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Tredicesima conferenza sull’Aids a Durban fino a venerdì per “rompere il silenzio”

La lotta contro l'Aids comincia dalla prevenzione con l'uso del preservativo Keystone

Oltre 12 mila rappresentanti di governi, industrie farmaceutiche, università e centri di ricerca, ong e malati si incontrano in Sudafrica. Tema del convegno "Rompere il silenzio". La Svizzera organizza un simposio sulla prevenzione.

Sono passati due anni dall’ultima conferenza internazionale sull’Aids, organizzata al Palaexpo di Ginevra. Da allora il virus dell’Hiv ha contagiato quattro milioni di persone, portando a 34,3 milioni il totale dei sieropositivi nel mondo. Ha ucciso in Africa 2 milioni di esseri umani, molto più delle 200 mila vittime delle numerose guerre che hanno insanguinato il continente nero. E ha provocato centinaia di migliaia di orfani.

La 13esima conferenza medica, inaugurata da Peter Piot, direttore di Unaids (l’alleanza anti Aids di sette agenzie dell’Onu, tra cui Oms, Unicef e Banca Mondiale) e dal presidente sudafricano, Thabo Mbeki, dovrà prendere atto che il clima è profondamente cambiato da Ginevra.

Il flagello dell’Aids sta provocando una vera e propria catastrofe nell’Africa subsahariana. Per la prima volta le conseguenze economiche dell’epidemia sono visibili. Il settore pubblico e anche quello dell’industria privata è gravemente compromesso. Il sistema sanitario e quello scolastico di molti paesi africani rischiano di crollare sotto il peso della malattia.

Le speranze che la scienza medica possa trovare in breve tempo un vaccino sono flebili. Nel 98 si disse che forse ci volevano dieci anni. Nel frattempo l’unica arma possibile rimane la prevenzione e la lotta contro i tabù, che sono i responsabili principali della trasmissione eterosessuale del virus nella popolazione africana, compreso il Sudafrica dove ci sono oltre 4 milioni di sieropositivi e 1700 nuovi contagi ogni giorno.

Con l’obiettivo di “Rompere il silenzio”, lo slogan ufficiale del meeting di Durban, nei cinque giorni di lavori sono affrontati alcuni temi di attualità, come il costo del cocktail di medicine anti-Hiv, una cura che ha ridotto drasticamente il numero di morti per Aids nei paesi occidentali.

Per gli africani, questi farmaci sono un lusso inaccessibile, malgrado la proposta, lanciata qualche mese fa da cinque colossi farmaceutici mondiali, di abbassare dell’80 percento il costo dei trattamenti antiretrovirali. A Durban le industrie e il settore privato si esibiscono su uno spazio di 2.500 metri quadri.

La Svizzera è presente con una delegazione guidata da Jean-Jacques Thorens, vice direttore dell’Ufficio federale della sanità pubblica e da Flavia Schlegel, responsabile del settore Aids. Alcuni esperti e ricercatori svizzeri terranno un simposio nei giorni di sabato e domenica, in collaborazione con l’Onu, gli Stati Uniti e il Canada, dedicato al vasto tema della prevenzione.

Va detto, a questo proposito, che in Africa (dove la trasmissione del virus è quasi esclusivamente eterosessuale) ci sono dei casi fortunati, in cui le campagne di sensibilizzazione hanno avuto risultati spettacolari. Per esempio in Uganda, dove il tasso di prevalenza dell’Aids (numero di sieropositivi e malati in rapporto alla popolazione adulta) si è dimezzato negli ultimi dieci anni, e in Senegal, dove la propagazione del virus si è arrestata. La chiave del successo in questi paesi è il coinvolgimento, nelle iniziative e campagne di prevenzione, non solo dei governi e delle associazioni locali, ma anche dei capi religiosi, degli “stregoni” delle tribù e dei guaritori tradizionali.

La Svizzera presenterà inoltre, nell’ambito dei panel medico scientifici, un bilancio complessivo delle esperienze dei trattamenti anti Hiv a livello nazionale, esaminando in particolare gli effetti collaterali a breve e a lungo termine sui pazienti colpiti da Aids.

Maria Grazia Coggiola

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