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La birra in Svizzera è sempre frizzante

La cifra d'affari del settore si avvicina al miliardo di franchi Ex-press

Nella Confederazione il settore della birra è dominato da due giganti internazionali; i consumatori, dal canto loro, apprezzano molto la diversità offerta dalle birrerie artigianali di piccole dimensioni.

Due giganti, qualche nano e alcune formiche: è questa la fisionomia attuale – per quanto concerne la produzione – del mercato elvetico della birra. Fino al 1991, quest’ultimo era regolato da una serie di convenzioni regionali dette «cartelli della birra». Tale sistema equivaleva a una sorta di protezionismo legalizzato.

A partire dagli anni Novanta, tuttavia, la situazione è mutata con il ritorno della concorrenza sostenuta dallo Stato. Risultato: una nuova suddivisione del mercato, che ha condotto alla costituzione di un oligopolio dominato da due grandi aziende quali Carlsberg e Heineken. Insieme, queste ultime controllano circa i tre quarti del mercato.

Nella Svizzera germanofona si trovano una ventina di birrerie regionali – spesso a gestione famigliare – di dimensioni relativamente importanti: sono questi i cosiddetti «nani» del mercato. Legati alla tradizione della classica birra chiara, questi stabilimenti propongono delle gamme di prodotti assai variegati.

Restano poi le «formiche» del mercato, ossia i produttori artigianali. Il numero delle micro-birrerie – le stime variano, ma ve ne sarebbero circa 200 – è infatti cresciuto molto rapidamente nell’ultimo decennio. Secondo Marcel Kreber, direttore dell’Associazione svizzera delle birrerie (che riunisce i 17 attori che complessivamente assicurano il 98% delle birre prodotte in Svizzera), vi è stato un raddoppio durante gli ultimi 3-4 anni.

Gli svizzeri bevono meglio

Questa tendenza è il risultato di un’evoluzione dei gusti: il consumatore cerca infatti la diversità e birre prodotte localmente, oltre alle bevande provenienti dal Belgio e dal Canada, che da un ventennio sono presenti nella Confederazione.

A livello di consumo, gli svizzeri bevono meno ma meglio. Il consumo annuo è passato dai 71 litri per abitante, verso la metà degli anni Novanta, ai 55-58 litri attuali. Gli elvetici figurano quindi nella seconda parte della relativa classifica europea. A titolo di esempio, i cechi ne bevono 160 litri, i tedeschi 112 e i belgi 86.

Nel contempo, si rileva un cambiamento nelle abitudini del pubblico. «Una parte dei consumatori ha abbandonato il classico rituale delle quattro birre scolate in una sera, ricercando una migliore qualità in bevande importate oppure prodotte da piccole birrerie», spiega Laurent Mousson, vicepresidente dell’Unione europea dei consumatori di birra.

Ciononostante, non è scontato che i bar possano vendere questi tipi di birra. Infatti, come spiega Laurent Mousson, i due attori principali (Carlsberg e Heineken) vincolano la maggior parte delle mescite mediante contratti di esclusività in cambio di finanziamenti e ristorni.

Dalla spina alla bottiglia

Per le birrerie più piccole il problema è ancora maggiormente sentito, poiché questo tipo di accordo non concerne unicamente la birra alla spina, ma anche quella in bottiglia. I piccoli produttori giudicano tale situazione insostenibile: dopo una prima decisione delle autorità favorevole ai grandi distributori (2005), essi reclamano un ritorno al regime di concorrenza. Finora, invano.

Direttore del Gruppo d’interesse delle piccole e medie birrerie indipendenti, Ralf Schröder ritiene invece che «la situazione era molto più difficile dieci anni fa». A suo parere, l’oligopolio non costituisce un vero e proprio problema, poiché vi è spazio per tutti. Un’opinione condivisa da Marcel Kreber: i ristoratori sono liberi di scegliere e i contratti di esclusività costituiscono per loro un aiuto prezioso in termini d’investimento.

Come altri osservatori, Ralf Schröder è convinto che il mercato non cambierà profondamente nel corso dei prossimi anni: sorgeranno infatti «molte piccole birrerie, ma ciò non influirà in modo importante sul volume totale». Anche il numero di persone impiegate nel settore – 2-3’000 collaboratori diretti – dovrebbe restare complessivamente stabile.

«Massa critica interessante»

A prescindere da queste previsioni, «la quota di mercato delle piccole birrerie elvetiche continua ad aumentare: stanno raggiungendo una massa critica interessante, anche se attualmente rappresentano meno del 2% del totale del settore», fa notare Laurent Mousson.

Concretamente, si parla comunque di quantità infinitesimali. «Una birreria piccola ma comunque relativamente importante come la Brasserie des Franches-Montagnes [che conta nove collaboratori] rappresenta appena lo 0,01%-0,02% della quantità totale prodotta in Svizzera».

«In Europa – continua Mousson – esiste una nicchia di mercato molto creativa, che offre diverse possibilità. È proprio ciò che avviene in Svizzera, dove il 2-3% del mercato garantisce il 90% della diversità». In particolare: bevande più concentrate, miscele inedite, densità rare, gusti e aromi nuovi.

Questo valore aggiunto offerto dalle piccole birrerie è salutato dal resto del settore: Marcel Kreber giudica in modo estremamente positivo il loro contributo in termini di diversità. Un vantaggio per il consumatore e per la birra svizzera in generale, segnatamente a livello d’immagine.

Una produzione poco esportata

Pur considerando tali aspetti positivi, questo tipo di birra elvetica varca raramente i confini nazionali, essenzialmente per motivi di costo. A parte qualche eccezione – la Locher in Giappone e Gran Bretagna, la BFM negli Stati Uniti e la birra senz’alcool nel Golfo – soltanto il 2% della produzione svizzera totale è esportata.

Secondo gli osservatori, anche da questo punto di vista non vi saranno cambiamenti di sorta nel corso dei prossimi anni. L’unica eccezione potrebbe essere costituita da alcune birre di nicchia esportate verso mercati abituati a pagare a caro prezzo le birre particolarmente profilate, quali quello italiano, scandinavo, statunitense o canadese.

Pierre-François Besson, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)

In Svizzera vi sono oltre 250 birrerie. La produzione annuale di birra si situa tra 3,5 e 4 milioni di ettolitri all’anno.

La cifra d’affari del settore ammonta a circa un miliardo di franchi.

Nel 2008, il consumo totale nella Confederazione è stato di 4,49 milioni di ettolitri. Il 78,5% è costituito da birra lager, il 6,1% da varianti particolari.

Birra straniera: circa 20% (15% nel 2001)

Birra svizzera: 80%

Carlsberg-Feldschlösschen: circa il 45%

– Feldschlösschen
– Cardinal
– Gurten
– Hürlimann
– Löwenbräu
– Warteck
– Biere Valaisanne)

Heineken: circa il 30%

– Heineken
– Eichhof
– Ziegelhof
– Calanda
– Haldengut
– Ittinger

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