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C’è ancora un futuro per il ciclismo?

Il problema del doping sta rovinando il ciclismo. Keystone

Falcidiato dai continui casi di doping, abbandonato in segno di protesta da alcuni media, l'avvenire di questo popolarissimo sport è un punto interrogativo.

swissinfo ne ha discusso con Antonio Ferretti, ex ciclista professionista e commentatore presso la Televisione svizzera di lingua italiana.

Vinokourov, Rasmussen, Moreni… tanto per citare i nomi più recenti e altisonanti tra i tanti ciclisti associati al sospetto o alla certezza del doping. Una situazione ormai insostenibile che si protrae da troppo tempo.

Per questo motivo, alcune emittenti televisive – le germaniche ARD e ZDF – hanno deciso di interrompere la copertura sportiva del Giro di Francia. Dal canto loro, i giornali svizzeri TagesAnzeiger e Le Nouvelliste pubblicheranno unicamente i risultati, ma senza commento, dando invece ampio spazio al problema del doping.

Come si è potuti giungere a questo punto? Com’è possibile continuare a raccontare questo magnifico sport senza cadere nell’ipocrisia? Quali gli antidoti alla malattia di cui è vittima? Abbiamo posto queste domande ad Antonio Ferretti, ex ciclista professionista e ora giornalista alla Televisione della svizzera italiana.

swissinfo: Da quando esiste il doping nel ciclismo? Com’è cambiato il rapporto tra l’atleta e i metodi per migliorare la propria prestazione?

Antonio Ferretti: Un fatto per me emblematico è stata la vittoria di Bjarne Riis al Giro di Francia del 1996. Il danese – un mediocre gregario – era infatti riuscito a battere gli avversari con distacchi assolutamente inverosimili. A quel punto capii che la situazione era davvero cambiata.

Mi spiego: nel ciclismo sono sempre esistiti degli “aiuti”, in particolare le anfetamine che stimolano il sistema nervoso e hanno un effetto eccitante, alleviando la fatica. Tuttavia, pur migliorando leggermente la propria prestazione, con questo tipo di supporto il corridore resta comunque entro i propri limiti. In altre parole, un asino non diventa un purosangue.

Il vero cambiamento – di cui Riis è l’emblema – si è avuto con l’intervento di medici, quale il noto dottor Michele Ferrari, che hanno cominciato a lavorare sul sangue del ciclista, modificandone il sistema ormonale con prodotti quali l’ormone eritropoietina (EPO) e anabolizzanti vari. Così facendo è stato possibile trasformare radicalmente l’atleta.

swissinfo: Con questa consapevolezza, com’è possibile per chi, come lei, ama questo sport continuare a raccontare e commentare il ciclismo?

A. F.: Personalmente sono sempre combattuto. L’esigenza di trasmettere le emozioni della gara – una fuga in salita, un arrivo in volata – senza insinuare nello spettatore il sospetto di irregolarità si scontra con la disillusione di chi sa che l’utilizzo di sostanze dopanti è spesso una certezza.

Di conseguenza, preferisco rivolgermi al pubblico proponendo considerazioni non strettamente legate alla gara, parlando per esempio della storia o della tradizione gastronomica della regione in cui si svolge la competizione. Preferisco questo approccio piuttosto che lodare le gesta di corridori costruiti artificialmente.

Ovviamente, per questa mia scelta sono stato anche criticato: non a tutti, per esempio, interessa sentire parlare di Caterina de’ Medici durante un’importante gara a cronometro.

swissinfo: A quanto pare non è l’unico a essere critico, viste le recenti decisioni di emittenti televisive e giornali che hanno abbandonato il Giro di Francia…

A. F.: È una decisione che comprendo. Non è infatti facile celebrare dei vincitori che, quasi sistematicamente, qualche settimana dopo sono smascherati come imbroglioni. Il problema è ancora più presente nelle cronache televisive, dal momento che – essendo in diretta – non vi è la medesima possibilità di sfumare i commenti o inserire elementi di analisi come avviene per la carta stampata.

Fortunatamente al giorno d’oggi il problema del doping è conosciuto, mentre nel passato – in assenza di prove concrete – la maggioranza dei cronisti si limitava a descrivere l’accaduto senza menzionare i sospetti.

La scelta di non occuparsi più della cronaca sportiva costituisce dunque un segnale forte in prospettiva futura, tenuto conto dell’impatto anche commerciale che la copertura mediatica – televisiva in particolare – ha sui grandi eventi ciclistici.

swissinfo: Quale è dunque la medicina per il ciclismo? Cosa si può e si deve fare affinché questo sport ritrovi credibilità presso il pubblico e i media?

A.F.: È necessario ripartire da zero. Concretamente, ciò significa che il ciclismo deve liberarsi di quei corridori della vecchia generazione che da un decennio ricorrono al doping e non possono più farne a meno.

Ciò avviene per due motivi: in primo luogo a causa della naturale dipendenza causata da tali sostanze, secondariamente perché per questi atleti il doping è ormai l’unico mezzo per ottenere risultati importanti. Le grandi vittorie sono infatti necessarie ai ciclisti per riuscire a mantenere, di anno in anno, contratti redditizi dal punto di vista finanziario.

Infine, vanno assolutamente allontanati dal mondo della bicicletta tutti quei manager colpevoli di alimentare e stimolare questo perverso sistema che sta rovinando uno sport magnifico.

swissinfo, intervista di Andrea Clementi

Gli stimolanti (per es. anfetamina) sono impiegati poiché aumentano l’agonismo e l’aggressività e riducono il senso di fatica.

L’EPO (eritropoietina) è un ormone glicoproteico prodotto negli esseri umani dai reni e dal fegato. L’EPO migliora lo scambio d’ossigeno e incrementa quindi la resistenza durante lo sforzo fisico.

Un’altra pratica di diffusa è la manipolazione chimicha e fisiche dei campioni di urina. Si va dallo scambio dei campioni d’urina alla diluizione con altri liquidi, fino all´inserimento nella vescica tramite catetere dell’urina altrui.

I diuretici sono utilizzati per eliminare più velocemente le sostanze proibite rintracciabili ai test antidoping.

Il danese Michael Rasmussen, Maglia gialla, è stato costretto dalla sua squadra a lasciare la competizione: il corridore aveva indicato quale luogo per gli allenamenti il Messico, mentre invece si trovava in Italia. Rasmussen era stato ammonito a due riprese per non aver fornito informazioni sull’impiego del suo tempo, evitando così i test antidoping.

L’italiano Christian Moreni è dal canto suo risultato positivo a un test antidoping e si è poi ritirato.

Escluso dal Tour anche il kazaco Alexander Vinokourov. Un test effettuato dopo la sua vittoria alla 13esima tappa ha mostrato che il corridore aveva fatto ricorso ad una trasfusione di sangue

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