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Un paese neutrale di fronte alla crisi mediorientale

Al centro della discussione, le relazioni militari della Svizzera con Israele Keystone

La ministra degli esteri svizzera si è espressa giovedì per la prima volta davanti alla stampa sulla crisi libanese e sulle possibilità d'azione della Svizzera.

I quotidiani elvetici hanno dato ampio spazio alle dichiarazioni di Micheline Calmy-Rey. Un tema in particolare ha suscitato interesse: l’eventuale applicazione del diritto di neutralità.

«Dal momento in cui considereremo le operazioni in atto un conflitto tra due paesi allora la Svizzera potrebbe applicare il diritto di neutralità», ha dichiarato giovedì a swissinfo la ministra degli esteri svizzera.

Per Micheline Calmy-Rey, le operazioni militari in Libano non possono ancora essere considerate una guerra tra due Stati. Tuttavia la situazione viene costantemente analizzata dal ministero degli esteri. E la Svizzera attende di sapere quale sarà la posizione del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Se le Nazioni Unite dovessero definire il conflitto in Libano una guerra tra Stati, la Svizzera potrebbe applicare il diritto di neutralità. La decisione ultima spetta tuttavia all’intero governo.

L’applicazione del diritto di neutralità comporterebbe per la Svizzera il divieto di vendere armi alle parti in conflitto. «La neutralità non vieterebbe però l’acquisto da parte della Svizzera di materiale bellico», ha affermato Micheline Calmy-Rey in un’intervista al quotidiano Südostschweiz.

Nei giorni scorsi, i Verdi e il Gruppo per una Svizzera senza esercito avevano fatto appello al governo elvetico perché congelasse ogni collaborazione militare con Israele e con gli altri Stati della regione. Oggetto del contendere è soprattutto il previsto acquisto da parte dell’esercito elvetico del sistema integrato di esplorazione ed emissione IFASS, prodotto in parte in Israele (vedi «Altri sviluppi»).

Formalismo giuridico

La posizione di Micheline Calmy-Rey sul diritto di neutralità è stata duramente criticata dal Tages Anzeiger, che pure ha avuto parole di lode per la chiara condanna dell’uso «sproporzionato» della forza da parte dell’esercito israeliano.

Nel 2001, ricorda il quotidiano zurighese, l’allora ministro degli esteri Joseph Deiss, di fronte all’aggravarsi della crisi in Medio Oriente, aveva spinto il governo svizzero a ripensare le relazioni militari con il governo israeliano. Ne era seguito un congelamento dell’acquisto di armi in Israele. «Cinque anni dopo la socialdemocratica che gli è succeduta si nasconde dietro ad un pretesto formale».

Per il Tages Anzeiger, «non si tratta di una questione di diritto di neutralità, ma di credibilità politica: la Svizzera deve interrompere le relazioni militari e l’acquisto di armamenti da una potenza militare che viola il diritto internazionale. Anche se questo spiace all’esercito svizzero e potrebbe far perdere dei buoni affari all’industria».

Evitare i tranelli

Di segno opposto la lettura data alla questione da Le Matin. Secondo il quotidiano romando, la ministra degli esteri ha fatto bene a rifiutare di pronunciarsi sulla natura delle ostilità che scuotono il Libano. «La comunità internazionale – scrive Le Matin – non avrebbe capito se la Svizzera avesse deciso delle sanzioni in maniera unilaterale».

La Liberté scrive che «Micheline Calmy-Rey ha saputo evitare perfettamente tutti i tranelli che le sono stati tesi». Lasciando la definizione del conflitto nelle mani dell’ONU e della comunità internazionale, la Svizzera evita di scivolare su un terreno politico.

Se il Consiglio di sicurezza dovesse definire il conflitto in atto una guerra tra Stati, applicare il diritto di neutralità e limitare la collaborazione militare con Israele «non sarebbe altro che una conseguenza giuridica dello statuto internazionale della Svizzera».

Il comportamento di uno stato neutrale

La Neue Zürcher Zeitung, nel suo commento alle dichiarazioni di Micheline Calmy-Rey, non affronta direttamente il tema del diritto di neutralità. Il quotidiano di orientamento liberale critica però fortemente l’atteggiamento fin qui tenuto dalla ministra degli esteri.

«Micheline Calmy-Rey sa di avere dalla sua una parte dell’opinione pubblica quando condanna unilateralmente le operazioni israeliane in Libano, definendole ‘sproporzionate’ e si presenta così implicitamente, da rappresentante del governo elvetico, come avvocato di una parte – in questo caso quella libanese – ingiustamente attaccata».

Questo atteggiamento priverebbe però la Svizzera di qualsiasi possibilità di mediare fra gli attori del conflitto. «Chi vuole mediare – scrive ancora la NZZ – deve mettere alla prova durante molto tempo la sua volontà di essere imparziale».

swissinfo, Andrea Tognina

La neutralità della Svizzera è stata riconosciuta dalle grandi potenze europee con il Trattato di Parigi del 20 novembre 1815. Esso sancisce l’inviolabilità del territorio elvetico.

Il diritto della neutralità è parte del diritto internazionale pubblico. Nelle Convenzioni dell’Aja del 1907 sono stabiliti i diritti e gli obblighi essenziali degli Stati neutrali.

A livello nazionale, la neutralità è menzionata nella Costituzione federale come strumento per salvaguardare l’indipendenza del paese.

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