-procuratrice generale della Confederazione Elvetica, molto amica del giudice Giovanni Falcone, con il quale ha condotto alcune indagini antimafia, scampando anche ad un attentato insieme al magistrato italiano, si è fatta conoscere al di fuori della Svizzera anche per aver collaborato con il pool di Milano ai tempi di Mani pulite.

All’estero la Del Ponte è conosciuta e rispettata (qualcuno fa notare malignamente più che in patria) soprattutto per le sue inchieste contro il riciclaggio di denaro sporco, dall’affare Borodin-Mabetex, alla confisca di milioni di dollari sui conti svizzeri di Raul Salinas, fratello dell’ex-presidente del Messico.

Dopo l’udienza preliminare, la procuratrice del TPI ha incontrato Milosevic faccia a faccia per alcuni minuti, e gli ha chiesto se intende avere contatti o se aveva qualche dichiarazione da fare. Si ignora la risposta dell’ex-presidente jugoslavo.

Per Carla del Ponte “Slobodan Milosevic è il responsabile numero uno dei crimini commessi in Bosnia, Croazia e in Kosovo”; ma certo l’ex uomo forte di Belgrado non ha nessuna intenzione di rendere la vita facile ai suoi giudici, come ha dimostrato la prima udienza di un processo che è già stato soprannominato “la nuova Norimberga”.

Raffaella Rossello

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