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Swiss: ne valeva la pena?

La rotta di Swiss sarà probabilmente tracciata in futuro dalla Lufthansa Keystone Archive

Nata nel 2002 grazie a tre miliardi di franchi concessi dai poteri pubblici, la compagnia aerea nazionale sta per passare nelle mani della Lufthansa.

La fine del sogno di Swiss rilancia le polemiche sull’intervento della Confederazione, la più grande operazione di salvataggio economico della storia svizzera.

Il 2 ottobre del 2001, gli aerei della Swissair erano rimasti bloccati a terra. La compagnia aerea non aveva più nemmeno i soldi per pagare il carburante dei suoi velivoli.

Il grounding della Swissair faceva crollare uno dei simboli del successo economico e tecnologico di tutto un paese e rischiava di avere conseguenze drammatiche per l’economia nazionale e l’immagine all’estero della Svizzera.

Così, nei mesi seguenti, esponenti politici ed economici hanno dato vita ad un piano di salvataggio per l’aviazione civile, che ha portato nel marzo 2002 alla nascita di Swiss.

Tre anni dopo, la nuova compagnia nazionale non è riuscita a volare con le proprie ali e sta per essere assorbita dalla tedesca Lufthansa. Valeva la pena di investire tre miliardi di franchi di denaro pubblico per giungere a questo risultato?

Sforzi inutili

L’insuccesso di Swiss sembra dar ragione all’Unione democratica di centro (UDC), l’unico dei 4 partiti di governo che si era battuto contro il piano di salvataggio.

«Swiss sta ormai per finire nelle mani di una compagnia straniera. Avremmo potuto arrivare a questa soluzione già quattro anni fa, senza investire inutilmente 3 miliardi di franchi dei contribuenti in un’azienda privata», afferma Roman S. Jäggi, portavoce dell’UDC.

«Gli sforzi compiuti non sono serviti a niente: in questi anni, Swiss è stata costretta a sopprimere la maggior parte dei posti di lavoro che si volevano conservare con il denaro pubblico. E, per finire, la Svizzera perderà anche la sua compagnia nazionale».

Responsabilità da chiarire

Per l’UDC rimangono ancora da chiarire le ragioni che hanno spinto gli altri partiti di governo – e in particolare il Partito liberale radicale (PLR) – ad intervenire per mantenere una compagnia nazionale.

«Vi erano sicuramente vari motivi, ma si è cercato anche di coprire gli sbagli commessi negli anni precedenti dai manager di Swissair, molti dei quali appartenevano al PLR», sostiene Jäggi.

«Gli altri partiti si sono opposti alla nostra richiesta di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta per far luce sul passaggio da Swissair a Swiss. Possiamo aspettare ancora alcuni anni, ma un giorno bisognerà confrontarsi a questa vicenda e chiarire tutte le responsabilità».

Legame indispensabile con il mondo

Un attacco categoricamente respinto dal portavoce del PLR Christian Weber: «Sono accuse assolutamente ingiustificate. Senza tener conto che le persone chiamate in causa non occupano più nessuna funzione presso il nostro partito».

«Chi afferma queste cose, non capisce la realtà economica e la situazione in cui si era trovata l’aviazione civile. Erano in gioco decine di migliaia posti di lavoro che rischiavano di venir soppressi da un giorno all’altro e che solo con l’intervento dei poteri pubblici si potevano ancora salvare».

Per Weber il mantenimento di una compagnia nazionale è stata invece un «successo», poiché ha permesso di salvaguardare un legame tra la Svizzera e il mondo, indispensabile per lo sviluppo turistico, economico e sociale del paese.

Situazione catastrofica

Un’opinione condivisa da Béatrice Wertli, portavoce del Partito popolare democratico: «Quattro anni fa era di fondamentale importanza dare una certa sicurezza alla popolazione. La Confederazione era chiamata a dimostrare che stava facendo tutto quanto possibile per salvare l’economia e i posti di lavoro».

«Nella situazione catastrofica dell’autunno 2001 era sicuramente preferibile un intervento dello Stato», sottolinea anche Jean-Philippe Jeannerat, portavoce del Partito socialista.

«Il fallimento della Swissair avrebbe trascinato con sé tutte le altre aziende controllate da SAirGroup. Sarebbe stato un caos totale e sarebbero stati necessari numerosi anni per risollevare la situazione economica».

«Si trattava inoltre di salvaguardare l’immagine della Svizzera: al momento del grounding, i clienti di Swissair si erano ritrovati in mano biglietti, non ancora utilizzati, per un valore di 1 miliardo di franchi», aggiunge Jeannerat.

Intervento insufficiente

Per i sindacati, che negli ultimi anni hanno dovuto lottare contro l’emorragia del personale presso Swiss, l’intervento dei poteri pubblici non è stato soltanto indispensabile 4 anni fa: è stato soprattutto insufficiente da allora.

«Per garantire un futuro indipendente di Swiss, negli ultimi anni sarebbe stato necessario un messaggio forte di sostegno alla compagnia da parte della Confederazione», afferma Urs Eich, presidente del sindacato del personale di cabina Kapers.

«Sia il governo che il parlamento non sono invece più intervenuti per sostenere Swiss. Hanno semplicemente lasciato cadere la compagnia, come se si vergognassero di aver già concesso dei soldi».

Un atteggiamento insostenibile per Eich: «Se si prende una decisione, bisogna avere il coraggio di andare fino in fondo. Non si buttano via miliardi di franchi in questo modo».

swissinfo, Armando Mombelli

Nata ufficialmente il 31 marzo 2002, Swiss disponeva inizialmente di 133 velivoli e di oltre 10’000 posti di lavoro.
Nel 2002 ha registrato una perdita netta di 980 milioni di franchi, nel 2003 di 687 milioni e nel 2004 di 140 milioni.
In seguito a diversi tagli, la flotta si è ridotta a 82 velivoli e gli effettivi a 7’000 impieghi.

Una serie di acquisizioni azzardate e di sbagli manageriali hanno portato nell’ottobre del 2001 al grounding della Swissair e al crollo di SAirGroup.

Esponenti politici ed economici hanno dato vita nei mesi seguenti ad un piano di salvataggio per mantenere una compagnia aerea nazionale.

Per la nascita di Swiss, la Confederazione ha concesso un contributo finanziario pari ad oltre 2 miliardi di franchi.

Altri 2 miliardi sono stati stanziati da Cantoni, Comuni e dal settore privato.

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