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La Svizzera alla ricerca d’affari in Libia

Circa il 90% delle importazioni svizzere dalla Libia sono costituite dal petrolio Keystone

Una delegazione d’affari svizzera è partita per una visita di quattro giorni in Libia. Obiettivo: stimolare le relazioni commerciali tra i due paesi.

La visita arriva nel momento in cui Tripoli, dopo l’abolizione delle sanzioni economiche nei suoi confronti, comincia ad aprire il mercato agli investitori stranieri.

La delegazione svizzera, che resterà in Libia fino al 4 maggio, è guidata da Jörg Reding, il capo del settore «Relazioni economiche bilaterali» del Segretariato di Stato dell’economia (seco).

Reding sarà accompagnato da una ventina di persone tra le quali si trovano Werner Oberli e Elias Attia, vale a dire il presidente e il segretario generale della Camera arabo-svizzera di commercio e dell’industria.

A Tripoli, la delegazione parteciperà ad un forum sugli investimenti e incontrerà i capi delle imprese libiche. Reding incontrerà il vice primo ministro e i rappresentanti dei ministeri della cooperazione internazionale e delle finanze. E’ inoltre previsto un incontro con il governatore della Banca centrale.

La Libia ha cominciato ad aprire le sue frontiere agli investitori stranieri da quando, nel settembre scorso, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha deciso di levare le sanzioni economiche che gravavano sul paese.

Lockerbie

L’embargo era stato deciso nel 1988, dopo l’attentato che fece precipitare un aereo sopra Lockerbie, in Scozia. Un tribunale scozzese accusò un libico di assassinio di massa. Nell’attentato persero la vita 270 persone.

Da quando le sanzioni sono state abbandonate, Muammar Gheddafi, il carismatico leader libico, sta tentando di migliorare i legami internazionali del suo paese. Giovedì un viaggio storico l’ha portato a Bruxelles, a casa dell’Unione europea.

Jörg Reding ritiene che il nuovo atteggiamento della Libia, collegato alla volontà di riformare e liberalizzare il mercato, potrebbe significare buone nuove per la Svizzera. «Negli ultimi due mesi sono successe molte cose», spiega Reding a swissinfo. «La nostra è una missione esplorativa, per vedere cosa sta cambiando in Libia».

Opportunità commerciali

La delegazione potrà partire da buoni presupposti. Le relazioni tra i due paesi sono distese. Dopo il Sudafrica, la Libia è il secondo partner commerciale della Svizzera nel continente africano.

Il petrolio libico copre il 30% del fabbisogno svizzero, si può dire quindi che la Libia sia la più grande fonte d’energia della Confederazione. Il petrolio rappresenta il 90% del totale delle esportazioni del paese africano verso la Svizzera.

Per Reding, però, le relazioni commerciali tra i due paesi possono essere ulteriormente migliorate, in particolare per quanto riguarda le esportazioni svizzere verso la Libia. Mentre le importazioni si aggirano intorno ai 755 milioni di franchi, le esportazioni raggiungono appena i 122 milioni.

Con l’invio della delegazione capitanata da Reding, la Svizzera è intenzionata a promuovere le sue industrie più importanti, come quelle attive nel settore chimico e farmaceutico.

Anche il settore turistico interessa gli investitori svizzeri: la Libia può contare su chilometri di coste che si affacciano sul Mediterraneo e che potrebbero attrarre i vacanzieri. Ecco perché della delegazione elvetica fanno parte anche rappresentanti del settore alberghiero e della ristorazione.

Forte concorrenza

Ma gli svizzeri non sono i soli a recarsi in Libia. Da quando Tripoli ha aperto i suoi mercati, le compagnie straniere hanno mostrato un notevole interesse alla Libia e alle opportunità commerciali che offre.

«Al momento in Libia c’è molta competizione», spiega Reding. «Sappiamo che a Tripoli sbarcano delle delegazioni d’affari a ritmo giornaliero. Tuttavia la Svizzera ha una buona reputazione in Libia e noi cercheremo di sfruttare al meglio questo dato di fatto».

La buona reputazione svizzera è dovuta, secondo Reding, alle esperienze positive che tutti i paesi nordafricani – non solo la Libia quindi – avrebbero fatto in passato collaborando con la Confederazione nel campo farmaceutico e in quello dei servizi.

Differenze culturali

La sfida, per gli investitori svizzeri, è rappresentata soprattutto dalle differenze culturali e politiche che sussistono tra i due paesi. In un primo tempo potrebbero esserci in particolare dei problemi nei rapporti con la burocrazia libica.

«Gli svizzeri che si recano in Libia devono sapere che in questo paese non esistono trucchi per ottenere le cose velocemente», ammonisce Reding. «Bisogna adattarsi ad una cultura differente e accettare il modo in cui vengono condotti gli affari. Bisogna accettare anche il fatto che le cose vadano avanti più lentamente che in altri paesi».

Un altro ostacolo è rappresentato dalle critiche che le organizzazioni umanitarie muovono al regime del colonnello Gheddafi. In febbraio, Amnesty International ha pubblicato un rapporto in cui accusava la Libia di calpestare ripetutamente i diritti umani e di diffondere tra la popolazione un «clima di paura».

swissinfo, Joanne Shields
(Adattamento dall’inglese: Doris Lucini)

Nel 2002 la Svizzera ha importato dalla Libia merci per un valore di 657 milioni di franchi
755 milioni nel 2003
Il petrolio rappresenta il 90% delle importazioni

L’Onu ha levato le sanzioni economiche contro la Liba nel settembre del 2003. Gli Stati Uniti vi hanno rinunciato qualche settimana fa. Permangono restrizioni nelle relazioni commerciali con l’Europa.

Nel 2003, spinta dalla caduta dell’embargo, l’economia libica è cresciuta del 5,6%. Un mercato interessante dunque, la cui apertura interessa anche gli investitori svizzeri.

Finora le esportazioni svizzere in Libia erano costituite soprattutto da macchinari, prodotti farmaceutici e veicoli. Nel 2003 sono stati esportati prodotti per 122 milioni di franchi. Si spera ora di poter intensificare le relazioni commerciali tra i due paesi.

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