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Fondi ebraici: banche svizzere ancora sotto accusa

Una vittima russa dell'Olocausto riceve un assegno di risarcimento da parte delle banche svizzere Keystone

Negli USA fa discutere la procedura di ripartizione dei 1.25 miliardi di dollari previsti dall’accordo globale tra banche svizzere e controparte ebraica.

Il giudice di Brookling Edward Korman accusa UBS e Credit Suisse di ritardare la distribuzione del denaro. Gli istituti respingono ogni addebito.

Secondo Korman, nell’ultimo anno e mezzo le banche hanno avanzato “una serie di obiezioni frivole e offensive al processo di distribuzione”, tanto che a quasi sei anni dall’accordo di New York hanno potuto essere versati soltanto circa 150 milioni di dollari.

La presa di posizione del giudice è stata ripresa dal “New York Times”.

In base all’accordo, 800 milioni di dollari avrebbero dovuto essere assegnati a titolari e discendenti di conti «dimenticati» nelle banche elvetiche.

La somma rimanente doveva essere destinata alle altre vittime del regime nazista, in particolare ai lavoratori coatti che a suo tempo furono impiegati in aziende svizzere e a coloro che furono respinti alle frontiere.

Bugie “abbastanza grosse”

Le obiezioni delle banche – prosegue Korman – «fanno venire in mente la teoria che se racconti una bugia abbastanza grossa e continui a ripeterla, la gente finira per crederci».

“La grande bugia delle banche svizzere – aggiunge – è che durante il periodo nazista e in seguito non hanno fatto sostanzialmente nulla di sbagliato. Le banche insistono ad esempio nel sostenere che non hanno mai proceduto alla sistematica distruzione di documenti”.

Roger M. Witten, avvocato delle banche interpellato dal «New York Times», non ha voluto ribattere nei dettagli alle accuse di Korman.

Questioni già risolte

«Mentre dissentiamo da molte delle affermazioni del giudice- afferma citato dal quotidiano – speriamo che si possa trovare una convergenza su una pronta distribuzione dei fondi dell’accordo e su una piena riconciliazione fra tutti gli interessati».

Per Witten l’importante è che le banche elvetiche abbiano accettato i risultati delle indagini storiche sulla loro condotta dopo la seconda guerra mondiale, pagato gli 1,25 miliardi ed «assolto ogni obbligo» imposto dall’accordo stesso.

La speranza di vedere presto distribuiti i soldi è stata espressa anche dalla portavoce del Credit Suisse Group Karin Rhomberg.

Le questioni sollevate dal giudice Korman sono state risolte da tempo con l’accordo globale accettato dal tribunale e dalle organizzazioni ebraiche, ha proseguito.

4 milioni di conti

Il pomo della discordia sono i 4,1 milioni di conti aperti in Svizzera durante il regime nazista (1933-1945) e che le banche non vogliono pubblicare invocando le leggi svizzere.

Nel 2000 la Commissione federale delle banche aveva respinto l’idea di creare una banca dati relativa a questi conti.

Anche per il Dipartimento federale delle finanze «la Svizzera ha fatto il possibile per istaurare la trasparenza»: i 4,1 milioni di conti in questione sono già stati esaminati dalla commissione Volker e non si capisce perché debbano nuovamente essere controllati, aveva sostenuto il DFF lo scorso ottobre.

Prossima scadenza: aprile

Nella battaglia per la ripartizione dei fondi, un’importante decisione è attesa per l’inizio d’aprile.

Per quella data, il giudice Korman ha infatti invitato le parti in causa per una discussione. Una decisione del giudice dovrebbe seguire nel giro di «alcune settimane» secondo il principale avvocato dei querelanti collettivi Burt Neuborne.

swissinfo e agenzie

In seguito all’accordo globale del 12 agosto 1998, le banche svizzere sono state chiamate a versare 1.25 miliardi di dollari.

Di questo importo, 800 milioni erano da destinare a titolari di conti “dimenticati” nelle banche svizzere o ai loro discendenti.

I 450 milioni restanti dovevano invece essere versati ad altre vittime del regime nazista, in particolare ai lavoratori coatti che a quel tempo furono impiegati nelle aziende svizzere o a coloro che furono respinti alle frontiere.

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