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Strasburgo ripete continuamente alla Svizzera come funziona l’uguaglianza

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La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha ripetutamente bacchettato la Svizzera per violazione dell'uguaglianza di genere. © Keystone / Christian Beutler

Prima di poter ratificare la Convenzione europea dei diritti umani, la Svizzera ha dovuto affrettarsi ad introdurre il suffragio femminile. E da quando vi ha aderito, è stata condannata un numero impressionante di volte per discriminazione di genere.

La CEDU compie 70 anni: il Consiglio d’Europa, nel novembre 1950 a Roma, ha approvato la Convenzione europea dei diritti umani (CEDU). Essa è considerata una delle più importanti convenzioni internazionali per la protezione dei diritti umani.

Questo perché la violazione dei diritti che essa garantisce può essere citata in giudizio presso la Corte europea dei diritti umani a Strasburgo. Le sue sentenze sono vincolanti e gli Stati devono applicarle.

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CEDU e la Svizzera: un rapporto di amore e odio

Questo contenuto è stato pubblicato al Il fatto che la Corte europea dei diritti umani si immischi sempre più nel diritto nazionale non è ben visto in Svizzera. Reportage da Strasburgo.

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La Svizzera ha ratificato la Convenzione solo nel 1974. Uno dei motivi del ritardo era la mancanza del diritto di voto e di eleggibilità per le donne, che costituiva una discriminazione di genere. Il governo federale ha quindi dovuto far votare un’altra volta il popolo sul suffragio femminile – fortunatamente con successo – prima di poter firmare La CEDU.

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Le donne svizzere hanno dovuto combattere a lungo per avere il diritto di voto

Questo contenuto è stato pubblicato al “Nel 1971 il mondo era in movimento”, racconta la voce della protagonista, mentre la cinepresa inquadra i passi di danza di un gruppo di sessantottini per poi spostarsi, poco dopo, su un idilliaco villaggio svizzero. “Qui da noi, però, era come se il mondo si fosse fermato”. Le donne non potevano lavorare senza il permesso…

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La Svizzera è stata condannata per questo

Rispetto ad altri Paesi, la Svizzera è condannata piuttosto raramente dalla Corte di Strasburgo. Tuttavia, la Confederazione presenta alcuni punti critici. Oltre a violazioni della libertà di stampa, a questioni di processo equo e a problematiche espulsioni di richiedenti asilo respinti, continuano a verificarsi casi svizzeri di discriminazione di genere. Le vittime sono sia donne che uomini.

Ecco una breve selezione dei casi più interessanti:

Schuler-ZgraggenCollegamento esterno (1993): “Le madri non lavorano”

L’Assicurazione per l’invalidità (AI) riduce la rendita di una madre in quanto, in base all’esperienza generale, una donna abbandona temporaneamente il suo lavoro non appena dà alla luce un figlio.

La Corte europea lo ha ritenuto discriminatorio.

Di TrizioCollegamento esterno (2016): “Le madri lavorano comunque solo part-time”

La Svizzera non ha imparato molto dalla sentenza del 1993. Nel 2016 ci ricasca. L’AI revoca la rendita parziale a una donna dopo la nascita di due gemelli. Motivo: la donna avrebbe potuto lavorare comunque solo a tempo parziale perché avrebbe accudito i figlioletti.

La Corte di Strasburgo ha giudicato discriminatoria anche questa supposizione.

BurghartzCollegamento esterno (1994): “Solo le donne possono avere doppi cognomi”

Susanna Burghartz sposa Albert Schnyder in Germania. Da quel momento si chiamano Susanna Burghartz e Albert Schnyder Burghartz. La legge tedesca, infatti, lo consente. Quando la coppia si trasferisce in Svizzera, le autorità elvetiche cambiano il cognome di Albert in Schnyder. Egli non può più chiamarsi Schnyder Burghartz. Motivo: solo una donna può avere un doppio cognome.

La Corte di Strasburgo ha ritenuto che non vi fosse alcuna giustificazione oggettiva e ragionevole per la disparità di trattamento nella legge svizzera. Quest’ultima, nel frattempo, è stata completamente rivista: non ci sono più doppi cognomi.

B. contro la SvizzeraCollegamento esterno (2020): “Le donne hanno bisogno di una rendita vedovile vitalizia, perché i mariti provvedono al loro sostentamento”

Dopo la morte della moglie, un uomo alleva i suoi due figli da solo. Riceve una rendita per vedovo. Quando la figlia più giovane diventa maggiorenne, la pensione vedovile gli viene revocata. Se fosse una donna, ne avrebbe diritto a vita.

La Corte europea dei diritti umani ha recentemente stabilito che questa disparità di trattamento è discriminatoria. La sentenza non è ancora passata in giudicato.

Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi

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