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Test della speranza per un vaccino contro l’aids

In paesi come la Polonia, dove il virus è più minaccioso, la giornata mondiale contro l'Aids, lo scorso 1° dicembre, è stata molto seguita Keystone

I primi test di un vaccino contro l'aids cominciano in giugno a Losanna. In maggio, europei e americani firmeranno un accordo di collaborazione.

Ma i responsabili di STOP AIDS 2003 ricordano che si è ancora ben lontani da un vaccino per tutti. Bisogna dunque rimanere vigilanti.

Il centro ospedaliero universitario vodese (CHUV) si trova in prima fila nella corsa al vaccino (preventivo) contro l’aids, che dura ormai da una ventina d’anni.

Ma la Svizzera non è la sola in gara. Test identici a quelli di Losanna sono previsti in Gran Bretagna, pure nel mese di giugno.

Poi sarà la volta dell’Olanda, della Spagna, dell’Italia e dalla Germania.

La fase che inizia simultaneamente a Losanna e a Londra si iscrive nel quadro del progetto «EuroVacc», che da cinque anni vede impegnati una trentina di gruppi di ricerca in otto paesi europei.

Due tipi di vaccino

Ina realtà, questi test non riguardano uno, bensì due tipi di vaccini profilattici.

Il primo è di tipo ADN, basato cioè su un codice di proteine virali, e dovrebbe incoraggiare l’organismo umano a fabbricare sia dei linfociti per uccidere le cellule infette, sia degli anticorpi per neutralizzare l’infezione.

Il secondo vaccino è del tipo «vettore virale» e, pur funzionando secondo lo stesso principio, utilizza un virus sintetico, chiamato NYVAC.

I test si svolgeranno in quattro fasi. E se tutto va bene, potrebbero sfociare nella commercializzazione di uno o più vaccini – al più presto fra otto anni.

Le due prime fasi

«In giugno, reclöuteremo 80 volontari», spiega Jean-Pierre Kraehenbuhl, vice presidente del progetto «Eurovacc», ricercatore all’ISREC e professore all’Istituto di biochimica dell’Università di Losanna.

In una prima fase, si tratterà di persone in buona salute, che non fanno parte dei gruppi a rischio.

Si misurerà la tolleranza di questi volontari a ciascuno dei vaccini. E ci si assicurerà che i loro organismi reagiscano positivamente.

In una seconda fase, si tratterà di analizzare la risposta immunitaria dei vaccini, questa volta su dei soggetti a rischio (omosessuali, tossicomani, operatori e turisti del sesso).

In tal modo, si potrà valutare lo spettro dei vaccini, vale a dire quanti elementi del virus sono riconosciuti dai loro sistemi immunitari.

«Cavie» senza rischio

Le due fasi, assicura il professor Kraehenbuhl, sono assolutamente senza pericoli per le persone che si sottomettono ai test.

«Non iniettiamo il virus dell’aids, e nemmeno un virus HIV attenuato, come è il caso per il vaccino contro il vaiolo.»

E per quanto concerne la presenza di un virus sintetico nel secondo vaccino, non costituisce al un rischio di sviluppare la malattia.»

«Nel peggiore dei casi», insiste Jean-Pierre Kraehenbuhl, «i soggetti vaccinati saranno definitivamente immunizzati contro il virus HIV, cosa che speriamo fortemente».

Le due altre fasi

In questo stadio, siamo ancora molto lontani dalla commercializzazione di un vaccino. In effetti, le due prime fasi mirano soltanto a misurare la tolleranza ai vaccini e a provare la loro capacità di indurre una risposta immunitaria. Ma bisognerà ancora provare l’efficacia di questi vaccini.

La terza fase sarà, in un primo tempo, realizzata in Europa, su dei «marginali».

Si tratta di una tappa più complicata da organizzare, anche perché richiede la collaborazione di assistenti sociali e di psicologi.

E infine, si potranno testare i vaccini su altre popolazioni. Questa volta, in quei paesi dove il virus dell’aids colpisce un gran numero di persone, in Asia, in Africa e nell’Europa dell’est.

«Per questa quarta fase», spiega Jean-Pierre Kraehenbuhl, «abbiamo già preso contatto e concluso degli accordi con paesi come la Tanzania, il Ruanda, il Sudafrica, la Cina e la Russia».

Una tappa necessaria. Perché, per poter dire che il vaccino è efficace, bisogna averlo provato su una vasto campionario di persone.

I risultati e le analisi di questi test saranno centralizzati allo CHUV, nel Servizio di immunologia e allergia del professor Giuseppe Pantaleo.

Collaborazione tra America e Europa

Va però detto che gli europei non sono gli unici a testare dei vaccini. Anche gli americani stanno conducendo un programma simile a «Eruovacc», che si chiama HVTN (HIV Vaccine Trial Network).

Secondo il professor Kraehenbuhl, europei e americani dovrebbero pure firmare in maggio un accordo di collaborazione, per ammettere negli Stati Uniti i vaccini sviluppati in Europa e viceversa. Una prima mondiale.

Questa corsa al vaccino dovrebbe durare 7 anni, 2 dei quali per la fase di produzione e commercializzazione. E dovrebbe costare almeno da 20 a 30 milioni di euro, vale a dire 20mila euro per ogni persona sottoposta ai test.

Il finanziamento, precisa il professor Kraehenbuhl, dovrebbe essere assicurato dall’Unione europea, dagli Stati Uniti e dalla Fondazione Eurovacc, in collaborazione con numerose aziende.

Una collaborazione, va sottolineato, che mira a mettere sul mercato un vaccino accessibile a tutti.

swissinfo, Jean-Louis Thomas
(traduzione: Fabio Mariani)

Inizio dei test in Svizzera: giugno 2003
volontari: 80 persone
durata dei test di tolleranza: 2 anni
durata dei test d’efficacia in Svizzera e nel mondo: 4 anni
commercializzazione: attorno al 2010.

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