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Quando i laghi rimpiazzeranno i ghiacciai

Il ghiacciaio di Trift, nell'Oberland bernese, si sta trasformando in lago più rapidamente del previsto. swiss-image.ch/Max Schmid

Con lo scioglimento dei ghiacciai, la Svizzera si ritroverà con nuovi laghi di montagna. Al di là dello sconvolgimento del paesaggio, gli scienziati mettono in guardia sui potenziali rischi rappresentati da queste masse d’acqua sospese sopra le pianure. Ammettono però che potrebbero anche offrire dei vantaggi.

I giacchiai di oggi non sono altro che l’ombra di ciò che erano un tempo. A causa del riscaldamento climatico, molti spariranno. Ma dove andrà a finire tutta quell’acqua? Un gruppo di ricercatori locali prevede che nei prossimi decenni, si formeranno oltre 50 km2 di laghi d’altitudine in Svizzera.

«In alta montagna, il cambiamento sarà davvero drammatico e rapido. Si protrarrà per molte generazioni, dato che i ghiacciai probabilmente non si riformeranno», spiega  Wilfried Haeberli.

Assieme ai suoi colleghi, questo glaciologo di fama mondiale ha appena concluso uno studio intitolato “Laghi come conseguenza dello scioglimento dei ghiacciai: possibilità e rischi”Collegamento esterno, nell’ambito del Programma nazionale di ricerca 61. Sulla base di modelli dei letti dei ghiacciai, i ricercatori hanno calcolato dove e quando questi laghi potrebbero formarsi.

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La presenza di questi laghi non modificherà però soltanto il paesaggio, che il professore emerito dell’università di Zurigo definisce «centrale per l’identità della Svizzera, in quanto patrimonio e attrazione turistica». Questa evoluzione avrà un impatto anche sulla ridistribuzione dell’acqua.

«La popolazione svizzera ha vissuto per secoli con la certezza di avere sufficiente acqua in estate, grazie alla neve e al ghiaccio, ma in futuro non sarà più così. Nelle annate normali, la Svizzera avrà ancora abbastanza acqua, ma nelle stagioni particolarmente secche, come quella dell’estate 2003, potrebbe avere problemi di approvvigionamento».

Uniti per capire meglio

Dal 2010 al 2014, il Programma nazionale di ricerca “Gestione sostenibile dell’acqua” (PNR 61) ha elaborato basi e metodi scientifici per una gestione sostenibile delle risorse idriche, sempre più sfruttate. La sua missione: determinare gli effetti del cambiamento climatico e sociale su questa risorsa naturale e identificare i rischi e i conflitti futuri legati al suo sfruttamento.

Rischio inondazioni

Più che la penuria d’acqua, il rischio più probabile è quello di un aumento di inondazioni e frane, in particolare per le persone che vivono al di sotto di questi nuovi laghi.

«Il rischio è particolarmente acuto per quelli più grandi, come nella regione dell’Aletsch, conferma il geologo. Gli abitanti di Briga [la città del Vallese sotto il ghiacciaio] non hanno mai avuto un grande lago sopra le loro teste. In futuro ne avranno diversi». Dal suo punto di vista, le autorità devono anticipare il problema, ad esempio studiando la costruzione di strutture contenitive.

La città di Grindelwald, nell’Oberland bernese, si è già trovata confrontata con il rischio di straripamento delle acque di un lago glaciale già esistente. Il comune ha fatto costruire un tunnel di drenaggio per regolare il livello delle acque. «Una misura eccellente, afferma Haeberli. «Ma le autorità hanno reagito un po’ tardi e per un intero anno la situazione è stata molto pericolosa».

Anche il turismo è un fattore chiave dell’equazione. Oggi i ghiacciai sono un’attrazione. Se dovessero sparire, il paesaggio potrebbe apparire come denudato. D’altra parte, però, i nuovi laghi potrebbero regalare un fascino diverso al paesaggio. La minaccia d’inondazioni improvvise o altri disastri naturali sarebbe invece un veleno per il turismo.

Un altro fattore da prendere in considerazione è quello legato alle società idroelettriche. Incerte sui profitti che potrebbero trarre, tengono gli occhi aperti sullo sviluppo delle Alpi. In teoria, potrebbero sfruttare le acque di questi nuovi laghi per produrre energia.

Un’opportunità per il mercato idroelettrico?

«Perderemo lo stoccaggio naturale d’acqua sotto forma di ghiacciaio, per cui avremo bisogno di uno stoccaggio artificiale, ad esempio attraverso dighe idroelettriche», spiega Roger Pfammatter, direttore dell’Associazione svizzera di economia delle acqueCollegamento esterno (ASEA).

Pur ammettendo che questa svolta potrebbe rappresentare una grande opportunità per le società idroelettriche, Wilfried Haeberli emette dal canto suo qualche riserva. «Molti di questi laghi si svilupperanno in zone protette, come la regione dell’Aletsch». In Svizzera, la legge federale protegge numerosi paesaggi, siti e monumenti naturali considerati d’importanza nazionale e ciò rende difficile, se non impossibile, costruire qualsiasi cosa.

Nelle zone non protette, invece, il glaciologo crede in una possibile sinergia tra sfruttamento idroelettrico e turismo. È il caso ad esempio del ponte sospeso del TriftCollegamento esterno, nel canton Berna. Il ponte è stato costruito per attraversare la lingua del ghiacciaio che negli ultimi anni si è trasformata in un lago, impedendo così il raggiungimento a piedi dell’omonima capanna. Il ponte e ciò che resta del ghiacciaio sono ormai un’attrazione turistica, accessibili grazie a una telecabina. L’ufficio del turismo locale vende perfino dei tour combinati, che includono una discesa della diga in corda doppia. 

Il ritiro dei ghiacciai

Secondo un nuovo studioCollegamento esterno pubblicato il mese scorso dall’Università di Friburgo, i ghiacciai svizzeri hanno perso quasi un terzo della loro superficie dal 1973. A fine 2010 esistevano ancora 1’420 ghiacciai per 944 km2, ossia il 2% circa del territorio svizzero. Nel 1850, i ghiacciai occupavano una superficie di 1’735 km2 (analoga a quella del canton Zurigo), contro 1’307 km2 nel 1973. Ciò corrisponde a un declino del 28% in 37 anni.

Nello stesso periodo, i ghiacciai hanno perso 22,5 km3 di neve e ghiaccio. La quantità d’acqua derivante avrebbe potuto riempire ogni anno il lago di Morat e, in totale, due volte il lago dei Quattro cantoni.

Decidere per domani

«La grande sfida, è trovare soluzioni che siano accettabili per tutti», spiega Roger Pfammatter, la cui associazione è specializzata nell’energia idroelettrica, nella protezione contro le inondazioni e nell’ingegneria idraulica. Wilfried Haeberli loda le buone relazioni instaurate tra la sua squadra di ricercatori e l’ASEA, ma ha uno sguardo critico sul business dell’energia. Dal suo punto di vista, è un mondo in cui l’esigenza del profitto guida ogni scelta e che manca di una visione sul lungo termine. «Cosa faremo di questi nuovi paesaggi? La nostra generazione dovrà prendere delle decisioni per molte generazioni a venire», avverte il glaciologo.

Anche Roger Pfammatter chiede una maggiore pianificazione. «Qualcuno dovrebbe assumersi il rischio di prendere queste decisioni, sottolinea il direttore dell’ASEA. Le centrali idroelettriche sono in mani pubbliche. Quasi l’85% del settore idroelettrico svizzero appartiene ai cantoni e ai comuni. Ma il problema attuale è che le compagnie elettriche sono più preoccupate dalle incertezze politiche ed economiche che dal riscaldamento climatico».

Lo studio di Wilfried Haeberli e della sua equipe non offre soluzioni pronte per l’uso. Si accontenta di mostrare dove i nuovi laghi si formeranno e quale impatto potrebbero avere sulle comunità circostanti. Spetta al mondo politico elaborare dei piani per affrontare questi cambiamenti, concludono gli autori: «Per poter riconoscere i potenziali vantaggi e pericoli e attenuare possibili conflitti legali, la pianificazione e la consultazione devono – quando possibile – essere avviate a uno stadio precoce e prendere in considerazione tutte le eventualità».

(Traduzione dall’inglese, Stefania Summermatter)

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