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Il grande viaggio di Stefano Franscini

A 150 anni dalla morte, il Ticino dedica a Stefano Franscini un'importante mostra swissinfo.ch

"Ove non v'è istruzione, non v'è vera libertà". Parole sempre attuali, quelle di Stefano Franscini, considerato il padre dell'educazione ticinese e della statistica svizzera.

Rappresentante ticinese nel primo Consiglio federale, a 150 anni dalla morte il Ticino dedica a Franscini una grande mostra e una serie di eventi commemorativi.

Prima a Milano, poi a Berna: Stefano Franscini, il ticinese, anche in questo suo muoversi tra due poli, sembra essere precursore. Nella capitale lombarda Franscini, a contatto con un ambiente culturalmente molto stimolante, spalanca i suoi orizzonti mentali. Nella capitale elvetica getta le basi per la creazione del Politecnico federale di Zurigo.

Quella grande sete di giustizia

“Nacque povero, visse povero, morì povero”. “Nasce pastorello di capre in una valle alpina”. Sono alcune delle didascalie che accompagnano la mostra, allestita in una trentina di sale al Museo Civico delle Belle Arti di Villa Ciani a Lugano.

Didascalie che insistono molto sulle origini modeste dello statista ticinese, nato a Bodio (in valle Leventina) nel 1796 e morto a Berna, ministro in carica, nel 1857. Origini modeste, dunque, che fanno da contraltare alla straordinaria ricchezza umana ed intellettuale di Franscini.

Origini modeste che hanno pure acceso il desiderio di giustizia e di libertà che gli venne anche riconosciuto da un rivoluzionario come Friedrich Engels (autore insieme a Karl Marx del Manifesto del Partito comunista) i cui apprezzamenti sono stampati su una delle pareti della mostra. Questa grande sensibilità per la giustizia è costantemente presente attraverso citazioni scelte e ben visibili.

“Agli svizzeri conviene vergognarsi – scrive Franscini in un passaggio scelto dalla Statistica della Svizzera – d’un sistema in forza del quale al vantaggio e all’ingrandimento di pochi si sagrifica la vita e la sorte d’infiniti”.

La casa annerita dalla fuliggine

Allestita in modo attento, accurato ed accessibile al grande pubblico, la mostra riesce a trasmettere sensibilità per la vicenda umana di Franscini, passioni per il coinvolgimento politico e rispetto per l’impegno civile. Ragione ed emozione si alternano con raffinato equilibrio e grande semplicità.

La mostra, infatti, vuol essere soprattutto un’occasione per avvicinarsi ad uomo più amato che conosciuto, ripercorrendo alcune tappe fondamentali della sua biografia e della sua azione civile e intellettuale. Documenti, immagini, ricostruzioni, oggetti, filmati descrivono le tappe fondamentali della vita di Franscini, in un viaggio su Franscini e con Franscini, sulle vie della modernità.

E il viaggio incomincia attraverso sale oscure dove troneggiano i busti e i ritratti dello statista. Ci sono poi le sezioni che ricostruiscono il contesto storico in cui ha vissuto, ci sono gli spazi dei ricordi, delle lettere scambiate con gli amici, le cui parole tornano per un attimo ad avere vita vera attraverso una voce invisibile. Grazie all’impiego di mezzi audio-visivi che la rende multimediale, l’esposizione non è solo da vedere, ma anche da ascoltare.

Come le chiacchiere in dialetto che si sentono da lontano. E per capire di che cosa si tratta, ci si deve proprio avvicinare, a quella fonte. Ovvero una casa leventinese annerita dalla fuliggine, spoglia, povera, piena delle parole di un’anziana, che racconta, quasi senza sosta, vicende di vita quotidiana.

Asino chi legge

Non potevano mancare i banchi di scuola, le penne d’oca, i libri, le carte, i documenti. La scuola, appunto, a cui Franscini ha dato tanto. Promotore della scuola pubblica in Ticino, per Franscini l’educazione era molto di più che “legere et scribere” e doveva essere assicurata a tutti, anche ai bambini e alle bambine di “mediocri fortune”.

Nell’esposizione, la modernità del pensiero di Franscini è sottolineata anche attraverso i lavori curati da Visarte, la società delle arti visive svizzera che ha proposto, in chiave contemporanea, la ricca iconografia fransciniana.

Una sequenza creativa curata da 21 artisti ticinesi, propone uno sguardo inedito, provocatorio, ma mai irriverente, sul magistrato. Come non fermarsi davanti all’opera “Asino chi legge”, quasi un piccolo riscatto nei confronti della condizione in cui tutti, una volta nella vita, ci siamo sentiti asini per non sapere nulla, credendo di sapere tanto.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Dal 24 maggio al 21 ottobre 2007, negli spazi espositivi del Museo Civico di Belle Arti di Villa Ciani a Lugano, si tiene la grande mostra storica “Stefano Franscini (1796-1857). Le vie alla modernità”.

La mostra mette bene in luce il contesto storico in cui visse Franscini (1796-1857). Un periodo in cui Ticino e Svizzera vivono trasformazioni radicali, in cui la modernità spalanca le porte a grandi mutamenti istituzionali, tecnici, economici e sociali. Anni in cui l’orientamento politico vira di 180 gradi, da Milano a Berna, dall’Italia al centro Europa.

Attinente di Bodio nel Canton Ticino, vi nacque il 23 ottobre del 1796. Uno degli esponenti di maggior spicco nella storia del Partito Liberale Radicale ticinese, Franscini fu eletto come consigliere federale il 16 novembre del 1848 sotto la nuova Costituzione federale entrata in vigore quell’anno.

Durante il suo incarico in Consiglio federale a Berna, fu a capo del Dipartimento federale dell’interno fino al suo decesso che avvenne il 19 luglio del 1857.

Franscini fu il principale attore della creazione del moderno sistema educativo del Canton Ticino. Nel 1837, fondò la Società ticinese degli amici dell’educazione del popolo e di utilità pubblica (denominazione breve: Demopedeutica).

Si impegnò anche nella fondazione di un istituto politecnico federale a Zurigo, l’odierna Eidgenössische Technische Hochschule Zürich (ETHZ).

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