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A fior di pelle: un mondo tutto da toccare

Il messaggio è chiaro: toccare per conoscere e per entrare in relazione con noi e il mondo swissinfo.ch

Riscoprire il tatto e le sue straordinarie risorse: è la scommessa vinta dal progetto ticinese "Con-Tatto" che regalato alla Svizzera il primo premio al Festival internazionale della scienza a Genova.

Molti di noi da bambini si sono sentiti dire e ripetere fino alla noia “guardare ma non toccare”! Chissà quante occasioni mancate, quanti momenti perduti nel privare la nostra voglia di scoprire il mondo tenendo sotto controllo uno dei sensi più belli e più intensi che la natura ci ha regalato: il tatto.

Ci ha pensato il percorso espositivo “Con-Tatto” – sviluppato dall’Ideatorio di Lugano, un progetto congiunto tra Science et Cité (Università della Svizzera italiana) e l’istituto scolastico della città di Lugano – a ricordare la straordinaria importanza del tatto. Non a caso il percorso alla scoperta delle sensazioni che passano dalla pelle (tatto, dolore e temperatura) ha ricevuto un prestigioso riconoscimento internazionale.

“Il primo premio al Festival internazionale della scienza a Genova – spiega a swissinfo Michela Carli, curatrice dell’esposizione e collaboratrice regionale di Science et Cité – ci riempie di soddisfazione, anche perché è un premio decretato dal pubblico. Un pubblico che ha gradito il modo in cui abbiamo raccontato la scienza, rendendola incontrabile e avvicinabile a chiunque: dal bambino all’adulto”.

Il Ticino – che si è distinto tra i sedici paesi presenti a Genova con le loro proposte – è dunque legittimato a guardare lontano. “Siamo infatti intenzionati – sottolinea Michela Carli – ad entrare in una rete di progetti a livello europeo. Ed è in questa direzione che ci stiamo già muovendo. A gennaio dovremmo avere le prime risposte”.

La pelle: un confine tra noi e gli altri

“Con-Tatto” (nella sua versione internazionale: Do Not Watch, Touch!), propone un percorso ludico, sensoriale e scientifico improntato sulla filosofia del “vietato non toccare” e permette al pubblico di scoprire il funzionamento del tatto.

Il tatto è diverso da tutti gli altri sensi poiché implica sempre la presenza del corpo che tocchiamo e del nostro corpo che tocca l’altro. A differenza della vista e dell’udito, nel contatto sentiamo cose dentro di noi, dentro il nostro corpo. Nel gusto e nell’olfatto le esperienze sono limitate alle superfici della cavità nasale e del palato.

Occorre inoltre tenere presente che la pelle è un organo – il più esteso del corpo umano – di percezione, relazione e comunicazione. Mette in contatto noi e gli altri, il nostro spazio interno con il mondo esterno, ci permette di stabilire confini – sensoriali e relazionali – molto diversi.

La pelle è un’espressione dell’immagine di sé e rappresenta come viene vista e vissuta dagli altri. Nella cultura occidentale, per esempio, la pelle deve essere il più possibile libera da imperfezioni; in altre culture, invece, cicatrici e tatuaggi assumono un significato rituale o sociale.

Il senso della vicinanza e non della distanza

Per rendersi conto di quanto sia importante la pelle e il tatto, basti ricordare che il bambino si identifica con le esperienze tattili che compie nei primi sei mesi di vita. Con le carezze lo aiutiamo a prendere coscienza del suo corpo. È solo acquisendo la coscienza dei propri confini (costituiti inizialmente dal corpo) che può allargarli, andare verso spazi sempre più aperti.

Il tatto è dunque il senso della relazione ed è soprattutto un senso aperto, a differenza della vista, ormai contaminata da milioni di immagini in cui si sommano gli stereotipi, in cui si cristalizzano giudizi e pregiudizi che finiscono per sedimentarsi in molte persone.

Colpisce la testimonianza di una donna cieca – Sabriye Tenberken – che Michela Carli ci invita a leggere. E le parole che seguono traboccano di verità: “Il senso della vista è un senso della distanza: osserva, giudica e valuta. Vedere tiene lontani. Con i sensi che mi sono rimasti sono costretta ad andare vicinissimo, a “toccare” l’avvenimento, il problema, l’ostacolo. E spesso l’ostacolo, quando ci si avvicina, rimpicciolisce”.

Per scoprire il significato di queste parole, è stato allestito uno spazio speciale. “Ci è sembrato giusto e opportuno – sottolinea Michela Carli – mettere in evidenza l’importanza del tatto per tutte quelle persone che non hanno la fortuna di potere vedere o che hanno perso l’uso della vista. Una stanza interamente al buio favoriesce esperienze sensoriali che permettono di comprendere quante informazioni è in grado di trasmettere il tatto”.

Impronte, fachiri e altre storie

Allestito con mezzi e strumenti della nostro vivere quotidiano, il percorso espositivo (ospitato nell’ex asilo di Castagnola) è organizzato su tre piani; nelle diverse stanze scopriamo le nostre diverse abilità tattili, appoggiando mani e piedi su postazioni che ci permettono di provare diverse sensazioni: caldo e freddo, piacere e dolore, umido e secco, abbracci e schiacciamenti, ruvido e liscio, morbido e duro.

Dalla postazione dell’ “arto fantasma”, Michela Carli ci conferma che lo stupore – per la scoperta o la riscoperta di sensazioni o informazioni – accomuna adulti e bambini, a variare è l’esperienza soggettiva. “Il nostro obiettivo è soprattutto quello di rendere accessibile e comprensibile il sapere scientifico. Ideando la mostra sul tatto, abbiamo pensato di porre l’accento sul funzionamento della nostra pelle e di offrire stimoli per imparare ad osservarla e conoscerla”.

L’altra parola chiave di “Con-Tatto” è: sperimentare. Ogni tappa del percorso permette infatti di toccare con mano le risorse della nostra pelle. E scoprire – provato per credere – che sdraiarsi sul letto di chiodi del fachiro, non è affatto doloroso (la comodità, è comunque tutta un’altra storia). O farsi beccare da una telecamera con un microscopio incorporato con le mani non proprio candide. A giudicare dalle risate degli allievi e delle allievi di Terza media di Acquarossa, di passaggio per guardare la mostra, qualcuno è stato scoperto con le classiche dita nella marmellata.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Science et Cité è una fondazione svizzera nata allo scopo di promuovere il dialogo tra la scienza e i cittadini.

E’ stata fondata nel 1998 dalle quattro accademie svizzere delle scienze, dal Fondo Nazionale Svizzero per la ricerca scientifica, da economiesuisse e dalla fondazione privata Silva Casa.

Tra le attività proposte dalla Fondazione troviamo nella Svizzera italiana diverse nuove forme di incontro tra scienza e cittadini come i Caffè scientifici, esposizioni e conferenze.

Tra le attività della fondazione Science et Cité, il Festival della scienza è indubbiamente una delle più importanti.

Durante i festival, la scienza e la società devono confrontare criticamente i loro punti di vista. Si tratta di stimolare la riflessione e di non dare semplicemente una risposta definitiva a questioni in sospeso.

I festival danno la possibilità d’incontro tra quelli che credono ciecamente e quelli che continuano a dubitare. Il festival deve rappresentare un ponte tra le riserve della scienza e le paure della società.

Nella fisiologia classica il tatto viene spesso annoverato tra i cosiddetti “sensi minori”; si tratta tuttavia di una erronea semplificazione e ampiamente superata.

Una serie di sensori specializzati (recettori) traduce i diversi tipi di pressione e contatto in potenziali d’azione afferenti. Su ogni centimetro quadrato di pelle si trovano mediamente circa 130 recettori tattili: i recettori per il freddo, per il caldo, per il dolore e le cellule di Merkel, di Meissner, di Ruffini e di Vater-Pacini.

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