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Un felino sempre più raro e senza soldi

In Svizzera vivono tra le 100 e le 130 linci Keystone

Il numero di linci nella Svizzera orientale è in calo. In futuro, mancheranno pure i soldi per sorvegliare da vicino l'evoluzione degli effettivi.

Mentre l’Ufficio federale dell’ambiente tenta di convincere i cantoni interessati a darsi da fare, la lince continua a dividere cacciatori e ambientalisti.

«Solo così la lince potrà sopravvivere», aveva annunciato nel 2001 la sezione elvetica del WWF nel suo commento sulla reintroduzione della lince nella Svizzera orientale.

A 5 anni di distanza dal lancio del programma LUNO («Luchs Umsiedlung Nord-Ostschweiz»), i dati rilevati sul terreno rivelano però una realtà ben diversa: dei nove individui rilasciati nei cantoni di Appenzello interno, Appenzello esterno, San Gallo, Turgovia e Zurigo tra il 2001 e il 2003, ne rimangono, per certo, soltanto quattro. E con un effettivo così ridotto, le possibilità di sopravvivenza sono limitate.

«Il progetto di reintroduzione poggia ora su basi vacillanti», osserva amareggiato Christoph Jäggi, responsabile della «Strategia Lince Svizzera» presso l’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam).

La colpa ai bracconieri

Le ragioni della riduzione della popolazione nella Svizzera orientale, finora non ancora chiarite, hanno dato addito a varie speculazioni.

Gli esperti in genetica animale indicano che è stata la consanguineità (comunanza di patrimonio ereditario fra due soggetti) ad essere fatale ai felini.

Per l’organizzazione ambientalista Pro Natura vi è invece un’altra spiegazione: il bracconaggio.

Nella nostra regione – si legge in un comunicato della sezione San Gallo/Appenzello di Pro Natura – vi sono abbastanza prede (caprioli e camosci) quale nutrimento. Gli esemplari femmina di lince hanno inoltre partorito e cresciuto piuttosto in fretta dei piccoli, ciò che prova l’adeguatezza dell’habitat.

«Non diamo la colpa direttamente ai cacciatori, ma gli indizi ci fanno credere che ci sia di mezzo la mano dell’uomo», indica a swissinfo il responsabile della sezione sangallese di Pro Natura.

«Un terzo dei cadaveri di lince trovati in Svizzera e analizzati da KORA (il programma che coordina i progetti di ricerca per la conservazione e la gestione dei carnivori in Svizzera, ndr) presenta i segni delle pallottole», afferma Christian Meienberger.

Stime approssimative

I cacciatori respingono le accuse, parlando apertamente di «calunnia». Secondo loro, le ragioni della sparizione possono essere molteplici.

«Il conteggio degli individui rappresenta solo una stima, i cui risultati dipendono dal metodo utilizzato», ci dice il presidente della società dei cacciatori del canton San Gallo, Hanspeter Egli.

«Magari gli animali mancanti si sono semplicemente trasferiti in un’altra regione», aggiunge, ricordando che i cacciatori sono i primi a condannare ogni caso di bracconaggio.

A disturbare maggiormente Hanspeter Egli non è però tanto l’eterno conflitto tra cacciatori e ambientalisti, quanto l’aspetto economico che sta dietro alla reintroduzione di specie estinte.

«Bisogna agire con prudenza prima di lanciare questi progetti, dal momento che sono i soldi dei contribuenti ad essere in gioco», osserva.

Convincere i cantoni

In un periodo di ristrettezze finanziarie, il commento del presidente dei cacciatori sangallesi è più che mai di attualità.

Dopo i tagli budgetari votati dal parlamento nel dicembre 2005, l’Ufam non dispone in effetti più dei fondi per condurre un programma di monitoraggio intensivo delle linci della Svizzera orientale, una volta terminato il progetto LUNO (fine 2006).

«Il proseguimento del progetto sarà possibile soltanto con l’intervento dei cantoni interessati, con i quali sono in corso delle discussioni », indica Jäggi.

Una speranza che appare tuttavia vana: difficile che nel contesto generale di freno alle spese, i cantoni concordino nel far ricorso alle casse statali per seguire le evoluzioni della lince.

Osservate da lontano

Dopo essere stata introdotta in un nuovo territorio, la lince sarà quindi abbandonata al suo destino?

«Non forzatamente. Potremmo seguire l’evoluzione della popolazione con controlli meno specifici, ma altrettanto utili, nel quadro del programma di sorveglianza nazionale di base», risponde Christoph Jäggi.

La diagnosi dello stato di salute delle linci sarà dunque, probabilmente, affidata alle semplici osservazioni di chi si avventura nella foresta. Ovvero cacciatori e naturalisti, i quali, per una volta, si troveranno riuniti nello stesso campo.

swissinfo, Luigi Jorio

Attualmente si contano 100-130 linci in Svizzera.
Vivono in due popolazioni separate dall’Altipiano: una nelle Alpi nord-occidentali su una superficie di ca. 10’000 km2 e l’altra nel Giura su una superficie di ca. 5’000 km2.
Tra il 2001 e il 2003, nove linci sono state introdotte nella Svizzera orientale.
Oggi ne sopravvivono solamente quattro.

In Svizzera, la lince è scomparsa dall’Altipiano già nel XVII secolo: solo nel Giura e nelle Alpi riuscì a sopravvivere fino all’inizio del XX secolo.

La Legge federale sulla caccia protegge la lince dal 1962; dagli anni ’70 sono invece stati reintrodotti, nelle Alpi occidentali e nel Giura, animali in provenienza dai Carpazi slovacchi.

La «Strategia Lince Svizzera» dell’Ufficio federale dell’ambiente si prefigge di reintrodurre regionalmente degli individui e di riunire tutte le popolazioni isolate che vivono lungo la catena alpina.

Progetti simili riguardano pure il castoro e la pernice grigia.

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