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Tecnologia genetica tra opportunità e rischi

Molti scienziati temono che una moratoria abbia effetti negativi sulla ricerca Keystone

Che vantaggi possono offrire gli organismi geneticamente modificati (OGM) all'agricoltura svizzera? E quali rischi comportano?

Si tratta di questioni complesse, a cui è difficile dare una risposta univoca. Anche tra gli scienziati i punti di vista talvolta divergono.

Il 27 novembre prossimo i cittadini svizzeri sono chiamati alle urne per esprimersi su un’iniziativa popolare che chiede una moratoria di cinque anni sull’uso di OGM nell’agricoltura.

La proposta solleva molte questioni, sia di natura etica e sociale, sia di natura economica. Il nocciolo della questione rimane tuttavia scientifico. La discussione sugli OGM non può prescindere da un’analisi dei possibili vantaggi per l’agricoltura – in termini per esempio di maggiore produttività o di miglior resistenza ad alcune malattie – e dei rischi per l’uomo e l’ambiente.

Il problema è che neppure fra gli scienziati vi è unità di vedute. E gli studi sull’argomento giungono spesso a risultati discordanti. È il caso di due recenti analisi sulla possibilità di una coesistenza di colture transgeniche e tradizionali. Il primo studio, commissionato dal WWF, dice che la coesistenza è quasi impossibile. L’altro, realizzato su incarico del governo federale, afferma il contrario.

Ci siamo perciò intrattenuti con alcuni scienziati, attivi in Svizzera e impegnati nella campagna di voto sui due fronti opposti, per tentare di mettere in luce alcuni aspetti del dibattito.

Una tecnologia antica

Fra i ricercatori contrari all’iniziativa, si coglie talvolta quasi un tono di sorpresa di fronte ai timori nei confronti della tecnologia genetica.

«In fondo si tratta solo di una nuova tappa in un lungo processo di selezione delle specie impiegate nell’agricoltura», osserva per esempio Pierre Spierer, decano della Facoltà di scienze dell’Università di Ginevra. «Nella transgenesi si utilizzano geni naturali, che già oggi finiscono nel nostro piatto, solo ricombinati in modo nuovo».

Certo, ammette Spierer, gli scienziati non sanno tutto. Alcuni dubbi sugli effetti della tecnologia genetica possono sussistere. «Però mi pare che dovremmo prendere esempio da un’attitudine diffusa negli USA. Lì quando si individuano dei problemi li si studia. In Europa ci si basa invece in modo eccessivo sul principio di precauzione».

Naturalmente la precauzione sarebbe d’obbligo di fronte all’insorgere di grossi problemi. «Io non vedo però alcuna epidemia causata dagli OGM. Eppure in alcuni paesi gli alimenti transgenici vengono consumati da oltre dieci anni».

OGM biologici?

«La tecnologia genetica potrebbe offrire molti vantaggi all’agricoltura svizzera», afferma da parte sua Wilhelm Gruissem, professore all’Istituto di scienza delle piante del Politecnico federale di Zurigo. «Per esempio potrebbe contribuire a ridurre la quantità di pesticidi utilizzati o offrire una soluzione al problema dell’eccesso di fertilizzanti nel terreno».

«L’attuale contrapposizione tra agricoltura biologica e OGM è sbagliata», osserva. A suo avviso la tecnologia genetica, se usata nel contesto di un’agricoltura rispettosa dell’ambiente, che miri a limitare al massimo l’uso di prodotti chimici, potrebbe anzi contribuire allo sviluppo del settore biologico.

«Sono convinto che i consumatori capirebbero. Però bisogna poter spiegare quali sono i vantaggi degli OGM. Per questo sono per il dialogo tra scienza e popolazione e non per i divieti».

Conseguenze a lungo termine

«I rischi della tecnologia genetica non sono facili né da prevedere, né da provare», ammette dal canto suo Daniel Ammann, del Gruppo di lavoro svizzero sulla tecnologia genetica. «Vi sono però alcuni problemi che sono ben noti e che non possono essere negati».

Ammann cita per esempio le conseguenze di un uso eccessivo di pesticidi nelle colture di piante transgeniche resistenti ai diserbanti. «Ora anche molte erbacce hanno sviluppato delle resistenze agli erbicidi».

Queste sono naturalmente solo conseguenze indirette delle colture transgeniche. Tuttavia esistono anche ipotesi piuttosto solide sugli effetti diretti degli OGM. «Ci sono studi che dimostrano per esempio l’effetto nocivo del mais BT (che contiene un gene del Bacillus thuringensis, NdR) sugli insetti utili all’agricoltura».

Quanto alle conseguenze degli OGM per la salute, Ammann fa notare che il numero di studi sull’argomento è estremamente limitato. «Eppure alcuni di questi studi, condotti su roditori, indicano che esistono dei seri problemi, che meriterebbero di essere analizzati più approfonditamente».

«Il fatto è che gli effetti degli OGM si vedranno solo sul lungo periodo. È per questo che allo stato attuale delle conoscenze noi siamo molto critici sull’uso di OGM nell’alimentazione», conclude Ammann.

swissinfo, Andrea Tognina

Coesistenza tra colture transgeniche e tradizionali?

Un studio commissionato dal WWF all’Istituto di ricerca per l’agricoltura biologica (FIBL), è giunto alla conclusione che una coesistenza è possibile solo se vengono rispettate distanze di sicurezza tra colture tradizionali e transgeniche, distanze che vanno dai 4 km per la colza, ai 1000 metri per mais e girasoli, ai 100 metri per il frumento e ai 10 metri per le patate.

Ciò che equivale a dire – in un paese dalle superfici agricole di dimensioni ridotte come la Svizzera – che per molte piante la coesistenza non è possibile.

Un altro studio, realizzato dall’Istituto federale di ricerca Agroscope per conto del governo, arriva però a risultati diversi. Secondo Agroscope, analisi compiute all’estero dimostrano che una distanza di 25-50 metri è sufficiente ad evitare o perlomeno a mantenere sotto una soglia critica gli incroci tra piante transgeniche e piante tradizionali.

Non si tratta però solo di una diversa valutazione della capacità di diffusione dei pollini. Per Agroscope, un prodotto può essere ritenuto privo di OGM se la soglia di contaminazione non supera l’1%. Il FIBL abbassa questa soglia allo 0,1%.

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