Meno sale non è per forza sinonimo di insipido

Ridurre la quantità di sale negli alimenti è possibile senza pregiudicarne né qualità né sapore. Lo affermano ricercatori bernesi. Anche certi prodotti tipici della gastronomia svizzera possono migliorare.
Lo studio è stato effettuato presso la Scuola universitaria professionale di scienze agronomiche, forestali e alimentari di Zollikofen, in seguito alla campagna nazionale che cerca di incitare gli svizzeri a ridurre il consumo di sale.
I ricercatori hanno vagliato diverse opzioni per diminuire in maniera significativa la quantità di cloruro di sodio contenuto in diversi alimenti e sono giunti alla conclusione che è possibile raggiungere l’obiettivo senza compromettere né la qualità né la durata di conservazione del prodotto.
La ricerca si è incentrata su alimenti preparati, come pane, prodotti a base di carne e cibi pronti, la cui ricetta è stata rielaborata con meno sale.
Pane, risultati promettenti
Il pane è risultato il prodotto che offre i risultati più promettenti. «È un alimento di base utilizzato da molte persone; per questa ragione ridurre il sale in questa categoria di prodotti può avere un impatto notevole», spiega la ricercatrice Claudine Allemann.
«Alcuni prodotti a base di carne, in special modo quelli essiccati, sono molto salati, ma non essendo consumati ogni giorno l’impatto è minore».
Il 21% del consumo di sale in Svizzera è imputabile al pane e ai dolci. Per i prodotti a base di carne la percentuale è invece del 14%, per i formaggi e altri prodotti caseari del 7,5%, mentre per i cibi preparati – inclusi i cereali per la colazione – del 34%.
Il 12% circa del sale assorbito proviene invece da alimenti non preparati, come frutta, verdura, carne, pesce o bevande varie. Il sale utilizzato a tavola o mentre si cucina rappresenta solo l’11%.
Tendenza a esagerare
Il sale è un ingrediente a buon mercato, ampiamente utilizzato per rendere più saporiti gli alimenti. Per soddisfare il gusto dei consumatori, spesso i produttori hanno tendenza ad esagerare col sale. Tuttavia, in molti casi delle riduzioni impercettibili di sale sono possibili senza che i consumatori trovino qualcosa da ridire, come emerso dallo studio bernese.
Nei test effettuati nel laboratorio di Zollikofen, ad esempio, la maggior parte delle «cavie» ha apprezzato dei cracker di frumento con il 15% di sale in meno.
I ricercatori si sono fissati come obiettivo un massimo di 20 grammi di sale per chilo di farina, ciò che equivale a un tenore dell’1,5% nel pane.
Il sale non dà solo sapore al pane, ma favorisce anche il processo di cottura, modificando la struttura della pasta, così come la consistenza e il colore. Viste le dosi utilizzate dai panettieri svizzeri – dall’1,2 al 2,3% del prodotto finale – vi è un ampio margine di miglioramento.
Grandi aziende agiscono
Le grandi aziende alimentari svizzere, tra cui Nestlé e i dettaglianti Migros e Coop, si sono già impegnate a ridurre la quantità di cloruro di sodio in molti dei loro prodotti.
La Coop indica che il suo pane non contiene più dell’1,5% di sale. Nel 2009, la Migros ha iniziato a limitare il sale nel pane e l’anno scorso ha deciso di diminuire la quantità in altri 171 prodotti. «Il sale contenuto in minestre, pasta, pizza o altri cibi convenienti sarà ridotto entro la fine del 2012», indica l’azienda. Nel 2010, la Nestlé ha dal canto suo annunciato che nei prossimi cinque anni diminuirà del 10% il tenore di cloruro di sodio nei suoi cibi preparati.
Per le piccole aziende, ad esempio le panetterie famigliari, non è così semplice ridurre le quantità di sale. «Rielaborare il prodotto costa e se ad esempio la quantità di sale è stampata sull’imballaggio bisogna ristamparne uno nuovo», spiega Allemann.
9,1 grammi al giorno
Stando a un recente studio, la popolazione svizzera consuma in media 9,1 grammi di sale al giorno. Una quantità ben superiore rispetto ai 5 grammi raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Le autorità sanitarie ritengono fondamentale ridurre il consumo di sale per lottare contro la pressione alta, che può portare a malattie cardiache fatali.
Il governo svizzero ha però già indicato che l’obiettivo stabilito dall’Ufficio federale della sanità di ridurre il consumo a otto grammi pro capite entro la fine del 2012 non sarà raggiunto.
Alcune tradizioni gastronomiche svizzere sono dure a morire. Il caso del Gruyère, il formaggio più consumato nel paese dopo la mozzarella, illustra bene la sfida.
L’esempio del Gruyère
«Un simile prodotto non può essere cambiato», risponde categoricamente Philippe Bardet, direttore dell’associazione interprofessionale del Gruyère.
«La ricetta è protetta dalla DOP (denominazione d’origine protetta) e le regole devono essere rispettate», sottolinea Bardet, che rappresenta 175 produttori di questo formaggio.
Con un tenore che oscilla tra l’1,2 e l’1,7% del prodotto finito, il gruyère è il formaggio svizzero più salato, anche se alcune varietà importate, come il roquefort o la feta, hanno dei tassi più alti.
Il sale agisce come agente conservatore e impedisce al formaggio di degradarsi durante il processo di maturazione, spiega Philippe Bardet. Dopo essere state pressate durante 20 ore, le forme di gruyère vengono messe in un bagno salato al 20%. Dopodiché sono messe in cantina. Durante la maturazione sono lavate regolarmente con acqua salata, affinché la crosta rimanga sana. La procedura è dettagliata nelle 22 pagine del regolamento DOP.
Altri formaggi svizzeri famosi, come l’emmentaler, l’appenzeller o lo sbrinz, devono pure sottostare a regolamentazioni simili. Malgrado questi obblighi, Claudine Allemann è convinta che sia possibile ridurre la quantità di sale presente nel gruyère, almeno nelle varietà con una salinità più elevata della media. La ricercatrice ammette comunque che i consumatori vogliono avere la scelta tra un’ampia varietà di formaggi.
Il potenziale considerevole di riduzione del sale emerso dallo studio dovrebbe essere sfruttato, aggiunge Claudine Allemann. «Ciò che conta è la somma degli sforzi individuali».
La correlazione diretta tra un forte consumo di sale e una pressione elevata del sangue è stata confermata per la prima volta nel 1960 dall’americano Lewis Dahl. Il cloruro di sodio può essere la causa di malattie cardiovascolari. Più se ne consuma, più il rischio aumenta.
Nel 2002, l’Organizzazione mondiale della sanità ha tirato il campanello d’allarme in un rapporto che dettagliava l’evoluzione in Finlandia. Nel 1970, i finlandesi consumavano 14 grammi di sale al giorno. Grazie a una campagna di prevenzione, la quantità è stata ridotta di un terzo in trent’anni. Nello stesso tempo, il tasso di mortalità a causa di malattie cardiovascolari è diminuito del 75% tra le persone di età inferiore ai 65 anni. Anche in Giappone e in Belgio sono state condotte della campagne coronate da successo.
La quantità di sale consumata in Svizzera è simile alla media europea, ma negli ultimi dieci anni è diminuita solo leggermente. Gli uomini assorbono più sale delle donne. Stando alle ultime cifre, in media gli uomini consumano 10,6 grammi di sale al giorno, le donne 7,8.
Anche il sovrappeso e l’obesità sono direttamente legati a un consumo importante di cloruro di sodio. Secondo l’OMS, 5 grammi al giorno non rappresentano un pericolo per la salute.
L’Ufficio federale della sanità pubblica ha varato una strategia per il periodo 2008-2012 che si prefigge di ridurre il consumo di sale in Svizzera del 16% entro il 2012. Ovvero passare da 9 a 8 grammi circa al giorno procapite.
La strategia è integrata nel programma nazionale alimentazione e attività fisica e poggia su 5 pilastri: raccolta di dati e ricerca, informazione al pubblico, cooperazione nazionale e internazionale, adeguamento delle ricette dei prodotti, monitoraggio e valutazione.
Al pari di altri paesi europei, la Svizzera ha respinto la proposta di creare un marchio specifico che avrebbe permesso di determinare la quantità di sale presente in ogni alimento, come è stato fatto in Gran Bretagna.
Traduzione e adattamento dall’inglese: Daniele Mariani

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