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Alta tensione fra Svizzera e Libia

Il colonnello libico Muammar Gheddafi non ammette che si tocchi la sua famiglia Reuters

L'incriminazione a Ginevra di un figlio di Muammar Gheddafi ha innescato una crisi fra Svizzera e Libia. Tripoli ha attuato ritorsioni "preoccupanti". Berna sconsiglia di recarsi in Libia.

La ministra degli affari esteri Micheline Calmy-Rey ha interrotto le vacanze e mercoledì ha inviato urgentemente a Tripoli una delegazione diplomatica nel tentativo di chiarire la situazione e calmare le acque. A Berna è stata costituita una cellula di crisi, diretta dall’ambasciatore Markus Boerlin, capo della divisione politica VI degli svizzeri all’estero.

La Confederazione non nasconde la propria apprensione e invita i cittadini elvetici a non recarsi nel paese nordafricano, “per precauzione”. Tripoli ha infatti intrapreso rappresaglie inquietanti.

Società e cittadini svizzeri nel mirino

Il rilascio di visti ai cittadini con il passaporto rossocrociato è stato sospeso. Le imprese svizzere in Libia hanno ricevuto l’ordine di chiusura.

Due svizzeri sono in stato di fermo dal 19 luglio, ha annunciato il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Le autorità libiche hanno motivato la misura dichiarando che per esercitare un’attività economica è necessario un certo numero di formulari e su alcuni di essi ci sarebbero delle irregolarità, ha spiegato il portavoce del DFAE Jean-Philippe Jeannerat, in una conferenza stampa a Berna.

Uno dei due fermati è un dipendente dell’ABB. Il gruppo industriale elvetico-svedese ha fatto sapere che i suoi uffici a Tripoli sono stati temporaneamente chiusi. Sull’altro svizzero trattenuto dalle autorità libiche non sono invece state fornite informazioni.

D’altra parte un dipendente egiziano della Nestlé è stato fermato e interrogato per diverse ore prima di essere rilasciato. L’ufficio di rappresentanza della multinazionale vodese in Libia è inoltre stato posto sotto sigilli, ha indicato il gigante alimentare con sede a Vevey.

Tagliati voli e ridotto personale diplomatico

I collegamenti aerei tra i due paesi sono stati ridotti per decisione unilaterale di Tripoli. Le autorità libiche hanno chiesto alla Swiss di diminuire la frequenza settimanale dei voli – da tre a uno – “per ragioni tecniche”, ha dichiarato il portavoce della compagnia Jean-Claude Donzel.

L’aviolinea libica Afriqiyah Airways ha evocato gli stessi “problemi tecnici” all’aeroporto di Tripoli, ma ha smentito l’annullamento di due dei suoi tre voli settimanali.

Tripoli ha richiamato in patria l’incaricato d’affari e le delegazioni ufficiali in missione in Svizzera. All’ambasciata libica a Berna è rimasto solo personale di basso rango, ha precisato Jeannerat.

Proteste, ma con volontà di dialogo

Berna ha reagito con fermezza. Nel corso di una telefonata, Micheline Calmy-Rey martedì ha protestato con l’omologo libico Abderrahman Shalgan. La ministra elvetica degli esteri ha tuttavia sottolineato che la Svizzera desidera evitare qualsiasi ulteriore inasprimento della situazione.

I due ministri hanno quindi convenuto che una delegazione diplomatica elvetica, diretta dall’ambasciatore Pierre Helg, si sarebbe recata a Tripoli mercoledì.

Giunta nel tardo pomeriggio nella capitale libica, la delegazione ha il compito di trattare con le autorità locali e ottenere il rilascio dei due cittadini svizzeri e la revoca delle disposizioni contro le società elvetiche. Il portavoce del DFAE Jeannerat ha precisato che le trattative inizieranno al più tardi giovedì.

L’arrivo degli inviati elvetici è stato preceduto da una manifestazione davanti all’ambasciata svizzera a Tripoli. Jeannerat ha però assicurato che “non vi sono stati disordini” e ha aggiunto che l’ambasciatore elvetico Daniel von Muralt ha ricevuto una delegazione di dimostranti.

Parallelamente, i comitati rivoluzionari libici hanno annunciato che chiederanno al Congresso generale del popolo (parlamento) di ritirare gli averi libici dalle banche svizzere, di rifiutare ogni contatto con aziende elvetiche e di cessare le forniture di petrolio alla Confederazione se Berna non si scuserà per la vicenda di Hannibal Gheddafi. Minacce che tuttavia non sembrano preoccupare gli ambienti interessati.

Berna vuole fare tutto il possibile per risolvere il contenzioso in tempi brevi e per via diplomatica. Non intende assolutamente adottare la legge del taglione. Al momento non è neppure previsto alcun piano di evacuazione degli svizzeri residenti in Libia – oltre una quarantina, tutti con la doppia cittadinanza -, ha assicurato Jeannerat. Il portavoce ha puntualizzato che comunque le autorità elvetiche sono “in stretto contatto” con costoro.

Già un precedente

Non è peraltro la prima volta che le relazioni fra Svizzera e Libia sono tese a causa di un figlio di Muammar Gheddafi. Il 12 novembre 1997 Tripoli aveva vietato l’ingresso in Libia ai cittadini svizzeri. Una decisione intervenuta dopo che Berna aveva negato il visto a un figlio del leader libico che voleva studiare a Ginevra.

Il conflitto era stato risolto nell’aprile 1998. Tripoli aveva revocato il divieto e Berna aveva ripristinato la prassi precedente in materia di visti.

swissinfo e agenzie

Tripoli è il principale fornitore di greggio della Svizzera: quasi la metà (48,8%) delle importazioni elvetiche di oro nero proviene dalla Libia.

Il paese del colonnello Muammar Gheddafi è il secondo partner commerciale della Confederazione in Africa.

La bilancia commerciale elvetica con la Libia è ampiamente deficitaria. Nel 2006 presentava un saldo negativo di oltre 1,4 miliardi di franchi. Un risultato su cui pesavano quasi 1,7 miliardi di franchi di importazioni di petrolio. Le esportazioni elvetiche (240 milioni nel 2006) sono costituite essenzialmente da macchinari, prodotti farmaceutici e agricoli.

Secondo le statistiche della Banca nazionale svizzera, i fondi libici depositati in banche elvetiche alla fine del 2007 ammontavano a 5,784 miliardi di franchi. A questo importo si aggiungono 812 milioni di averi fiduciari.

Hannibal Motassim Bilal Gheddafi e la moglie, incinta di nove mesi, sono stati arrestati il 15 luglio nell’albergo di lusso in cui alloggiavano a Ginevra. Due domestici li avevano querelati per maltrattamenti.

I coniugi Gheddafi sono stati incriminati per lesioni semplici, minacce e coazione. Sono stati scarcerati il 17 luglio su cauzione. Complessivamente per la liberazione provvisoria hanno versato mezzo milione di franchi.

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