Prospettive svizzere in 10 lingue

Soldati svizzeri per la stabilità in Bosnia

Cambio di guardia in Bosnia: la NATO lascia il posto alle truppe europee (EUFor) Keystone

Giovedì, l'Unione europea sostituisce la NATO in Bosnia, inviando le sue forze di stabilizzazione. Anche la Svizzera conferma la sua partecipazione.

L’impegno in margine all’operazione «Althea» è però combattuta dall’UDC, partito della destra più dura, contraria agli interventi all’estero.

Dopo nove anni, il 2 dicembre la NATO ha consegnato all’Europa una Bosnia ricostruita: era scesa in campo alla fine del 1995 con 60.000 uomini nella sua prima missione operativa. Il mandato era quello di attuare l’accordo di Dayton che ha messo fine ad una guerra che dal 1992 aveva provocato 200.000 morti e ha distrutto l’intero Paese.

Il 2 dicembre la SFor consegnerà alla missione Althea dell’Unione Europea (EUFor) un paese che ha ancora bisogno del sostegno internazionale, ma in cui la pace è ormai un fatto di ordine pubblico e in cui le riforme – avviate, attuate, ma allo stesso tempo ostacolate dalle forze nazionaliste – hanno rafforzato le istituzioni centrali e reso più funzionante lo Stato.

Svizzera partecipe

Fin dalla prima ora la Svizzera ha partecipato con un contingente di soldati alla riappacificazione del territorio. Anche nella nuova fase, le forze svizzere faranno parte del gruppo che sorveglia il futuro del paese balcanico.

L’impegno in Bosnia raccoglie il consenso unanime fra i paesi dell’Unione europea; è divisa invece l’opinione pubblica svizzera.

Da una parte c’è il governo che parla di un «chiaro interesse» nazionale. L’ambasciatore elvetico a Bruxelles, Dante Martinelli, aveva addirittura affermato che «la sicurezza del paese si difende anche a Sarajevo».

L’intervento ha anche degli intenti concreti: assicurando la pace in Bosnia, la Confederazione può rinviare nel paese di origine i rifugiati, accolti durante la crisi. Inoltre, a medio termine, si vuole evitare l’arrivo di ulteriori profughi nel caso di recrudescenze nel conflitto.

Opposizione interna

La maggioranza di governo – composta da socialisti, liberali-radicali e democristiani – sostiene dunque l’impegno che si estende anche a altre zone, fra cui il Kosovo e la Repubblica macedone. Ma il quarto partito di governo, l’Unione democratica di centro (UDC), combatte ogni tipo di impegno militare all’estero.

L’UDC – la formazione della destra più conservatrice presente nel governo di concordanza elvetico – non solo ritiene la missione un’infrazione al principio di neutralità svizzero ma, come afferma il deputato Ulrich Schlüer, anche «perfettamente inutile».

Per Schlüer l’idea di salvaguardare la stabilità è «un’ipocrisia»: «Cosa vuol dire stabilità, quando si è sul luogo ad osservare come si perpetra la purificazione etnica?»

Legittimazione popolare

Secondo il deputato, la Svizzera dovrebbe abbandonare immediatamente ogni tipo di collaborazione militare fuori dai confini nazionali. Schlüer indica il caso della Spagna: la sua partecipazione al conflitto in Iraq l’ha resa bersaglio del terrorismo. La decisione di ritirare le proprie truppe sarebbe quindi l’unica soluzione giusta.

Ma la diplomazia elvetica respinge questi argomenti: gli interventi sono stati «legittimati dal popolo» con due votazioni popolari; i cittadini hanno infatti detto sì all’intervento all’estero, come alla riforma 21 dell’esercito.

Anche il generale dell’esercito francese Jean-Paul Perruche, a capo dello Stato maggiore europeo, loda l’impegno profuso dai soldati svizzeri in Kosovo: anche se limitato numericamente, «si tratta di un contributo utile e importante».

Senza entrare nel dibattito politico interno, il generale sottolinea l’importanza della collaborazione contro le minacce transnazionali.

swissinfo e agenzie

La Svizzera invia un massimo di 20 soldati in Bosnia
11 sono già sul posto
Il bilancio prevede spese per 5,4 milioni di franchi l’anno
Gli svizzeri partecipano a missioni di contatto e d’osservazione.

La Svizzera non è alla sua prima missione nei Balcani.

Dal 1999 partecipa al contingente internazionale KFor in Kosovo (Swisscoy). Alcuni poliziotti sono poi in servizio in Macedonia (missione Proxima).

Dal 1996 al 2000, dei «berretti gialli» elvetici hanno partecipato alla missione dell’OSCE in Bosnia.

Nel 2001, il popolo svizzero ha accettato il principio che i soldati in missione internazionale possano essere armati.

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR