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Visti facili: anche gli ambasciatori nel mirino

L'ambasciata svizzera in Perù: qui una bustarella valeva un visto Keystone

Lo scandalo dei visti rilasciati da funzionari corrotti nelle sedi diplomatiche svizzere all'estero, rischia di costare caro agli ambasciatori.

Il Dipartimento degli esteri annuncia delle sanzioni, se l’inchiesta proverà che i capi delle rappresentanze svizzere sono venuti meno al loro dovere di sorveglianza.

Una settimana fa, la stampa aveva dato la notizia dell’arresto di un funzionario dell’ambasciata di Lima, in Perù, che per una bustarella che andava dai 300 ai 1000 dollari aveva rilasciato dei visti d’entrata per la Svizzera.

Le reazioni non si sono fatte attendere: dopo la Germania, anche la Svizzera aveva il suo «scandalo dei visti». Da più parti si sono chiesti chiarimenti sui quattro casi di corruzione divenuti di dominio pubblico.

Oltre al Perù, infatti, sono noti degli episodi verificatisi all’ambasciata di Mosca (tra il 2001 e il 2003), al consolato onorario dell’Oman (tra il 1998 e il 2003) e in un altro paese africano che non è stato nominato perché l’inchiesta è partita solo due mesi fa. A ciò si aggiunge un episodio mai chiarito verificatosi nel 2000 a Kinshasa in Congo.

Parlare di corruzione

Il tema ha è stato ripreso anche nell’edizione pasquale di diversi domenicali svizzeri. In un’intervista rilasciata alla «SonntagsZeitung» Martin Dahinden, capo della Direzione delle risorse e della rete esterna del Dipartimento federale degli esteri, deplora l’accaduto per l’immagine della Svizzera. «Dei funzionari elvetici hanno verosimilmente commesso degli atti illeciti. Questo è un duro colpo per l’immagine della Svizzera all’estero».

Il Dipartimento federale degli affari esteri ha fatto capire che non solo i funzionari corrotti, ma anche i titolari delle quattro rappresentanze svizzere in cui sono stati concessi visti in cambio di denaro, potrebbero essere chiamati a rispondere delle loro responsabilità, nel caso in cui fossero venuti meno ai loro doveri di sorveglianza.

«Oggi un ambasciatore non può più limitarsi ad osservare la situazione politica del paese che lo ospita», ha dichiarato Dahinden. «Deve essere in grado di gestire tutti gli affari dell’ambasciata, compresi i servizi consolari». Chi per anni ignora quanto avviene sotto la sua responsabilità rischia di essere richiamato dal Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e di scrivere così la parola fine alla sua carriera diplomatica.

Primordiale in questo caso è la prevenzione. Ecco perché nella conferenza degli ambasciatori che si terrà in agosto, la corruzione sarà uno dei temi all’ordine del giorno.

Più controlli

È difficile stabilire se i fatti venuti alla luce siano solo la punta dell’iceberg o piuttosto dei casi isolati. Il fatto che siano stati scoperti in seguito a controlli interni – in Perù il controllo era stato sollecitato da un funzionario che aveva subito un tentativo di corruzione – indica, per Martin Dahinden, che non ci sono degli «errori nel sistema», ma solo delle «mancanze di singole persone».

Già qualche tempo fa, per migliorare i controlli, il DFAE ha deciso di affidare le ispezioni solo a persone con una lunga carriera diplomatica sulle spalle. «Chi ha raggiunto l’ultimo gradino della sua carriera, può giudicare in modo più libero di chi ha ancora davanti a sé molti passi da fare», spiega Dahinden. «In questo modo miglioriamo la qualità delle ispezioni».

Ogni anno, la centrale diplomatica di Berna organizza una quarantina d’ispezioni. Recentemente si è deciso di scegliere le sedi da controllare sulla base di un’analisi del rischio di corruzione. Una rappresentanza diplomatica viene controllata in media ogni 3-4 anni.

Pressioni

Nonostante i controlli, ammette Peter Müller, segretario generale del DFAE, «è estremamente difficile scoprire i casi di corruzione». Intervistato dalla «NZZ am Sonntag», Müller riconosce che in certe regioni la pressione sui funzionari da parte della popolazione intenzionata ad ottenere un visto è enorme.

La «NZZ am Sonntag» raccoglie anche la testimonianza di un ex funzionario svizzero in Africa, che racconta di come gli siano stati offerti 5000 dollari per visto. «Mi volevano addirittura aiutare a danneggiare la cassaforte per giustificare la sparizione dei visti».

Le pressioni sono forti soprattutto nell’Africa occidentale e centrale. «Come impiegato d’ambasciata è molto difficile dire no», afferma un ex diplomatico. «Come si può spiegare a una persona, per la cui fuga tutta la famiglia ha risparmiato dei soldi, che un visto non si può comprare? In Africa si può comprare tutto!».

swissinfo e agenzie

Gli inquirenti sospettano che in Perù siano stati venduti dei visti per la Svizzera ad un prezzo che andava dai 300 ai 1000 dollari. Un visto ottenuto legalmente costa 42 dollari. Il funzionario sospettato di corruzione è stato arrestato il 7 marzo.

Il console onorario elvetico in Oman avrebbe venduto 120 visti e incassato illegalmente 150’000 franchi.

Un impiegato dell’ambasciata svizzera a Mosca ha ammesso di aver «venduto» 200 visti. Un altro caso, di cui s’ignorano i dettagli, si è verificato in un paese africano.

La Svizzera distribuisce ogni anno circa 500’000 visti. 40’000 richieste, meno del 10%, vengono respinte.

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