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Un euro varrà ormai almeno un franco e venti

Franco e euro, una relazione tormentata Keystone

Per cercare di arginare l’«estrema sopravvalutazione» del franco, la Banca nazionale svizzera (BNS) ha fissato martedì un corso minimo di 1,20 franchi per un euro. Il provvedimento è stato accolto positivamente.

«Da oggi, la Banca nazionale svizzera non tollererà più un corso inferiore a 1,20 franchi per un euro sul mercato dei cambi. La BNS darà prova di tutta la determinazione necessaria per assicurare questo corso minimo ed è pronta ad acquistare divise in quantità illimitata».

È in questi termini piuttosto secchi che l’istituto d’emissione ha deciso martedì di fissare un obiettivo di cambio, misura che nelle ultime settimane era stata auspicata da più parti per tentare di porre un freno all’eccessiva valorizzazione del franco. L’annuncio ha avuto per ora gli effetti sperati, poiché l’euro, che lunedì valeva ancora poco più di 1,10 franchi, martedì è schizzato attorno agli 1,20.

«Anche a 1,20 franchi per un euro, la moneta elvetica rimane a un livello elevato», scrive la BNS, che si dice anche pronta a «prendere misure supplementari se le prospettive economiche e i rischi di deflazione lo esigono».

La decisione è stata intanto salutata con soddisfazione dal mondo politico e dagli ambienti economici. Il ministro dell’economia Johann Schneider-Ammann, che lunedì aveva lanciato un appello alla BNS affinché intervenisse, si è detto contento del passo compiuto. «Il governo sostiene pienamente la misura, che sgrava e rende più sicura l’economia elvetica», ha dichiarato. Le aziende, ha poi proseguito il ministro, sanno ora quali parametri devono utilizzare per stilare i loro bilanci.

Sostegno unanime

L’Unione democratica di centro (destra) ha reagito sottolineando di sostenere la BNS fin dalle prime contromisure attuate ad inizio agosto. Il partito, che non ha voluto commentare la decisione odierna in quanto di competenza della banca, si aspetta ora dall’istituto di emissione delle decisioni coerenti per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Per il Partito socialista, il fatto che la BNS si sia dichiarata pronta ad acquistare divise in quantità illimitata è un segnale inequivocabile contro le speculazioni sul franco «assurdamente sopravvalutato». Secondo il PS si tratta comunque solo di un primo passo: per la piazza economica elvetica è fondamentale che l’euro rimanga costantemente fra gli 1,40 e gli 1,45 franchi.

Il Partito liberale radicale (centro destra) ha ribadito la sua fiducia nella BNS, malgrado un certo scetticismo iniziale.

Sostegno è giunto anche da parte del Partito popolare democratico (centro), secondo cui i rischi di inflazione esistono ma dovrebbero essere facilmente gestibili, e dal Partito borghese democratico (centro destra).

La Banca centrale europea, che non era al corrente della misura, ha invece reagito in maniera piuttosto secca, indicando di aver preso atto della decisione e aggiungendo che la BNS ha agito «sotto sua unica responsabilità». Da Bruxelles è giunto sostanzialmente un «no comment»: la Commissione europea si è detta consapevole «dell’importanza al limite dell’interdipendenza dei rapporti con la Svizzera», ma non ha voluto fare commenti più politici sul significato della decisione svizzera, affermando che non si pronuncia sui tassi di cambio.

Obiettivo credibile

Da ormai quasi due anni, il franco continua ad apprezzarsi nei confronti dell’euro, indebolito dalla crisi del debito. Scambiata a circa 1,50 all’inizio del 2010, la moneta svizzera ha sfiorato la parità con quella europea il nove agosto scorso. La situazione sta creando numerosi problemi alle industrie esportatrici e al settore turistico.

La BNS è intervenuta una prima volta il 3 agosto, portando il tasso di riferimento vicino allo zero e iniettando liquidità sul mercato monetario. Queste prime misure hanno permesso per alcuni giorni di alleggerire la pressione sul franco. Poi, la moneta svizzera è tornata a salire, ciò che ha spinto la BNS ad agire di nuovo il 20 agosto.

Thomas Flury, esperto di valute dell’UBS, ritiene che il provvedimento deciso martedì dalla BNS avrà un impatto maggiore rispetto alla soluzione di inondare il mercato di franchi.

«Tracciare una linea chiara è una posizione più facile da difendere che fare dei commenti vaghi senza nessun punto di riferimento», indica a swissinfo.ch. Riferendosi alle forti perdite registrate dalla BNS nel 2009 e 2010, causate dall’acquisto massiccio di euro, Flury sottolinea che in un futuro prossimo bisogna aspettarsi nuovi deficit.

Per Bernard Lambert, capo economista della banca privata Pictet & Cie, la fissazione di una soglia a 1,20 franchi per euro costituisce un obiettivo credibile. Solo un forte aggravarsi della crisi in Europa, per esempio l’insolvenza di un paese come l’Italia, o una estesa crisi bancaria potrebbe impedire alla BNS di mantenere questo obiettivo, ha dichiarato Lambert all’Agenzia telegrafica svizzera.

Simon Derrick, della Bank of New York Mellon, osserva dal canto suo che «l’ultima volta che la BNS ha tentato una mossa del genere negli anni ’70, l’intervento ha dato i frutti sperati solo per un breve periodo. I costi sono però stati enormi e l’inflazione ha raggiunto livelli molto alti».

Secondo altri osservatori, i rischi di rincaro sono comunque minimi, visto che il tasso d’inflazione è attualmente molto basso.

Una decisione storica

La decisione presa martedì può senz’altro essere definita storica, poiché l’ultima volta che la BNS aveva proceduto in maniera simile era stato appunto nel 1978, anno in cui il franco aveva registrato un forte apprezzamento nei confronti del marco tedesco.

Per Thomas Straumann, storico dell’economia, vi sono molti parallelismi tra quel periodo ed oggi. Secondo Straumann, il segnale inviato dalla BNS potrebbe avere gli stessi effetti avuti 33 anni fa, quando nello spazio di tre settimane il franco aveva perso il 20% del suo valore nei confronti della moneta tedesca.

«Penso che le probabilità di successo siano alte, poiché il mercato ha ormai sul tavolo una chiara dichiarazione d’intenti», indica a swissinfo.ch.

I provvedimenti adottati nel 1978 avevano avuto quale corollario un’inflazione attorno al 7% all’inizio degli anni ’80. La ripetizione di questo scenario dipenderà soprattutto da quanto denaro la BNS dovrà stampare per sostenere la sua politica monetaria e dalla sua credibilità sul mercato.

«Se il mercato si convince che la BNS è veramente pronta a rischiare un’instabilità dei prezzi, non farà nulla per contrastare il raggiungimento dell’obiettivo», conclude Straumann.

Una settimana fa il governo svizzero ha presentato un primo pacchetto di misure per sostenere l’economia, confrontata al problema del franco forte.

Concretamente, la Confederazione vuole concedere 212,5 milioni per sostenere la ricerca e l’innovazione.

Altri 100 milioni andranno, sotto forma di prestito, alla Società svizzera di credito alberghiero

La parte più cospicua – 500 milioni – la riceverà però l’assicurazione contro la disoccupazione, che potrà in tal modo far fronte al possibile aumento delle richieste di indennità per lavoro ridotto.

Ulteriori 10 milioni saranno destinati ai sussidi per l’esportazione di prodotti agricoli trasformati.

Altri 28,5 milioni saranno impiegati per sostenere il traffico transalpino combinato e 18 milioni per alleviare le indennità nel traffico regionale di persone.

Il governo intende poi presentare un secondo pacchetto di aiuti per il 2012, che le Camere tratteranno nella sessione invernale. Questo conterrà misure volte a promuovere la tecnologia, la ricerca, l’innovazione, l’infrastruttura e la formazione professionale.

Traduzione e adattamento di Daniele Mariani

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