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Un divieto totale dell’aborto

Per la maggior parte della classe politica, la via proposta dall'iniziativa lede la dignità della donna swissinfo.ch

L'iniziativa "per madre e bambino" permette l'aborto solo se la donna è in pericolo di morte e per cause unicamente fisiche. Un'intransigenza respinta da molti.

Il parlamento ha raramente spazzato via un’iniziativa popolare in modo così netto: 156 voti negativi contro 8 alla camera bassa; unanimità contro alla camera alta.

L’iniziativa è stata depositata alla fine del 1999 corredata di 105.000 firme valide. Il comitato organizzatore è composto di persone che fanno capo all’associazione “Aiuto svizzero per madre e bambino”. Questa si è illustrata con campagne pubblicitarie provocatorie, che molti hanno giudicato di cattivo gusto.

Un’unica eccezione

Il testo dell’iniziativa precisa che l’aborto è un reato da punire. Unica eccezione ammessa: quando il proseguimento della gravidanza comporta per la madre un pericolo di morte acuto, non altrimenti evitabile e dovuto a cause fisiche.

Qualsiasi forma di pressione, finalizzata alla soppressione di un bambino non ancora nato, è inammissibile. Se la gravidanza è la conseguenza di atti di violenza, si legge ancora nel testo dell’iniziativa, la madre può dare il suo futuro bambino in adozione.

“Un legame tra aborto e terrorismo”

Tra gli otto deputati favorevoli all’iniziativa figura il bernese dell’Unione democratica federale di estrema destra Christian Waber. Per lui, esiste un legame tra aborto e terrorismo: “Non ci si meravigli se in una società come la nostra che tollera l’aborto -ha detto – qualcuno si prenda poi la libertà di uccidere altre persone.”

Per Waber, l’iniziativa ridurrà il numero degli aborti e i costi delle assicurazioni malattia; rispetta la tradizione umanitaria della Svizzera; mantiene il potenziale umano che andrebbe altrimenti perso; risolve il problema etico del personale sanitario confrontato con il dilemma della soppressione di un essere umano e costituisce la base di una politica familiare credibile.

Da segnalare che la Conferenza dei vescovi svizzeri ha lasciato la libertà di voto. I vescovi sono d’accordo con lo scopo dell’iniziativa di ridurre il numero degli aborti, ma prima di introdurre una legislazione restrittiva dovrebbero essere realizzate misure sociali di sostegno alle donne e alle famiglie.

“Torneremmo indietro di 100 anni”

Per la relatrice della commissione, l’ecologista vodese Anne-Catherine Ménétrey, l’iniziativa potrebbe farci tornare indietro di 100 anni, in un’epoca di aborti clandestini e del “turismo” ginecologico.

Per la liberale radicale di Appenzello Dorle Vallender, l’iniziativa farebbe della donna un essere sotto tutela. Di un gran cinismo, inoltre, la possibilità prevista dall’iniziativa per la futura madre di affidare in adozione il bambino una volta nato: con questa disposizione la donna è degradata a semplice oggetto del nostro ordinamento giuridico.

“Non siamo in Afghanistan e non dobbiamo fare paragoni avventati, ha dal canto suo detto il liberale di Ginevra Jacques-Simon Eggly, ma dobbiamo chiederci se qui non ci troviamo di fronte ai taleban della nostra democrazia.”

Per il Consiglio federale, l’iniziativa si basa su una interpretazione troppo stretta della nozione di salute e costituisce un passo indietro rispetto alla legislazione vigente. Inoltre, non tiene conto dell’evoluzione della nostra società negli ultimi decenni, in particolare per quanto riguarda la donna. Il governo ritiene inoltre intollerabile che la donna vittima di una violenza sia costretta a portare a termine la gravidanza. Infine, l’iniziativa è formulata in modo impreciso e porterebbe a problemi di interpretazione simili a quelli che si pongono con il diritto attuale. Per queste ragioni invita a respingere l’iniziativa.

Mariano Masserini

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