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Criminalità economica, un fenomeno sommerso

Le contraffazioni (nella foto un Rolex falso ed uno vero) sono solo la punta dell'iceberg della criminalità economica Keystone Archive

I cosiddetti delitti dei «colletti bianchi» costano miliardi di franchi alle imprese svizzere, ma questo tipo di delinquenza è ancora sottovalutato.

Negli ultimi anni la sensibilizzazione è aumentata, anche se molto resta da fare: la maggior parte delle ditte, soprattutto quelle medie e piccole, non fa abbastanza per proteggersi.

Che la criminalità economica costi miliardi di franchi alle imprese svizzere è risaputo. Secondo la stima pubblicata nel rapporto sulla sicurezza interna 2004 dall’Ufficio federale di polizia, i reati economici causano annualmente danni pari a circa il 2% del prodotto interno lordo della Svizzera, ossia circa 8 miliardi di franchi.

Nel 2003, in uno studio condotto a livello internazionale, la PriceWaterhouseCoopers aveva constatato che in Svizzera il 24% delle società interpellate era rimasto vittima dei criminali in «colletto bianco», una percentuale che a livello mondiale saliva al 37%.

Il fenomeno potrebbe però essere ben più esteso di quanto si pensasse. Alcune settimane fa, la società di consulenza KPMG ha pubblicato uno studio secondo cui tre imprese svizzere su quattro in tutti i settori d’attività sarebbero toccate da questa forma di criminalità.

Dati da relativizzare, ma…

Dall’inchiesta condotta dalla stessa KPMG tra giugno e luglio 2005 presso svariate aziende elvetiche di diverse dimensioni emerge che ben il 73% di quelle che hanno risposto al questionario sono state danneggiate da atti di criminalità economica.

Il problema principale riguarda le frodi in generale: il 42% delle ditte ha dichiarato di esserne rimasto vittima. Seguono la corruzione (12%), il furto di dati e la violazione dei diritti d’autore (entrambi 10%).

Questi dati devono però essere presi con le pinze: sulle 250 imprese a cui è stato inoltrato il questionario, solo 26 hanno risposto!

Anna van Heerden, responsabile del reparto forense della KPGM, ha ammesso alla Basler Zeitung che lo studio non risponde a dei criteri scientifici. Secondo lei, però, dà per lo meno una corretta visione del fenomeno.

Un tema ancora tabù

Lo studio potrebbe essere visto come uno strumento di marketing per la società di consulenza – si insiste soprattutto sulla necessità di dotarsi di un efficace sistema di controllo e la KPGM è pronta a mettere le sue conoscenze a disposizione – ma offre comunque degli spunti di riflessione. Un dato è particolarmente significativo: poche sono le ditte che hanno risposto all’inchiesta.

Il tema della criminalità economica è probabilmente ancora un tabù. Per evitare una pubblicità indesiderata, molte imprese preferiscono lavare i panni sporchi in casa.

Secondo Isabelle Augsburger-Bucheli, decana dell’Istituto di lotta contro la criminalità economica della Scuola Universitaria professionale di Neuchâtel, «per motivi di immagine molte società vittime di atti di criminalità economica cercano di fare in sorta che non si sappia, ad esempio le banche, che quotidianamente subiscono degli attacchi informatici».

Sensibilizzare maggiormente

Secondo l’Ufficio federale di polizia, la criminalità economica non rappresenta un pericolo fondamentale per la sicurezza del paese e non minaccia nemmeno il funzionamento dell’economia.

Tuttavia, il numero dei casi è destinato ad aumentare con lo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione. Un ipotesi condivisa anche da Isabelle Augsburger e dalle stesse aziende: sia dallo studio della PriceWaterhouseCoopers che da quello della KPMG emerge infatti che la maggior parte delle ditte si dice convinta che la criminalità economica crescerà nei prossimi anni.

«Negli ultimi anni la Svizzera ha preso diverse misure per lottare contro la criminalità economica», dice a swissinfo Isabelle Augsburger. Tra di queste bisogna annoverare in particolare i nuovi articoli legislativi sulla corruzione, la legge sul riciclaggio di denaro sporco e diverse misure organizzative, come la creazione del Tribunale penale federale di Bellinzona o il rafforzamento del Ministero pubblico della Confederazione.

Ciononostante vi sono ancora molti sforzi da compiere in materia di sensibilizzazione.

Tolleranza sociale importante

Stando ad un’inchiesta effettuata nel canton Vaud da uno studente dell’Istituto di lotta contro la criminalità economica di Neuchâtel, circa 4 piccole e medie imprese su cinque (sulle 90 che hanno risposto) hanno già avuto a che fare con casi di criminalità economica.

Malgrado questo tasso di «vittimizzazione» elevato, pochissime aziende (una su dieci) stima che la sensibilizzazione tra il personale sia sufficiente. Inoltre, più del 60% di queste ditte non ha né misure di prevenzione né strumenti volti a scoprire simili casi.

«Le ditte sono coscienti del problema ma non fanno abbastanza», conclude Isabelle Augsburger, secondo la quale, malgrado i danni considerevoli che provoca, la criminalità economica beneficia ancora di una tolleranza sociale importante.

swissinfo, Daniele Mariani

Dallo studio della società di consulenza KPMG (basato su 26 ditte svizzere) è emerso che il 73% delle imprese aveva subito atti di criminalità economica.
42% frodi
12% corruzione
10% furto di dati
10% violazione dei diritti d’autore

Il termine criminalità economica non ha nessuna definizione legale e non è oggetto di alcun articolo penale specifico.

Per criminalità economica si intende l’insieme delle attività illegali che avvengono nel contesto della vita economica e che concernono sia le società private, che quelle statali.

Si tratta di atti fraudolenti (contraffazioni), astuziosi (inganno), abusi di potere (corruzione), sfruttamento di segreti commerciali o di dati confidenzali, riciclaggio di denaro sporco e delitti informatici.

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