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Vicenda a lieto fine per un richiedente l’asilo birmano

Gli oppositori al regime birmano sono sistematicamente perseguitati; nella foto un militare che sorveglia la residenza della leader dell'opposizione Aung San Suu Ky Keystone

Stanley Van Tha, un richiedente l'asilo birmano espulso dalla Svizzera nel 2004 e poi condannato in patria a 19 anni di carcere, ha potuto far rientro nella Confederazione.

Le autorità svizzere, fortemente criticate per aver espulso Van Tha, sono intervenute a più riprese per ottenere il suo rilascio.

Stanley Van Tha è giunto sabato all’aeroporto di Zurigo-Kloten, dove ha potuto riabbracciare la moglie e il figlio, che erano rimasti in Svizzera.

Le autorità elvetiche si rallegrano per il suo rilascio, ha indicato l’Ufficio federale della migrazione (UFM), che insieme al Dipartimento degli affari esteri (DFAE) si era prodigato con le autorità birmane per la liberazione dell’uomo.

Il portavoce del DFAE Jean-Philippe Jeannerat ha precisato che i rappresentanti svizzeri sono intervenuti a più riprese dal 2004 “ai più alti livelli”. L’ultimo tentativo risale allo scorso autunno e Van Tha è stato finalmente rilasciato il 15 novembre. In un primo tempo le autorità elvetiche non hanno divulgato la notizia nell’interesse dell’uomo, ha aggiunto Jeannerat.

Pressioni internazionali

È probabile che la liberazione di Van Tha sia stata influenzata anche dalle pressioni della comunità internazionale esercitate sulle autorità birmane dopo la sanguinosa repressione di settembre. Diversi prigionieri sono infatti stati rilasciati da allora.

Il portavoce dell’UFM, Jonas Montani, ha precisato che Van Tha prossimamente sarà ascoltato proprio dall’Ufficio delle migrazioni ma è già certo che potrà rimanere in Svizzera. La moglie e il figlio avevano già ricevuto l’autorizzazione a rimanere nella Confederazione poiché erano giunti in un altro momento, ha spiegato Montani.

Espulso nel 2004

La richiesta di asilo di Van Tha era stata definitivamente respinta nel 2003. Nell’aprile dell’anno dopo l’uomo era stato rimpatriato. Tre poliziotti svizzeri lo avevano scortato fino all’aereoporto di Yangon e consegnato a rappresentanti del regime birmano, ha raccontato Irene Marty, esperta in questioni riguardanti il Myanmar, che ha seguito il caso fin dagli inizi e che ha realizzato un documentario sulla vicenda.

In patria l’uomo era stato condannato ad una pena di 19 anni per attività politiche illegali e per la fuga in Svizzera con un passaporto falso.

Il caso di Van Tha era stato denunciato da diverse organizzazioni di difesa dei rifugiati, fra cui Amnesty International. Dopo la condanna del richiedente respinto l’Ufficio federale dei rifugiati aveva deciso di sospendere i rimpatri verso il Myanmar.

swissinfo e agenzie

Stanley Van Tha è giunto legalmente in Svizzera nel 2003, dove ha depositato una domanda d’asilo.

Van Tha ha spiegato alle autorità svizzere che la sua attività politica in Myanmar l’ha condotto a sostenere degli attivisti della minorità etnica chin e ha raccogliere fondi per la leader dell’opposizione Aung Saan Suu Kyi.

La sua domanda d’asilo è stata respinta dalle autorità federali, secondo le quali se Van Tha fosse stato veramente perseguitato nel suo paese non avrebbe potuto ottenere un passaporto. Secondo Van Tha, il passaporto in suo possesso era invece un falso.

L’uomo è poi stato espulso il 14 aprile 2004. Secondo diverse organizzazioni per la protezione dei diritti dell’uomo, una volta arrivato a Yangon Van Tha è stato subito portato in prigione dove ha subito delle torture.

A fine agosto 2004, è stato condannato a 19 anni di prigione, di cui cinque per aver falsificato il suo passaporto.

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