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L’oasi di pace in mezzo alla spirale di violenza

A Neve Shalom - Wahat al-Salam, israeliani e palestinesi vivono insieme da 25 anni in armonia e credono ancora che la pace sia possibile.

La comunità di Neve Shalom/Wahat al-Salam (NSWAS) si trova a metà strada tra Gerusalemme e Tel Aviv e fu fondata nei primi anni ’70 da un frate domenicano, che sognava una comunità basata sulla convivenza pacifica di cristiani, ebrei e musulmani.

I cittadini arabi con passaporto israeliano costituiscono circa il 20% della popolazione in Israele. Attualmente a NSWAS si contano 50 famiglie residenti, per metà ebrei e per metà palestinesi. Solo una famiglia è mista. L’espansione massima cui il villaggio può arrivare è di 150 famiglie.
La signora Evi Guggenheim Shbeta e il signor Daoud Boulos, due residenti di NSWAS stanno compiendo un tour di raccolta di fondi in Europa e negli Stati Uniti per finanziare diversi progetti per il loro villaggio e per la scuola. Nella loro tappa svizzera hanno fatto visita anche ai nostri studi.

L’utopia realizzata

La comunità binazionale non è affiliata a nessun partito politico ed è stata in Israele pioniera nel creare un sistema scolastico primario bilingue, arabo-ebraico. La scuola è frequentata anche da bambini provenienti da tutta la regione circostante.

I bambini imparano non solo la lingua del “vicino” ma anche a conoscerne la cultura e la storia. A NSWAS vengono anche organizzati corsi per adulti sulle relazioni arabo-israeliane. Se pensiamo che normalmente nelle scuole israeliane poco o nulla si impara della cultura araba e viceversa nelle scuole dell’autonomia non si vuole nemmeno nominare il nome di Israele, NSWAS appare in tutta la sua eccezionalità

Ora più che mai l’importanza degli aiuti provenienti dall’estero

“Se non fosse per le organizzazioni amiche che ci sostengono dall’estero, non potremmo esistere, perché abbiamo costruito tutto da soli senza aiuti da parte di Israele” spiega Evi Guggenheim. Daoud Boulos aggiunge che anche diverse organizzazioni di palestinesi e arabi sostengono finanziariamente il villaggio e la scuola dall’estero.

“I miei amici palestinesi che vivono vicino al villaggio invece, prima venivano a trovarci e si interessavano al nostro esperimento. Ora, di fronte alla distruzione sistematica dell’intera società palestinese non ne vogliono più sentir parlare.”

L’esempio dei genitori e le immagini dei telegiornali

In questo momento c’è sgomento e rabbia tra gli abitanti del villaggio, ma NSWAS esiste proprio per realizzare l’impossibile. “Le famiglie palestinesi che vi risiedono non accusano i loro vicini israeliani per i carri armati a Jenin, così come le famiglie israeliane non accusano i vicini palestinesi per le azioni terroristiche di Hamas” spiega Daoud Boulos.

Come spiegare la guerra ai bambini

“Quando i miei bambini vedono al telegiornale quello che l’esercito israeliano fa nei campi profughi, non posso trovare nessuna spiegazione o giustificazione plausibile” dice il rappresentante palestinese di NSWAS Daoud Boulos.” Ma la realtà che vivono ogni giorno nel villaggio è un’altra”, aggiunge Evi Guggenheim, “ed è più forte dei notiziari: i bambini studiano insieme, giocano insieme, si vogliono bene e crescono imparando che non tutti i palestinesi vogliono farsi saltare in aria e che non tutti gli israeliani entrano nei campi profughi con i carri armati.”

La scuola per la pace è aperta a tutti

La scuola bilingue è frequentata per l’85% da bambini della regione che non vivono nel villaggio, ma che vengono ogni mattina e tornano a casa il pomeriggio. Se il villaggio è composto essenzialmente da utopisti che godono di un livello sociale ed intellettuale piuttosto elevato, nella scuola invece vengono anche bambini che provengono da famiglie semplici, che sentono l’importanza di esporre i propri figli all’opportunità di crescere imparando a conoscere “l’altro”.

La cosiddetta scuola per la pace, la scuola elementare e l’asilo bilingue costano parecchio proprio perché tutto è fatto in due lingue, quindi i gruppi sono più piccoli. In più la scuola offre molte più attività artistiche e musicali extra rispetto ad istituti più tradizionali. Ecco perché molte famiglie della regione vi mandano i figli, perché semplicemente ha un buon programma.

“Non vogliamo che diventi una scuola privata esclusiva, per questo abbiamo bisogno delle donazioni” spiega il rappresentante palestinese. Per continuare ad operare il villaggio e la scuola hanno bisogno di 2 milioni di dollari all’anno in donazioni: “Nonostante paghiamo le tasse allo stato di Israele, per riparare le strade, o per una nuova fognatura dobbiamo arrangiarci da soli” spiega Daoud Boulos.

Una situazione eccezionale riconosciuta anche dalla città di Basilea che ha accordato a NSWAS lo status di progetto in via di sviluppo, anche se non si trova in un paese povero.


Raffaella Rossello


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