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Conferenza sul Kosovo, nessun progresso

Micheline Calmy-Rey a fianco di Allen Kassof, dell'ONG "Project on Ethnic Relations" Keystone

I leaders politici di Belgrado e Pristina, riuniti a Lucerna per discutere il futuro della provincia serba, non sono riusciti a trovare un accordo.

Il Kosovo reclama l’indipendenza, ma le autorità serbe non intendono fare concessioni in tal senso.

La Conferenza sul futuro della zona del Kosovo, organizzata a Lucerna, si è conclusa domenica senza dare però i risultati sperati. Le discussioni non hanno infatti permesso un avvicinamento delle posizioni tra i principali attori politici di Serbia e Kosovo. Nonostante l’esito insoddisfacente, la tavola rotonda è stata comunque giudicata utile da parte elvetica.

Il Kosovo, provincia meridionale della Serbia, è amministrato dalle Nazioni Unite (ONU) a partire dal giugno 1999. Gli albanesi, che rappresentano oltre il 90 % della popolazione, chiedono l’indipendenza ma le autorità serbe si oppongono. Quale massima concessione, Belgrado sarebbe disposta a concedere più autonomia alla provincia.

«Il bilancio delle discussioni è misero», ha commentato durante la conferenza stampa conclusiva l’organizzatore dell’incontro Allen Kassof, dell’Organizzazione non governativa (ONG) «Project on Ehtnic Relations» (PER). Egli ha spiegato che le due parti non si sono mosse dalle posizioni di partenza.

Unanime delusione

I paesi confinanti e la comunità internazionale – ha affermato Kassof – sono preoccupati per la sicurezza dell’area, qualora non si trovassero soluzioni capaci di regolare lo statuto giuridico del Kosovo.

Dal canto suo, anche il responsabile dei programmi di aiuto nell’Europa sudorientale presso il Dipartimento federale degli Affari esteri (DFAE) Peter Salvisberg ha espresso delusione. A suo parere, ci si trova in una fase calda dei negoziati, dove entrambi gli schieramenti tengono nascoste le loro carte e sono poco disposti a fare concessioni.

L’alto funzionario ha però sottolineato che le discussioni non sono state inutili, spiegando come duranti i momenti di pausa siano stati creati contatti importanti. Salvisberg ha poi aggiunto che l’appuntamento è stato apprezzato da tutti i circa partecipanti.

Svizzera favorevole al dialogo

Oltre ai rappresentati di Serbia-Montenegro e Kosovo, a Lucerna erano presenti diverse personalità provenienti da Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Svizzera, Unione europea e Stati Uniti, come pure esponenti del Consiglio d’Europa e dell’ONU.

Si tratta del quinto incontro di questo livello organizzato dal PER, il terzo in collaborazione con il DFAE. Gli altri appuntamenti si erano tenuti nel 2000 a Budapest e ad Atene, nel 2002 e nel 2004 a Lucerna.

Per il momento, non si sa ancora se vi saranno analoghi incontri su suolo elvetico, ma Berna resta interessata al dialogo, ha ribadito Salvisberg. Nel suo discorso inaugurale, la consigliera federale Micheline Calmy-Rey aveva definito l’impegno svizzero un segno di rispetto nei confronti delle 400’000 persone provenienti dalla regione residenti in Svizzera.

Una questione delicata

La consigliera federale Calmy-Rey, in occasione della sua visita a Belgrado alla metà di giugno, aveva ribadito al presidente serbo Boris Tadic che il Kosovo non può ritornare al suo precedente statuto in seno alla Serbia – Montenegro. Dal canto suo, Tadic ha essenzialmente invitato la ministra degli esteri ad occuparsi degli affari propri.

Anche l’ambasciatore svizzero all’ONU Peter Maurer aveva recentemente parlato di «evoluzione verso un’indipendenza formale del Kosovo», nell’ambito di una riunione del Consiglio di sicurezza. A suo parere «non è né auspicabile né realistico che questa provincia torni ad essere sotto la sovranità serba». Questo commento era stato oggetto di critiche da parte di alcuni politici svizzeri e da Belgrado.

I negoziati ufficiali sullo status della regione dovrebbero cominciare in autunno.

swissinfo e agenzie

Per lungo tempo, la Svizzera è stata una delle mete d’emigrazione più importanti per gli albanesi del Kosovo.

Molti di loro avevano già raggiunto il Paese come lavoratori stagionali, prima dell’inizio della guerra.

Alcuni sono giunti in Svizzera come rifugiati, altri nell’ambito del ricongiungimento familiare.

Nella primavera del 1999, la NATO ha bombardato per 78 giorni la Serbia, per obbligare il Presidente Slobodan Milosevic a ritirare le proprie truppe dal Kosovo.
Nel maggio 1999, 800’000 albanesi sono si sono rifugiati nei paesi vicini.
170’000 sono stati accettati come rifugiati in tutto il mondo.
580’000 sono stati spostati all’interno del Kosovo.
130’000 hanno potuto restare nelle località di residenza
Dall’inizio della guerra, 1,6 milioni di persone hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni.

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