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Svizzera inospitale?

Luci e ombre della zona di transito all'aeroporto di Zurigo-Kloten Keystone

Deportata: a questa categoria appartiene Jacquie Soohen, attivista per la pace canadese espulsa da Israele. In transito da Kloten, le autorità svizzere l'hanno costretta a proseguire per New York.

La vicenda di Jacquie Soohen inizia in Israele, dove il 2 maggio, insieme a un gruppo di militanti per la pace americani, partecipa all’occupazione della Basilica della Natività. Lì sono rifugiati un gruppo di palestinesi, considerati terroristi dallo Stato ebraico, che i pacifisti vogliono proteggere con la loro presenza.

Conclusa l’occupazione, la militante è arrestata dalle autorità israeliane. In seguito all’intervento dell’ambasciata canadese, viene finalmente messa su un aereo alla volta di New York, dove risiede, con scalo a Zurigo-Kloten.

Violenza psicologica

Giunta in Svizzera mercoledì scorso, Jacquie Soohen vuole recarsi da un’amica a Berna, per poi proseguire verso l’Italia. Le autorità le impediscono però di lasciare l’aeroporto. “Hanno minacciato di arrestarmi – ci racconta al telefono da New York – e di rispedirmi in prigione in Israele. Mi trovavo in una situazione di grande vulnerabilità, spossata da uno sciopero della fame e dalle drammatiche condizioni dell’occupazione della chiesa in Israele. Gli agenti ne hanno approfittato. Non hanno usato contro di me violenza fisica, ma certamente psicologica.”

Gli agenti in questione appartengono alla ditta privata CGS, che a Zurigo si occupa di “accompagnare” le persone deportate. “I documenti di queste persone, precisa Karl Steiner, portavoce della polizia del Cantone di Zurigo, sono normalmente depositati nella cabina del comandante dell’aereo. Noi riceviamo inoltre dalla polizia dello Stato di provenienza – in questo caso Israele – la richiesta di far proseguire il passeggero verso la destinazione finale.”

1800 persone respinte alla frontiera

Accanto a quella dei deportati, che sfugge addirittura a qualsiasi statistica, un’altra categoria inquietante riguarda le cosiddette “inadmissible persons”. Si tratta di circa 1800 persone ogni anno, secondo Steiner, alle quali l’accesso al territorio svizzero è rifiutato. Le ragioni sono la mancanza di documenti validi, un visto falso o ottenuto in modo fraudolento, l’assenza di mezzi finanziari sufficienti per la permanenza in Svizzera. Una categoria da non confondere con quella degli espulsi: 8500 persone rinviate nel loro paese nel 2001, tra cui figurano numerosi richiedenti l’asilo la cui domanda è stata respinta.

Per quanto riguarda le “inadmissible persons”, la legislazione svizzera comporta una lacuna importante. “Una lacuna denunciata dalla Commissione per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa”, rileva Afra Weidmann, dell’organizzazione per il rispetto dei diritti umani “augenauf”. La revisione della legge sugli stranieri, il cui messaggio è stato presentato dal governo poche settimane fa, dovrebbe provvedere a correggere questa situazione. La discussione è in programma prossimamente in parlamento.

Per la rappresentante di “augenauf”, la privatizzazione strisciante dei servizi un tempo prestati dalla polizia è inoltre molto inquietante. “È sempre più difficile capire chi fa che cosa e quali sono i mezzi legali per difendersi da eventuali abusi.”

Dagli Stati Uniti, intanto, Jacquie Soohe sta comunque valutando se rivolgersi a un avvocato per ottenere giustizia. “Durante tutto il periodo in cui sono rimasta all’aeroporto, osserva indignata, sono stata trattata come una criminale.”

Mariano Masserini

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