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La tregua è finita per i richiedenti respinti

Le chiese - qui una a Losanna - offrono un rifugio ai richiedenti respinti Keystone

Per i circa 400 richiedenti l'asilo ospitati nel canton Vaud e colpiti da un ordine d'espulsione si avvicina l'ora della verità.

Le autorità cantonali avevano garantito che nessuno di loro sarebbe stato rimpatriato durante le feste natalizie. La resistenza però si organizza.

Dopo un lungo batti e ribatti tra autorità federali e cantonali, la sorte dei circa 400 richiedenti l’asilo ospitati da diversi anni in terra vodese sembra ormai segnata.

A metà dicembre, il Governo vodese aveva deciso di non espellere nessuno durante le feste di Natale.

Il consigliere di Stato vodese Jean-Claude Mermoud, dell’Unione democratica di centro (destra), era comunque stato chiaro: “I richiedenti l’asilo respinti devono andarsene. Possono decidere se farlo beneficiando o meno del previsto aiuto finanziario per il ritorno”.

Un aiuto che finora non ha però convinto quasi nessuno: solo 14 persone ne hanno infatti approfittato per far rientro in patria.

La fine dell'”eccezione vodese”

Per diversi anni, il cantone ha portato in avanti una propria politica in materia d’asilo, tollerando il soggiorno di oltre un migliaio di richiedenti l’asilo respinti dalle autorità federali.

Nell’estate dello scorso anno, l’Ufficio federale dei rifugiati aveva esaminato tutti i casi in questione, regolarizzandone 528. Per altre 523 persone era invece stato deciso l’allontanamento.

Nel frattempo, un nuovo esame ha permesso ad altre 45 persone di legalizzare la loro situazione, mentre 66 sono riuscite a mettersi in regola attraverso altre procedure.

La resistenza si organizza

I provvedimenti d’espulsione hanno suscitato un forte movimento di solidarietà da parte della popolazione del cantone. Diverse associazioni, tra cui Amnesty International, hanno dal canto loro criticato la decisione delle autorità.

Uno slancio di solidarietà comprensibile: le persone colpite dal provvedimento (nella stragrande maggioranza dei casi provenienti dai paesi della ex Iugoslavia) sono ben integrate, vivono da anni in Svizzera e i loro figli sono cresciuti sul territorio elvetico e spesso hanno pochi legami con la loro terra d’origine.

Chi sostiene i richiedenti l’asilo respinti non è rimasto con le mani in mano: domenica, la parrocchia di San Giovanni Battista a Grandson ha messo a disposizione i suoi locali per ospitarli. Due rifugi sono pure stati aperti a Payerne e ad Yverdon. Il conto alla rovescia è incominciato; rimane però ancora la tenue speranza che le autorità facciano marcia indietro.

swissinfo e agenzie

Il Governo vodese aveva inviato alla Confederazione per un nuovo esame i dossier di 1273 persone.
La scorsa estate, 523 persone hanno ricevuto una risposta negativa. 14 sono nel frattempo rientrate nel loro paese. 66 hanno potuto legalizzare la loro situazione attraverso procedure non legate al diritto d’asilo, mentre 45 hanno ricevuto una risposta positiva dopo un secondo esame del loro dossier.

A lungo si è parlato di “eccezione vodese”, per definire la politica portata avanti dal cantone in materia di asilo, che ha tollerato la presenza di richiedenti respinti

La maggior parte di coloro colpiti dal provvedimento proviene dalla Bosnia-Erzegovina o da altri paesi della ex Iugoslavia.

Tra di loro vi sono anche dei sopravvissuti al massacro di Srebrenica, durante la guerra in Bosnia, o donne sole provenienti dal Kosovo.

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