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Dopo Hitchcock, gli uccelli fanno di nuovo paura

I volatili europei non sono infetti da H5N1. Per quanto tempo ancora? Keystone

Prima i polli e poi gli uccelli selvatici, e dietro di loro oltre 50 persone morte. C'è veramente da temere una pandemia mondiale legata al virus aviario H5N1?

Il rischio di un contagio influenzale su larga scala esiste, ma non è atteso per domani. Intanto però, anche la Svizzera partecipa alla sfrenata corsa a medicamenti e vaccini.

«Finora, le pandemie apparivano all’improvviso ed erano dunque imprevedibili. Oggi invece, esistono segnali premonitori di un rischio mondiale legato all’influenza aviaria: sarebbe da incoscienti non fare nulla per prendere eventuali provvedimenti», ha affermato recentemente la responsabile della sorveglianza delle malattie trasmissibili presso l’Organizzazione mondiale della salute (OMS).

Il rischio paventato da Margaret Chan si chiama H5N1, un virus riapparso in Asia nel dicembre 2003. Dopo aver contagiato i volatili di numerosi paesi (in particolare a Hong Kong, in Giappone e nel Sud-est asiatico), sembra aver trovato nell’uomo un nuovo ospite. Al momento sono oltre un centinaio i casi di trasmissione all’uomo censiti dall’OMS, di cui la metà con esito mortale.

Poco più di una cinquantina di casi letali accertati in 20 mesi dunque; la domanda sorge spontanea: è corretto associare, come spesso si sente dire, l’influenza aviaria attuale allo spettro di una pandemia che rischia di decimare la popolazione mondiale?

Il cattivo non si chiama forzatamente H5N1

Innanzitutto, come spiega a swissinfo Frédéric Eynard, biologo presso l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), bisogna distinguere il cosiddetto virus dei polli da un’eventuale pandemia d’influenza: «Il virus dei polli che infetta gli animali può, in certi casi, essere all’origine di una pandemia d’influenza umana, ma si tratta pur sempre di due cose diverse».

A preoccupare maggiormente in questo momento non è tanto la malattia nell’uomo – l’UFSP non ha modificato il suo stato d’allerta dal gennaio 2004, data in cui è stata confermata la trasmissibilità del H5N1 dall’animale all’uomo – ma piuttosto il virus nei volatili.

Nonostante le misure intraprese, il virus è infatti passato dai polli ad alcune specie di uccelli migratori e nuovi focolai continuano ad apparire: le ultime segnalazioni in Russia e Kazakistan indicano che il virus sta lentamente progredendo verso l’Europa.

Sebbene sia il candidato numero uno, è tuttavia ancora prematuro affermare che la forma attuale del H5N1 sarà la causa di una pandemia.

Il ricordo della «spagnola»

L’allarmismo manifestato dall’OMS – secondo cui la domanda da porsi non è sapere se pandemia ci sarà, ma quando accadrà – in correlazione all’attuale propagarsi del virus aviario appare, se non eccessivo, perlomeno disorientante.

Gli esperti sono dell’opinione che dovremo far fronte ad una pandemia non perché l’H5N1 sia particolarmente devastante (la trasmissione uomo a uomo non si è ancora realizzata), ma semplicemente perché virus simili sono già stati responsabili di pandemie influenzali durante il secolo scorso. Basti pensare ad esempio alla «spagnola», che tra il 1918 e il 1920 ha ucciso tra i 40 e i 50 milioni di persone.

La predizione del futuro a partire dagli avvenimenti del passato lascia però spazio ad un certo margine d’incertezza: in altre parole, l’influenza potrebbe espandersi mondialmente anche soltanto tra 5 o 10 anni.

Prepararsi al peggio

L’OMS si prepara comunque da subito allo scenario peggiore: secondo le sue stime, il virus H5N1 potrebbe contagiare tra il 20 e il 50% della popolazione e lasciare dietro di sé decine di milioni di morti. Da dove la viva raccomandazione di stabilire piani di emergenza.

Un primo passo è stato effettuato dalla ditta farmaceutica Roche, la quale si è impegnata a mettere gratuitamente a disposizione tre milioni di cure antivirali Tamiflu, che dovrebbero permettere di contenere un’eventuale trasmissione della malattia tra le persone.

Un gesto certo ammirevole, che non dissolve tuttavia le critiche relative al monopolio del fabbricante elvetico in questo settore. Non bisogna dimenticare che il Tamiflu – per ora il medicamento più efficace contro i ceppi virali d’influenza – ha generato nei primi sei mesi dell’anno un giro d’affari di 580 milioni di franchi.

Per la messa in commercio di un vaccino bisognerà invece attendere ancora qualche mese.

Scorte di medicamenti

Tra chi si sta preparando ad una pandemia d’influenza c’è anche la Svizzera, che sta costituendo la sua riserva di medicamenti antivirali. «Entro la fine del 2005, disporremo di quantità sufficienti per la profilassi del personale curante e il trattamento del 25% della popolazione», spiega Frédéric Eynard, aggiungendo che Berna è pronta ad acquistare, appena sarà disponibile, una piccola quantità di vaccino contro il virus H5N1.

La Confederazione si sta però già organizzando dal 1995, da quando cioè il Dipartimento federale dell’interno ha costituito un gruppo di esperti incaricati di definire le strategie di intervento e le diverse misure da attuare in caso di emergenza.

Altri Paesi hanno invece deciso di agire in modo più drastico. L’Olanda ha ad esempio obbligato i suoi allevatori a rinchiudere i propri volatili in gabbia, mentre l’Italia ha rafforzato i controlli di animali e alimenti importati.

La FAO (l’organo dell’ONU per l’alimentazione e l’agricoltura) ha dal canto suo lanciato un appello a tutti gli Stati industrializzati per investire maggiormente nella sorveglianza e nella prevenzione contro la possibile diffusione del virus aviario lungo le rotte degli uccelli migratori.

Non lottare su un solo fronte

La lotta al male che – come negli «Uccelli di Hitchcock» – sembra venire dal cielo, è quindi iniziata.

Attenzione però a non chiudere gli occhi su mali ben peggiori: come il virus Marburg, che dall’Angola, dove ha già ucciso 500 persone in meno di un anno, si sta minacciosamente spostando nei paesi vicini.

Oppure la malaria, che mentre la corsa al Tamiflu si intensifica, continua, silenziosamente, a stroncare oltre un milione di vite ogni anno.

swissinfo, Luigi Jorio

Tre grandi pandemie d’influenza hanno segnato il secolo scorso.
1918-1920: la «spagnola» contagia un quarto della popolazione mondiale uccidendo 40 – 50 milioni di persone, di cui 25’000 in Svizzera.
1957-1958: il virus «asiatico» fa da 1 a 2 milioni di morti.
1968-1969: l’influenza detta «di Hong Kong» uccide quasi 1 milione di persone.

L’Ufficio federale di veterinaria, che minimizza il pericolo di un’epidemia influenzale in Svizzera legata all’attuale virus dei polli H5N1, ha bloccato le importazioni di prodotti aviari dai Paesi colpiti (Russia, Kazakistan, Pakistan, Corea del Nord, Indonesia, Cina e Sud-est asiatico).

Dopo aver attaccato il pollame di varie regioni in Asia, l’H5N1 ha poi contagiato anche gli uccelli selvatici.

Secondo gli ornitologi, è però molto improbabile che gli uccelli infetti sopravvivano al lungo viaggio che dalla Siberia (il focolaio per il momento più vicino) li porta in Svizzera.

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