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Barack Obama si destreggia in acrobazie politiche

Keystone

Una folla da primato si è riversata nelle vie di Washington martedì per la cerimonia d'investitura di Barack Obama. Il 44° presidente degli Stati Uniti suscita aspettative straordinarie che potranno solo essere deluse, commenta l'ex ambasciatore svizzero Alfred Defago.

Dopo aver prestato giuramento sulla Bibbia di Abraham Lincoln, nel suo primo discorso da presidente, Barack Hussein Obama ha dichiarato che la sua investitura segna “l’inizio della ricostruzione dell’America”.

“Le sfide che abbiamo di fronte sono reali, sono gravi e sono molte. Non saranno superate facilmente né rapidamente, ma vi prometto che le supereremo”, ha dichiarato. Poi ha precisato che le sfide prioritarie sono la crisi economica e le due guerre in cui sono impegnati gli Stati Uniti.

Venti di guerra soppiantati da un’aria di pace

Alludendo agli otto anni di amministrazione Bush, il nuovo presidente ha puntualizzato che adesso, sotto la sua guida, gli Stati Uniti si prefiggono di esercitare la loro potenza nel rispetto dei diritti umani e di dare avvio a “una nuova era di pace”.

Se Obama vuole essere l’uomo del cambiamento, il suo discorso, invece, si iscrive nel solco della tradizione americana “È il tipico discorso di un nuovo presidente degli Stati Uniti. Un discorso relativamente convenzionale, che invoca una nazione che supera ostacoli se crede nel futuro e nel trionfo della speranza sulla paura, con la volontà di sfidare una cupa realtà”, analizza Alfred Defago.

L’ex ambasciatore di Svizzera a Washington, ora professore di relazioni internazionali alle università di Florida Atlantica e del Wisconsin, osserva che il discorso d’investitura di Barack Obama è anche quello di un politico che mira al centro.

“Il suo discorso conferma l’evoluzione che ha avuto negli ultimi mesi della campagna elettorale. È un Obama che vuole compattare la nazione, che ritiene che il pragmatismo possa superare lo spirito partigiano e che si presenta come il presidente di tutti gli americani”.

Al di sopra della media

L’afflusso record – circa due milioni di persone – martedì ai piedi del Campidoglio, per celebrare la sua investitura, riflette l’ampiezza delle attese degli americani verso la presidenza di Obama. I sondaggi attestano al 65% la quota degli statunitensi secondo i quali Barack Obama sarà un presidente “al di sopra della media”. Ciò equivale a 10-20 punti percentuali in più rispetto alle aspettative formulate in occasione delle investiture di Bill Clinton e di George W. Bush.

Per il 70% degli intervistati è “molto importante” che il nuovo presidente mantenga le promesse fatte durante la campagna elettorale. Ciò conferma il desiderio di cambiamento della popolazione, che ha portato Obama alla Casa bianca.

Dall’instaurazione negli Stati Uniti di un sistema universale di copertura medica alla fine della guerra in Iraq, il sito internet PolitFact.com calcola che Barack Obama ha fatto almeno 510 promesse elettorali. Sono circa il triplo di quelle di George Bush nel 2000 (177 promesse) e di Bill Clinton nel 1992 (204).

Ma questo numero eccezionale di promesse ha suscitato anche aspirazioni straordinarie, che rappresentano un’arma a doppio taglio per Barack Obama. Se da un lato gli forniscono un ascendente notevole sul Congresso per fare adottare le sue riforme, dall’altro predispongono alla delusione.

Verso il centro

“È una situazione inevitabile”, afferma Defago. Secondo il professore elvetico, “peraltro, Obama, ha già deluso l’ala sinistra del suo partito. Ma era prevedibile, poiché a poco a poco si è orientato verso il centro. È questo che gli ha consentito di vincere”.

Di fatto il neopresidente si appresta a dirigere un governo meglio accolto dal partito repubblicano che da alcuni suoi elettori. Ciò è dovuto soprattutto al mantenimento del ministro della difesa del suo predecessore: un episodio senza precedenti nella storia degli Stati Uniti.

La sua svolta verso il centro è in particolare sbalorditiva riguardo all’Iraq. Lo scorso luglio, il candidato Obama aveva convocato una conferenza stampa per affermare senza mezzi termini di volere mettere fine alla guerra. Allora aveva detto che se fosse stato eletto, le truppe USA si sarebbero ritirate dall’Iraq nel giro dei 16 mesi dopo la sua entrata alla Casa bianca. Martedì, il presidente Obama si è limitato a promettere di “iniziare, in modo responsabile, a lasciare l’Iraq in mano al suo popolo”.

Gli americani non sono gli unici che possono essere delusi dal nuovo presidente degli Stati Uniti. “Se gli europei sperano che Obama sia molto più incline a favorire certi punti di vista dei palestinesi, potrebbero essere delusi. Non sono sicuro che la politica di Obama per il Medio Oriente sarà fondamentalmente diversa da quella di Bush”, osserva Alfred Defago.

“Obama è impegnato in un esercizio di grande acrobazia che è molto rischioso, poiché è stato lui stesso a creare questi sentimenti di speranza”, evidenzia l’ex diplomatico svizzero, che ha anche la cittadinanza americana e che ha votato per Obama.

“Gli americani daranno tempo a Obama. Più degli abituali cento giorni di grazia. Ma se alla fine dell’anno non vedranno la luce alla fine del tunnel, sul piano politico la situazione per Obama diventerà difficile”, predice Alfred Defago.

swissinfo, Marie-Christine Bonzom, Washington
(Traduzione dal francese di Sonia Fenazzi)

UE: Il presidente della Commissione europea José Manuel Durao Barroso, ha auspicato che Bruxelles e Washington rafforzino i legami transatlantici e uniscano i loro sforzi per affrontare le grandi sfide del nostro tempo.

Gran Bretagna: Il premier Gordon Brown ha salutato l’inizio di “un nuovo capitolo nella storia americana e del mondo”.

Francia: Il presidente Nicolas Sarkozy ha affermato che Parigi “è decisa a lavorare fianco a fianco con l’America, sua amica e alleata, per raccogliere insieme le immense sfide del nostro mondo”.

Germania: La cancelliera tedesca Angela Merkel ha auspicato rapporti più stretti tra Berlino e Washington, nella consapevolezza “del fatto i problemi del mondo non possono essere risolti da un solo Paese, ma solo insieme”.

Spagna: Il primo ministro José Luis Zapatero ha definito “molto positivo” il discorso di investitura e ha espresso “grande speranza e fiducia”.

Italia: “Affrontare insieme le sfide attuali, ossia la crisi finanziaria, la situazione in Medio Oriente e quella in Afghanistan”.

Israele: Il premier Ehud Olmert si è detto “convinto che gli stretti e intimi rapporti tra Israele e Stati Uniti si rafforzeranno”.

Iran: Il ministro degli esteri Manuchehr Mottaki ha detto che Teheran aspetterà le prime iniziative politiche prima di pronunciarsi sul nuovo presidente degli Stati Uniti.

Venezuela: Pur premettendo di non farsi illusioni, il presidente Hugo Chavez ha comunque espresso l’auspicio che Washington abbia “un nuovo approccio con l’America Latina”.

Argentina: Anche la presidente argentina Cristina Fernandez de Kirchner ha auspicato che l’era Obama “possa aprire una nuova tappa nel dialogo tra gli Stati Uniti e l’America Latina”.

Sudafrica: Il premio Nobel per la pace ed ex presidente sudafricano Nelson Mandela ha salutato l’elezione di Obama come una “nuova voce di speranza” per il mondo.

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