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Da Lugano sulle orme della tigre cinese

Piero Martinoli (presidente USI) firma l'accordo. Subito dietro il professor Giuseppe Richeri e l'ambasciatore svizzero a Pechino Dante Martinelli

Si moltiplicano le relazioni tra la Cina e il Ticino grazie ad un nuovo accordo tra l'Università della Svizzera italiana e la Communication University of China.

L’accordo tra i due atenei, firmato alla presenza dell’ambasciatore svizzero a Pechino Dante Martinelli, prevede il reciproco sostegno nel campo della ricerca e lo scambio regolare di professori e studenti.

E’ raggiante il presidente dell’Università della Svizzera italiana (USI), Piero Martinoli. L’accordo che lega Lugano e Pechino nel campo delle Scienze della comunicazione non solo rafforza l’immagine dell’USI all’estero, ma si inserisce a pieno titolo nelle nuove strategie della Confederazione in campo universitario.

La nuova legge federale sull’aiuto alle scuole universitarie e sul coordinamento nel settore svizzero universitario, in consultazione, vuole infatti rispondere alle nuove sfide legate all’evoluzione sempre più rapida della scienza e della ricerca in un contesto di grande concorrenza internazionale.

Con la nuova legge, infatti, si intende per esempio promuovere la ricerca in modo tale che la Svizzera continui a figurare anche in futuro fra le nazioni scientifiche di punta sul piano mondiale e in determinati settori innovativi importanti per la competitività del nostro Paese.

Legami ancora più stretti

L’accordo tra i due atenei, firmato da poco e nato sotto gli auspici dell’ambasciatore svizzero a Pechino Dante Martinelli, ufficializza i già stretti legami tra la Facoltà di Scienze della comunicazione dell’USI e l’ateneo cinese. Da ormai un anno è infatti attivo a Lugano l’Osservatorio sui media e le comunicazioni in Cina, guidato dal professor Giuseppe Richeri, decano della Facoltà.

Lo scopo dell’osservatorio è proprio quello di favorire la riflessione accademica sui mutamenti che stanno attraversando il sistema dei media del colosso asiatico, incentivando allo stesso tempo lo scambio di conoscenze, professori e studenti tra Europa e Oriente.

La collaborazione si articola su diversi livelli: documentazione, ricerca, attività didattiche, scambio di docenti e studenti, riconoscimento reciproco dei crediti di corsi o semestri seguiti rispettivamente a Pechino o a Lugano.

In sella al futuro

Per illustrare il valore di questa collaborazione il Presidente dell’USI ha sottolineato l’importanza di un’economia della conoscenza, poiché la crescita e lo sviluppo di uno Stato si misurano anche attraverso la sua capacità di innovazione e di ricerca. “Non a caso – sottolinea Martinoli – nelle missioni diplomatiche all’estero la collaborazione scientifica e tecnologica occupano uno spazio di primo piano”.

In un paese come la Cina, dove il tasso di crescita del Prodotto interno lordo degli ultimi dodici anni è stato annualmente del 10%, lo sviluppo di relazioni accademiche si inserisce in una realtà in straordinaria espansione che cambia a ritmi vertiginosi.

“La prima volta che sono andato a Pechino – racconta Piero Martinoli – erano gli anni Novanta, gli anni della protesta di Tienanmen. Eravamo, con i colleghi del Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, immersi in uno sciame di biciclette, con il loro incessante e discreto ronzìo. Eravamo seguiti, passo dopo passo”.

“A poco più di quindici anni di distanza – osserva il presidente dell’USI – nel caos delle automobili non si ci può più muovere. E il sole sopra Pechino lo puoi pure fissare, tanto è coperto da uno strato di smog permanente”. E così il sole velato dallo smog è probabilmente uno dei simboli della metamorfosi cinese.

Il drago e la “telenovela”

La trasformazione del paese dei Mandarini e del libretto rosso non lascia nessuno indifferenti. “La Cina – sottolinea Giuseppe Richeri, decano della Facolta di Scienze della comunicazione, direttamente coinvolta nell’accordo – sta ridefinendo gli equilibri mondiali”.

“E’ nell’agenda politica mondiale e di tutte quelle aziende che desiderano cavalcare l’onda cinese. Basti pensare – sottolinea Richeri – che nel 2010 la Cina sarà un grande mercato di 600 milioni di cittadini”.

Non c’è dunque da stupirsi se il drago cinese si nutre anche di comunicazione, giacché la comunicazione influenza in parte la crescita economica. “In Cina – spiega Richeri – il settore della comunicazione è caratterizzato da grande dinamismo e vivacità. Ci sono 1’200 televisioni nazionali, regionali e locali. Sono tutte pubbliche, ma indipendenti nella gestione economica e nell’allestimento del palinsesto”.

E da qualche tempo la Cina, interessata a conoscere il mondo dei media in Europa, incomincia anche ad importare programmi televisivi. C’è dunque una grande curiosità, una certa voglia di apertura e un fascino sicuro per il “made in USA”.

“Sulle reti televisive cinesi – osserva Richeri – la finzione ha un grande spazio. E’ interessante notare che le ‘soap opera’ sono legate alla Cina, alla sua storia, alle sue tradizioni più profonde, alla sua cultura. Come se vi fosse bisogno, in questo grande fermento, di recuperare un’identità condivisa”.

Sullo sfondo le Olimpiadi

Intanto la Communication University of China (14 mila studenti), che fa parte degli atenei cinesi a cui il governo ha riconosciuto il marchio di qualità (of China) è stata ufficialmente incaricata dal governo di Hu Jintao di contribuire all’organizzazione dei servizi di comunicazione della prossima edizione dei giochi olimpici. Sono attesi, a Pechino, 20 mila giornalisti accreditati e altri 20 mila che si aggiungeranno agli operatori dei media.

Una sfida enorme a cui l’USI ha dato il proprio contributo, contribuendo ad organizzare lo scorso mese di settembre, un convegno internazionale su Media e Sport. “Pur essendo l’USI un ateno piccolo e giovane, le nostre conoscenze e i nostri contatti internazionali – puntualizza con soddisfazione Richeri – sono state di grande aiuto”. Davide e Golia possono, insomma, collaborare.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Anche l’accordo firmato tra l’Università della Svizzera italiana e la Communication University of China rientra nella strategia formulata dal Consiglio federale nel messaggio concernente il promovimento dell’educazione, della ricerca e dell’innovazione negli anni 2008-2011.

Esso prevede di estendere le relazioni nel campo dell’educazione e della ricerca a Paesi extraeuropei che rispondono a determinati criteri e che sono interessati a una cooperazione.

La Communication University of China (CUC), nata nel 1954, è sotto la diretta giurisdizione del Ministero dell’Istruzione. E’ una delle principali università cinesi e fa parte del “Progetto 211”.

Questo Progetto, voluto dal Consiglio di Stato, si propone di selezionare un centinaio di università allo scopo di rendere alcune di esse delle istituzioni di alto livello su scala internazionale.

Grazie all’attività di ricerca scientifica e di formazione di alto livello nei campi della radio, della televisione, del cinema, delle reti, dell’editoria e dei nuovi media, la CUC è tra le prime istituzioni formative nell’ambito delle comunicazioni in Cina.

Fondato nel 2006, l´Osservatorio sui media e le comunicazioni in Cina – China Media Observatory – si propone di monitorare sistematicamente l´evoluzione del sistema dei media e delle comunicazioni in Cina secondo le principali dimensioni economiche, politiche e socio-culturali.

Ospita un centro di documentazione che conserva e mette a disposizione di studenti, ricercatori ed operatori del settore, materiali quali testi pubblicati in Europa e Nord-America, annuari, articoli, tesi di dottorato, ricerche, ecc.

Favorisce gli scambi per attività didattiche e scientifiche sia con università europee che abbiano attività permanenti di ricerca sui media in Cina, sia con università cinesi interessate alla collaborazione con l’USI.

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