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Anche gli sci svizzeri fanno i conti con la crisi globale delle forniture

Operaio rifinisce un paio di sci in uno stabilimento industriale.
Stöckli è uno dei più antichi produttori di sci della Svizzera. swissinfo.ch / Dominique Soguel-dit-Picard

Carenza di materie prime e intoppi logistici hanno reso il 2021 un anno difficile per le industrie di produzione in Svizzera, portando a un ridimensionamento delle previsioni di crescita del PIL per il 2022.

L’ingrediente segreto che ha contribuito a fare della svizzera Stöckli una delle marche di sci più rinomate al mondo è una speciale colla prodotta con materie prime importate da Regno Unito e Giappone.

La polverina giapponese è così cruciale nel processo di produzione che la premiata ditta si è sempre assicurata di averne scorte sufficienti a resistere praticamente a qualsiasi tempesta. Era dunque ben preparata ad affrontare la doppia iattura della pandemia di coronavirus e della crisi globale degli approvvigionamenti.

Quel che l’azienda svizzera non aveva previsto, è che avrebbe dovuto affannarsi per ottenere tutte le altre materie prime necessarie a fabbricare un paio di sci, dall’anima in legno alle lamine in acciaio. “Pensavamo che sarebbe stata una corsa di velocità, invece si è rivelata una maratona”, spiega Christoph Fuchs, responsabile di produzione di Stöckli Swiss Sports AG, che produce sci dal 1935 e vanta tra i suoi clienti l’attuale leader di Coppa del Mondo maschile di sci alpino Marco Odermatt. “Ogni volta che superavamo una sfida, se ne presentava un’altra e poi un’altra”.

Stöckli è una delle centinaia di industrie svizzere che risentono delle interruzioni delle catene globali di approvvigionamento provocate dalla pandemia di coronavirus e dall’ostruzione del Canale di Suez da parte della portacontainer Ever Given in marzo.

Il tributo per l’economia elvetica si è delineato lo scorso 9 dicembre, quando le autorità hanno ridotto le loro previsioni di crescita per il 2022 dal 3,4% al 3%. La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) imputa il ridimensionamento all’incertezza causata dalla pandemia di Covid-19 e a “problemi di approvvigionamento e strozzature di capacità a livello internazionale”, che mettono sotto pressione l’industria e inducono un forte aumento dei prezzi a livello globale. Berna ha anche ritoccato al rialzo le sue previsioni sull’inflazione dallo 0,8% all’1,1% a causa dell’aumento dei prezzi delle fonti energetiche e dei beni intermedi.

“È lecito attendersi anche effetti di smorzamento della ripresa economica se le difficoltà di approvvigionamento mondiale durassero più a lungo del previsto e se le impennate dell’inflazione sfociassero in una pressione costante sui prezzi, con tassi d’interesse nettamente più alti”, scrive la SECO in un comunicato.

Le aziende devono investire

Considerato che gli esperti prevedono che i problemi nelle forniture continueranno nel 2022 e forse anche nel 2023, le aziende devono concentrarsi sulla gestione del rischio, per identificare e mitigare le loro vulnerabilità.

“Non solo il Covid ha portato la politica a interessarsi delle catene di approvvigionamento, esso ha anche mostrato alle aziende che devono prendere sul serio la gestione della loro catena di forniture”, osserva Stephan Wagner, esperto in materia del Politecnico federale (ETH) di Zurigo. “Devono essere disposte a investire in qualcosa che è improbabile accada”.

Per Stöckli, i problemi sono cominciati in primavera con un blocco di tre settimane nelle consegne di plastica al suo stabilimento di Malters (Lucerna), una cinquantina di chilometri a sudovest di Zurigo. I ritardi si sono presto estesi ad altri materiali. Legnami come quello di Paulownia -leggero e resistente alla curvatura, proveniente perlopiù dall’Asia orientale- sono stati consegnati con diverse settimane di ritardo in estate poiché i fornitori in Austria hanno accusato intoppi nelle spedizioni dalla Cina. Colle, gomma e metalli hanno pure richiesto il doppio o triplo del tempo per arrivare. L’azienda è stata costretta a procrastinare la produzione di quasi 30 modelli di sci e, in alcuni casi, a cambiare materiali o fornitori.

Ottenere le materie prime non è stata l’unica sfida. I prezzi dei materiali usati da Stöckli sono cresciuti in media quest’anno del 10%, riferisce Fuchs. L’incremento maggiore, 20%, riguarda proprio la caratteristica sostanza adesiva. “Siamo un piccolo attore nell’industria degli sci e per avere i materiali in tempo non abbiamo potuto che accettare i prezzi più alti”, rivela Fuchs. Un costo che per quest’inverno ricadrà sull’azienda e non sui consumatori, perché tali aumenti non erano ancora scattati quando sono stati stabiliti i listini con distributori e rivenditori nel primo trimestre 2021.

Lastre di legno disposte in grande scaffale a compartimenti stretti
Ritardi nelle consegne di legno e altre materie prime hanno costretto Stöckli a modificare i processi di produzione per avere gli sci in tempo per l’inverno. swissinfo.ch / Dominique Soguel-dit-Picard

Colli di bottiglia

Ma qual è la causa dei problemi di forniture che affliggono il mondo? Christoph Wolleb, responsabile delle consulenze sulla gestione degli approvvigionamenti presso KPMG Svizzera, identifica tre fattori principali: penuria di materie prime chiave, problemi logistici (inclusa la mancanza di navi e container) e la chiusura di fabbriche in Asia dovuta alle restrizioni legate al Covid.

“Chiudere uno stabilimento per una settimana non significa soltanto che le aziende devono aspettare una settimana in più per i prodotti”, chiarisce. “L’intera catena di approvvigionamento viene perturbata e il recupero richiede tempi dieci volte più lunghi dell’interruzione”.

Come buona parte dell’Europa, la Svizzera si sta ancora riprendendo dagli effetti della chiusura dei porti di tutto il mondo determinata dalla pandemia, per contenere la quale molti Paesi hanno imposto dei confinamenti. Le banchine portuali dell’Asia Pacifico e degli Stati Uniti sono ancora alle prese con lavoro arretrato e congestioni, ciò che ha portato a una scarsità globale di container per le spedizioni e ha reso più difficile e costoso trasportare beni via mare dall’Asia all’Europa.

Non tutte le carenze sono dovute alla crisi sanitaria, puntualizza Wolleb riferendosi al legname da costruzione. “La domanda era già alta prima del Covid e quando è arrivata la pandemia c’è stato un panico da acquisto simile a quanto accaduto con la carta igienica”, spiega. “I parassiti del legno in Europa centrale e orientale e l’aumento delle ordinazioni negli Stati Uniti hanno fatto il resto.

La sfida più grande

Gli intralci alla catena di forniture sono la più grande sfida che le piccole aziende debbano affrontare in Svizzera, secondo il barometro economico di Swissmechanic, un’associazione di piccole e medie imprese dei settori delle macchine, dell’elettronica e del metallo. In un’indagine pubblicata nel terzo trimestre di quest’anno, circa il 54% degli interpellati di 174 ditte ha menzionato l’approvvigionamento quale principale problema da affrontare, ben più grave di altre preoccupazioni come la scarsità di manodopera o il calo delle ordinazioni.

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I fornitori svizzeri di componenti per l’industria globale dell’automobile come Autoneum Holding AG subiscono gli effetti delle interruzioni alla produzione di veicoli causate dalla penuria di semiconduttori e altri intoppi nelle forniture. L’azienda con sede a Winterthur produce elementi per l’isolamento acustico e termico e ha fabbriche in 55 località in tutto il mondo, incluse la Cina e la Corea del Sud.

“Autoneum è colpita indirettamente dagli attuali sviluppi di mercato, in conseguenza della mancanza di chip e altre strozzature nelle catene di approvvigionamento dei fabbricanti di veicoli”, spiega in un email a SWI swissinfo.ch Claudia Güntert, responsabile della comunicazione.

I suoi impianti hanno dovuto adattare la produzione ai cambiamenti dei programmi di produzione dei clienti e l’azienda ha così licenziato il personale interinale e introdotto il lavoro ridotto, prosegue Güntert. La società si aspetta però che la situazione inizi a migliorare nel 2022, data la forte richiesta da parte dei consumatori, e prevede che le produzioni tornino ai livelli pre-Covid nel 2023, quando si scatenerà la domanda fin qui repressa a causa della mancanza di semiconduttori.

Neppure la multinazionale ABB -una delle più grandi aziende svizzere, che produce tra l’altro generatori industriali, turbine e motori elettrici- è stata risparmiata dalle difficoltà. Nel presentare i conti del terzo trimestre, lo scorso ottobre, il CEO Björn Rosengren ha specificato che il maggior punto dolente è l’approvvigionamento di semiconduttori e che gli impedimenti nelle forniture continueranno “per molti altri mesi ancora”, riporta l’agenzia AWP.

L’incognita Covid

Nonostante le sfide lanciate dalla pandemia e dalle interruzioni delle catene di approvvigionamento, gli estimatori degli sci Stöckli -incluso Marc Odermatt, che in febbraio parteciperà ai Giochi olimpici invernali di Pechino– potranno ancora mettere le mani su un paio di sci.

Fuchs è convinto che l’azienda abbia fatto quanto necessario a mitigare i rischi legati alle forniture. Le ordinazioni sono state effettuate con largo anticipo, gli scaffali in magazzino sono pieni e le macchine ronzano mentre gli operai smerigliano e levigano, dando forma a nuovi sci. Nella migliore delle ipotesi, la produzione tornerà ai livelli pre-pandemia di circa 60’000 paia di sci all’anno, dai 40’000 di quest’anno. 

Ma con l’incremento dei casi di Covid in tutto il mondo, e la nuova variante Omicron che minaccia di provocare nuovi lockdown, la pandemia è, una volta ancora, la principale minaccia.

“Dovremo pensare molto bene a come sopravvivere a tutto questo”, conclude Fuchs.

Traduzione dall’inglese di Rino Scarcelli

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