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Peter Maurer del CICR: “Ho avuto un impatto, è questo ciò che conta”

maurer una una zona di macerie
Yemen, 2015: Peter Maurer tra le macerie di edifici bombardati dall'aviazione saudita. Keystone/EPA/Yahaya Arhab

La presidenza di Peter Maurer del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) è stata segnata da molte crisi: guerra in Siria, Afghanistan e Ucraina e persecuzione della minoranza musulmana Rohingya in Myanmar. In un'intervista, Maurer volge uno sguardo indietro su dieci anni a capo dell'organizzazione internazionale con sede a Ginevra.

Signor Maurer, che cosa prova dopo questi dieci anni?

Peter Maurer: Provo una grande soddisfazione per quello che sono riuscito a fare. Sono convinto che ora è il momento giusto per smettere. Sento anche un po’ di malinconia, perché in questo periodo ho conosciuto molte persone e ho avuto numerosi colloqui interessanti. Ma nel complesso, penso che non ci siamo tirati indietro davanti a nessun grande conflitto internazionale e che sia stato un buon periodo per il CICR.

È oggi una persona diversa rispetto a dieci anni fa?

Credo che affrontare e vivere gli effetti del conflitto mi abbia cambiato, soprattutto perché mi ci sono ritrovato nel bel mezzo più volte. Mi ha sorpreso il fatto che a un certo punto mi sono reso conto che è quasi più facile vivere il conflitto di persona che vedere solamente le sue immagini nei media.

peter maurer parla con un soccorritore in un ambulanza
All’ascolto: incontro con un soccorritore in Israele, 2013. ICRC

Quando si viaggia nelle zone di guerra e si parla con la gente, l’orrore assume proporzioni diverse. È pur sempre terribile, ma si può capire meglio. Quando si vedono soltanto le immagini, il cervello impazzisce. L’orrore reale è meno impressionante di quello immaginario. 

Il suo lavoro consiste anche nel parlare e negoziare con tutte le parti in conflitto. Anche questa imparzialità viene spesso criticata. Come si fa a discutere con persone coinvolte in una violazione del diritto internazionale?

Innanzitutto, bisogna ascoltare e capire quali sono le forze trainanti: come si è arrivati a questo punto? È necessario avere empatia con ognuna delle parti, nonostante sia difficile. Se si vede l’interlocutore solo come la persona che viola i diritti, stupra o commette atti di terrorismo, si finisce in una logica di stigmatizzazione. Ma bisogna uscire da questo modo di pensare per fare un lavoro di mediazione credibile e neutrale.

peter maurer tra donne e bambini
Iraq, 2019: Peter Maurer ascolta i racconti delle famiglie a Mosul. Ibrahim Sherkhan

Parlando con tutte le parti e cercando di capire meglio le posizioni, aiuta a sviluppare delle idee su come incentivare la discussione. Tuttavia, comprendere non significa perdonare. È importante distinguere le due cose.

Tale approccio non è sempre accettato, come abbiamo visto più volte di recente: tutti pretendono sempre che si prenda una posizione e interpretano la neutralità come una mancanza di coraggio. Ma la neutralità è un principio pratico che aiuta a svolgere questo lavoro.

Come si fa a riconoscere in un colloquio di questo tipo che ciò che si sta dicendo è davvero recepito dalla controparte?

I momenti interessanti sono quelli in cui la controparte dice qualcosa di inatteso, quando ci si accorge che è emerso un ulteriore elemento di onestà o una spiegazione che non erano contemplati nei punti di discussioni o nel briefing. Le reazioni emotive improvvise indicano che il tono della conversazione sta cambiando.

Questi sono i primi segnali di un rafforzamento della fiducia. Anche io tento di essere aperto, onesto e di fare le dovute distinzioni. Ciò non significa che non parlo di violazioni del diritto internazionale umanitario. Ma cerco sempre di collocare ogni cosa nel giusto contesto. Con il tempo, si impara a capire come farlo.

Dove si imparano queste cose? Alla scuola per diplomatici?

La diplomazia è sia una professione che un’arte. Poiché si tratta di un mestiere, ci sono alcune cose si possono imparare. Altre appartengono invece alla sfera dell’istinto, dell’intuizione, della percezione degli stati d’animo. Per questo ci vuole esperienza. Bisogna imparare, provare e commettere errori. Rendersi conto di aver frainteso l’atmosfera nella stanza. Per me, questo processo è stato il più interessante degli ultimi dieci anni. Lo è però stato anche prima, quando lavoravo come diplomatico. Mi ha sempre affascinato. Ed è anche l’essenza di ciò che cerchiamo di fare al CICR.

Quale conversazione a cui lei ha contribuito con successo le è rimasta particolarmente impressa nella memoria?

In tutta modestia, direi che ce ne sono davvero tante.

Ad esempio, quando in marzo ha parlato con Sergej Lavrov, il ministro degli esteri russo? Che cosa ha ottenuto in quell’occasione?

Consideriamo quello che sta facendo il CICR in Ucraina: a giugno abbiamo contribuito al primo scambio di militari uccisi tra le due parti in guerra. Abbiamo visitato le persone in prigione nelle aree controllate dalla Russia e dall’Ucraina. Grazie ai contatti con le autorità russe e ucraine, siamo riusciti a risolvere oltre mille casi di individui scomparsi. Si tratta di traguardi modesti se si considera il problema globale. Ma non sarebbero stati possibili senza un’apertura mentale e una base di fiducia.

Si tratta di passi modesti se si considera il problema globale. Ma sono passi avanti importanti che non si sarebbero potuti fare se non ci fossero state queste rotture nei colloqui e se non ci fosse stata una base di fiducia.

maurer stringe la mano a levrov
Fine marzo 2022 a Mosca: Peter Maurer è stato fortemente criticato per questa stretta di mano con Sergej Lavrov. Keystone / Kirill Kudryavtsev / Pool

Eppure, lei viene spesso criticato pubblicamente per le strette di mano con persone quali Lavrov, Assad o Putin.

Bisogna conviverci. Ciò che l’opinione pubblica percepisce non è così importante. Il nostro obiettivo è cambiare la vita delle persone colpite, siano esse parte della società civile o dell’esercito. Finché tali persone comprenderanno il nostro lavoro e ci saranno riconoscenti, e le parti in conflitto ci legittimeranno,  questo basterà.

Capisco che le persone vogliano schierarsi e prendere posizione. Ma si tratta di due modi diversi di guardare il mondo. Da dieci anni svolgo il ruolo di intermediario neutrale. Ciò non significa che non sono anche una persona schierata politicamente che ama esporre il suo pensiero in modo più chiaro o esplicito. Ma qui si tratta di una mansione ben precisa. Ed è stato dimostrato che la funzione di presidente del CICR ha un impatto. È questo ciò che conta. 

Traduzione dal tedesco di Luigi Jorio

In qualità di presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa, Peter Maurer è a capo di circa 20’000 persone in oltre 100 Paesi. I Paesi e le regioni prioritari del CICR sono Afghanistan, Etiopia, Yemen, Siria, Sahel e, dall’inizio della guerra, Ucraina.

Prima di essere eletto alla presidenza del CICR nell’ottobre 2011, Maurer ha lavorato per molti anni come diplomatico presso il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Tra le altre cose, dal 2004 al 2010 è stato ambasciatore e rappresentante permanente della Svizzera presso le Nazioni Unite a New York. Successivamente ha diretto la Direzione politica del DFAE. Dopo le sue dimissioni dal CICR alla fine di settembre, assumerà la presidenza del Basel Institute of Governance, un istituto che s’impegna nella lotta contro la corruzione e la criminalità economica a livello mondiale.

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