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Un riconoscimento ai Giusti della Svizzera

Rifugiati alsaziani alla frontiera svizzera, novembre 1944 Keystone

A Ginevra, una cerimonia ha reso un omaggio nazionale ai Giusti della Svizzera, un gruppo di una sessantina di persone che hanno salvato migliaia di ebrei dalla macchina di morte nazista.

Riconosciuti da Israele dalla fine dagli anni ’90, i Giusti della Svizzera hanno saputo opporsi alle barbarie. Un modello, secondo il presidente della Confederazione Pascal Couchepin.

«È abbastanza tardi. Ma è un bene ricordarsene», commenta August Bohny in merito all’omaggio reso lunedì sera a Ginevra a lui e a tutti quegli svizzeri che hanno salvato migliaia di ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Persone, i Giusti, che hanno spesso agito mettendo a repentaglio la loro vita.

«È tardi», concorda l’ex presidente della Confederazione Ruth Dreifuss. «Da tempo le persone salvate dai Giusti sentivano il bisogno di esprimere la loro gratitudine. E i Giusti desideravano che il loro coraggio fosse riconosciuto».

«Alla fine della guerra e nei susseguenti 20 o 30 anni», rammenta August Bohny, «nessuno voleva parlare di questa storia, nemmeno all’interno della famiglia».

Una vita consacrata agli altri

L’ex insegnante basilese, che ha dedicato l’intera vita ai meno privilegiati, è giunto in Francia il 6 maggio 1941 per dirigere un istituto per bambini handicappati, prima di approdare, cinque mesi dopo, nel villaggio di Chambon-sur-Lignon, in Alvernia.

Durante la guerra, riesce ad aprire cinque centri nei quali trovano accoglienza circa 600 bambini. Tra questi anche 120 ebrei, che sono così potuti sfuggire ai nazisti e alla polizia della Francia di Vichy.

«Quando veniva la polizia – ricorda Bohny, oggi 88enne – gli abitanti del villaggio ci aiutavano a nascondere i bambini di confessione ebraica. Era straordinario».

Di ritorno in Svizzera nel 1945, Bohny offre assistenza a 300 bambini sopravvissuti al campo di concentramento di Buchenwald.

È nel 1990 che il Memoriale di Yad Vashem (un istituto basato a Gerusalemme che mantiene viva la memoria delle vittime della Shoah e di coloro che le hanno aiutate) assegna al basilese il titolo di Giusto fra le Nazioni. Un riconoscimento dato a tutta la popolazione di Chambon-sur-Lignon per aver salvato dalla morte tra i 3’000 e i 5’000 ebrei.

«Era il mio destino», afferma Bohny a spiegazione del suo comportamento durante la guerra. Un’attitudine che poteva anche condurre alla morte. «I miei genitori, di condizioni modeste, erano sempre pronti ad aiutare gli altri. Sono loro molto riconoscente per avermi trasmesso questo dono».

Un dovere d’umanità

Presente alla cerimonia organizzata dal Coordinamento intercomunitario contro l’antisemitismo e la diffamazione, Ruth Dreifuss sottolinea la forza del messaggio emanato dai Giusti e dalla loro scelta di vita.

«Sono individui che hanno agito in quanto individui», annota. «Attraverso i loro atti ci dicono di seguire la nostra coscienza, di soccorrere le persone che possiamo salvare e, se necessario, di sfidare le leggi che vanno contro questo dovere d’umanità».

Una considerazione condivisa dal presidente della Confederazione Pascal Couchepin, la cui presenza a Ginevra ha conferito alla cerimonia una dimensione nazionale.

«Questi Giusti sono dei modelli per la nostra generazione e per quella che ci seguirà. Queste persone hanno semplicemente detto no alla barbarie. Hanno avuto il coraggio e la forza interiore di opporsi».

«La dignità umana dipende da atti come questi», ha aggiunto Couchepin.

Ritornando sulla vicenda dei fondi ebraici in giacenza – che hanno costretto la Svizzera a confrontarsi in modo critico con il suo atteggiamento durante la Seconda guerra mondiale – Couchepin osserva: «Questo sguardo sulla realtà, assieme ai suoi aspetti meno gloriosi, era importante. Oggi questo omaggio ai Giusti si accompagna ad un messaggio più positivo con il quale affermiamo la nostra volontà di far prevalere i valori della coscienza morale sulle circostanze particolari».

L’attualità del messaggio

Rammentando che la Confederazione non può farsi perdonare per l’atteggiamento tenuto negli anni della guerra mettendo in avanti i Giusti, Ruth Dreifuss ha stilato un parallelo con la situazione attuale dei migranti che tentano di venire in Svizzera.

«Certo, la storia è diversa e bisogna analizzarla nella sua specificità. Credo comunque che tra coloro che si sono impegnati ad aiutare le persone in pericolo nel loro paese, seppur violando la legge sugli stranieri, alcuni hanno agito seguendo la propria coscienza. E chi siamo noi per per giudicare tale coscienza?».

swissinfo, Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione: Luigi Jorio)

La cerimonia di Ginevra si è svolta in occasione della Giornata internazionale della commemorazione delle vittime dell’Olocausto, decretata dall’ONU nel 2005.

L’omaggio è stato l’occasione per annunciare l’uscita del libro «I Giusti svizzeri» scritto da François Wisard, a capo del servizio storico del Dipartimento federale degli affari esteri. Il libro sarà distribuito gratuitamente a tutte le scuole del paese.

A Ginevra, la sede europea delle Nazioni Unite consacra un’esposizione ai Giusti. Tra loro, lo svizzero Carlo Lutz, diplomatico in carica a Budapest dal 1942 al 1945. La sua azione ha consentito di salvare oltre 60’000 ebrei.

Il titolo «Giusti tra le Nazioni» è un riconoscimento conferito dal Memoriale Yad Vashem di Gerusalemme a tutte le persone non ebree che hanno salvato degli ebrei durante la Shoah, rischiando la propria vita e agendo in modo disinteressato.

Oltre 21’000 persone, di cui una sessantina in Svizzera, sono state onorate con questo titolo.

Una commissione del parlamento elvetico è incaricata di riabilitare gli svizzeri condannati dalla giustizia per aver aiutato dei rifugiati, per la maggior parte ebrei, durante la Seconda guerra mondiale. Un atto contrario alle misure e alle leggi adottate all’epoca dalla Confederazione, che voleva premunirsi contro l’arrivo di un gran numero di rifugiati e evitare contrasti con la Germania nazista.

Finora sono state riabilitate più di cento persone.

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