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Il Bayern di Monaco piega il Valencia ai rigori

Il portiere del Bayern, Oliver Kahn, para il rigore calciato da Mauricio Pellegrino e regala alla sua squadra la Coppa della Champions League Keystone

Anche senza l'apporto dell'elvetico Ciriaco Sforza, che ha seguito l'incontro dalla panchina delle riserve, la compagine tedesca diretta da Otmar Hitzfeld ha superato nella finale della Champions League, allo stadio Sani Siro di Milano, gli spagnoli del Valencia. L'incontro, concluso sull'uno a uno dopo i tempi supplementari, è stato deciso ai calci di rigore: 5 a 4 per il Bayern.

Fiumi di birra a Monaco di Baviera, lacrime a Valencia e in tutta la Galizia. La finale di Campions League di Milano ha promosso ai calci di rigore il Bayern di Otmar Hitzfeld, mentre il Valencia di Hector Cooper ha dovuto uscire sconfitto per la seconda volta consecutiva in due anni.

E dire che gli spagnoli sembravano aver messo le mani sul trofeo dopo il primo tempo, denso di fuochi d’artificio soltanto nei minuti iniziali con due episodi-chiave: al 3′ l’arbitro olandese Jol ha fischiato un rigore per (discutibile) fallo di mano in area di Patrik Andersson. Mendieta dal dischetto ha spiazzato Kahn e portato in vantaggio i suoi. Tre minuti più tardi, Angloma è caduto ingenuamente nella “trappola” di Effenberg e secondo rigore della serata, questa volta a favore dei tedeschi. Canizares però ha negato il pareggio a Scholl e per il Bayern è iniziata un’altra partita.

Nella ripresa però Joll ha concesso un altro penalty per fallo di mano di Carboni. Tuttavia, in questo caso andava considerata la spinta di Jancker (subentrato ad uno spento Sagnol) proprio su Carboni. La decisione – dopo i supplementari senza grosse emozioni – ai rigori con l’errore decisivo dell’argentino Pellegrino e la gioia incontenibile di Kahn: il Bayern riporta così la Champions League a Monaco, 25 anni dopo.

Per Hector Cooper, alla sua terza finale europea (due con il Valencia e una in Coppa delle Coppe con il Maiorca, sconfitto allora dalla Lazio), un brutto ricordo di un’avventura splendida. Cooper se ne va da Valencia (direzione Inter?) con un grande rammarico: non aver potuto regalare la Champions League a tutta la Galizia.

Ma quella di Milano è stata anche e soprattutto la vittoria di Otmar Hitzfeld, il cinquantaduenne tecnico tedesco, che ha fatto bene in Svizzera ancor prima di “emigrare” nella sua Germania. Aarau e Grasshoppers hanno regalato le sensazioni migliori al “sergente di ferro” in panchina. Poi ha preso la via della Bundesliga: prima Dortmund (con Stéphane Chapuisat) e nel 1997 la conquista della Champions League contro la Juventus. Luogo della finalissima: l’Olympiastadion di Monaco. Quando si dice le coincidenze…

Poi, quando sembrava deciso ad appendere la…panchina al chiodo, ecco la scelta di Monaco per risollevare le sorti del Bayern: ora, quattro anni dopo, di nuovo sul tetto d’Europa. Un vero trionfo per Hitzfeld, l’uomo di ghiaccio, sempre imperturbabile, che dopo il rigore decisivo parato da Kahn è però balzato in campo a festeggiare il suo Bayern. Felice come un bambino che ha superato l’ennesimo esame di una carriera ricca di successi.

Recentemente, in un’intervista, Hitzfeld sosteneva che gli sarebbe piaciuto,dopo essersi tolto parecchie soddisfazioni con compagini di club, tentare l’avventura alla testa di una Nazionale. I ragazzi di Trossero fra 8 giorni si recheranno nelle Isole Faroer mentre il 6 giugno la Svizzera riceverà la Slovenia al Sant Jakob Park di Basilea. Saranno due confronti di capitale importanza nell’ottica dei Mondiali dell’anno prossimo. Ma se sciaguratamente non dovessimo andare a Corea & Giappone 2002 (tocchiamo ferro…) perché non puntare su Hitzfeld? Grande conoscitore del calcio, anche di quello elvetico, Hitzfeld è uno che parla poco ma che fa sudare molto i suoi giocatori.

Da Hitzfeld a Sforza, passando …da Stéphane Henchoz. Il friborghese del Liverpool, dopo aver conquistato la Coppa d’Inghilterra e quella di Lega, ha potuto ricevere l’abbraccio della folla dopo l’affermazione rocambolesca contro l’Alaves in Coppa UEFA. Sforza, dopo i guai fisici, si è seduto in panchina e ha lasciato posto a Heargreaves e quindi non ha potuto vestirei panni dell’attore “protagonista”. Tuttavia quella di Milano, seppur vista dalla panchina, è una vittoria che arricchisce la bacheca del “Ciri” nazionale. Infatti sia lui sia Henchoz possono intascare la medaglia e il sostanzioso assegno riservato ai vincitori.

Filippo Frizzi

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