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Un carpentiere americano ritrova casa e radici in Svizzera

David Bähler a Blumenstein. swissinfo.ch

Per un gruppo di entusiasti carpentieri, giunti dagli Stati Uniti per una vacanza-lavoro in Svizzera, le cose più interessanti da vedere escono ampiamente dai sentieri battuti. Reportage. 

“Ecco una delle case!”, dice sorridendo David Bähler, visibilmente felice di poter contemplare da vicino una delle opere di un suo antenato. L’abitazione di legno del XVIII secolo è decorata con gerani, campanacci e tendine a quadretti rossi e bianchi. In altre parole, non potrebbe essere più svizzera.

David Bähler, 26 anni, è un carpentiere dell’Indiana, ma le sue radici sono nel cantone di Berna. Appartiene alla quarta generazione dei Bähler nati negli Stati Uniti, dopo che i suoi antenati – anabattisti – fuggirono per motivi economici e religiosi.

“Abbiamo sempre mantenuto i contatti. Consideriamo ancora la Svizzera come la nostra patria, anche perché non siamo partiti pensando che l’America fosse migliore. Siamo stati obbligati a lasciare questa terra”.

Ora è di ritorno nell’Oberland bernese, per lo meno per qualche giorno. In quanto membro della Timber Framers GuildCollegamento esterno (Corporazione di carpentieri degli Stati Uniti), è a capo di un piccolo gruppo di americani venuti in Svizzera per undici giorni a visitare le costruzioni di legno bernesi più caratteristiche, di cui alcune realizzate dai suoi antenati. 

Un’escursione nell’Oberland bernese che concilia interesse professionale e vacanze. swissinfo.ch

“Ci interessiamo particolarmente alla carpenteria svizzera, soprattutto a quella bernese che dal mio punto di vista è tra le migliori del paese”, afferma David Bähler. “Alcuni membri del gruppo sono alla ricerca di un’ispirazione, altri sono semplicemente qui in vacanza”.

Di fonti d’ispirazione ce ne sono molte, secondo Pierre Jacquet, autore del libro “Lo chalet svizzero”. “Lo chalet di montagna, soprattutto quello svizzero, rappresentava un modello di vita idilliaco che rifletteva quell’età d’oro che ha fatto sognare poeti e artisti”, si legge nel libro pubblicato nel 1963.

L’autore scrive inoltre che queste abitazioni costruite nel XVIII secolo hanno svolto “un ruolo fondamentale in un’epoca in cui si stava sviluppando un nuovo modo di percepire le relazioni tra l’uomo e la natura”.

A spasso tra le case di legno

Il quarto giorno, dopo aver fatto provviste alla panetteria di Blumenstein, David Bähler e il suo gruppo prendono lo Stockentaler HauswegCollegamento esterno, un percorso punteggiato di abitazioni e fienili di legno del XVII e XVIII secolo.

In un libro sulle costruzioni di legno in Svizzera, l’architetto germano-svizzero Ernst Gladbach (1812-1896) ha descritto l’importanza dell’architettura dell’Oberland bernese. “Le case costruite nella seconda metà del XVIII secolo – quando lo stile barocco era in pieno sviluppo – rappresentano l’apice per quanto riguarda la forma e i colori”, ha scritto Ernst Gladbach. In seguito, l’architettura elvetica è tornata a forme più classiche e più semplici.

Con delle eccezioni, naturalmente. “Quanti anni ha questa casa?”, chiede Bähler, indicando l’abitazione dall’altro lato della strada. Se la data di costruzione non fosse scritta sul legno, si potrebbe immaginare 200 o 300 anni. Di fatto, però, è del 1989. Ciò mostra la perennità di questo stile ornamentale.

Michael Cuba, del Connnecticut, appassionato di conservazione di monumenti e restauratore esperto, saluta la sopravvivenza di queste tradizioni. “Sono felice di vedere che in Svizzera si è fatto qualcosa che funziona davvero bene e che si è rimasti fedeli a questo stile, con dei progressivi miglioramenti in funzione degli sviluppi delle tecnologie. Attraversando questi villaggi, si ha un’impressione di continuità. Non è un miscuglio di stili senza senso. È qualcosa che apprezzo davvero!”.

Il gruppo si ferma davanti a uno chalet di due piani con una scala elegante di cemento che porta al balcone. Mentre una donna si avvicina per guardare gli scalini da vicino, spunta il proprietario che saluta divertito i visitatori. Qualche istante più tardi, il gruppo si ritrova all’interno dell’atelier magico di Rolf Winkler – artista, falegname e piccolo imprenditore.

Visita dell’atelier di Rolf Winkler (in fondo a sinistra). swissinfo.ch

L’atelier è pieno di attrezzi e oggetti antichi. I viaggiatori guardano affascinati le vecchie planimetrie della casa e i modelli di fattorie che Rolf Winkler ha fabbricato con del legno recuperato. La comunicazione si svolge in svizzero-tedesco, anche se sono in pochi a capire il dialetto. Poi arrivano i saluti e il gruppo si rimette in viaggio.

Visita di un cantiere

Da piccolo, David Bähler è entrato in contatto con persone che parlavano svizzero-tedesco e con degli Amish tedeschi residenti in Pennsylvania. Ha anche studiato la lingua di Goethe a scuola. Ciò ha reso il viaggio in Svizzera un po’ più facile e gli incontri con la popolazione locale più accessibili.

Impegnati a ristrutturare una grande fattoria, dichiarata bene protetto, dei carpentierii invitano i colleghi americani a dare un’occhiata ai lavori. Il rispetto dei piccoli dettagli è ancora più importante in questi casi. Il legno originale, ad esempio, viene toccato il meno possibile.

Una vecchia fattoria da ristrutturare. swissinfo.ch

“È un’ottima occasione per vedere un cantiere da vicino e capire cosa viene demolito e in che modo. Siamo andati al Ballenberg e abbiamo potuto visitare l’interno di alcune abitazioni, ma qui si vede concretamente come sono fatti i pezzi originali ed è molto più istruttivo”, afferma Bähler.

Il Ballenberg è un museo all’aperto dove si possono visitare le abitazioni, le stalle o i lavatoi tradizionali delle diverse regioni della Svizzera. La visita è piaciuta particolarmente ad Al Wallace, presidente di una società di energia rinnovabile del Colorado. “Si pensa spesso che le tecnologie verdi siano un fenomeno moderno, mentre al Ballenberg sono rimasto colpito nel vedere le abitazioni costruite tra il XV e XVII secolo in modo da regolare il tasso di umidità. Sono orientate in funzione del sole, con finestre che catturano l’energia d’inverno, ma proteggono dal sole d’estate”.

Anche lo scrittore Pierre Jacquet ha elogiato lo stile dell’Oberland bernese. “Queste costruzioni sono da ammirare per il modo in cui vengono usati i tronchi diritti e flessibili del pino di montagna. Possono sopportare per secoli gli enormi sbalzi di temperatura, con notti gelide e giornate torride, senza che vi sia una diminuzione della resistenza del materiale”.

Ritorno a casa

Quando il gruppo raggiunge la prima abitazione dei Bähler è ormai pomeriggio inoltrato. “È strano, dice. Ho studiato e ho visto molte fotografie di queste abitazioni, ma è così bello poterle osservare da vicino e sapere di avere un legame particolare con una di esse”. Ci sono altre case nei dintorni che portano il segno distintivo della famiglia Bähler e il marchio “capo carpentiere”.

Anche lui ha il mestiere nel sangue? Bähler confessa che gli piace pensarlo. “Mio padre e mio nonno erano contadini, non carpentieri. Hanno provato a lavorare il legno, ma con scarso successo, per mancanza di formazione o d’esperienza. È qualcosa che mi ha sempre interessato. Da piccoli, io e i miei fratelli eravamo sempre impegnati a costruire qualcosa”.

Bähler è fortemente legato alle sue radici elvetiche e racconta che la sua famiglia si è sempre considerata svizzera: mangiavano molte specialità nazionali, come il formaggio, e ascoltavano musica tradizionale, con il corno delle Alpi e lo yodel. “Sono le nostre radici e ci teniamo molto”.


Traduzione e adattamento dall’inglese di Stefania Summermatter

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