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La violenza minaccia la libertà di stampa in Iraq

Moaud Aziz Gasim Allami (a destra) e Daoud Salman Hamzah Al-Ganabi hanno spiegato come vivono i giornalisti iracheni Keystone

I giornalisti iracheni hanno chiesto al governo elvetico di intervenire per fermare il continuo "massacro" di colleghi da parte di gruppi armati non identificati.

Durante un incontro a Ginevra l’Unione dei giornalisti iracheni ha accusato la comunità internazionale di non fare nulla per proteggere i suoi membri contro il regime di terrore che ha causato centinaia di morti.

Il segretario generale del sindacato, Moaud Allamy, ha affermato che le continue uccisioni di giornalisti in Iraq sta mettendo in pericolo la libertà di stampa nel paese e che almeno il 40% delle 5000 persone attive nel mondo dei media in Iraq sono in pericolo.

“Se la situazione continua a deteriorarsi rimarranno solo i media ufficiali iracheni e quelli protetti dalle forze di coalizione”, ha messo in guardia Allamy, aggiungendo che le Nazioni Unite non hanno fatto nulla per proteggere i giornalisti iracheni e le loro famiglie.

Appello alla Svizzera

“Lanciamo un appello alle autorità elvetiche affinché intervengano presso tutte le agenzie dell’ONU presenti su suolo elvetico affinché si occupino di rinforzare la protezione dei giornalisti”, ha dichiarato Allamy.

Da lunedì a sabato la delegazione, composta da sette giornalisti, incontrerà a Ginevra degli ambasciatori e dei responsabili delle agenzie dell’ONU – fra cui l’Alta commissaria dei diritti dell’uomo Louise Arbour – a cui chiederanno un maggiore sostegno.

I giornalisti iracheni auspicano che il Consiglio dei diritti dell’uomo organizzi una sessione speciale sul problema della protezione dei giornalisti. E questo senza perdere tempo, perché “ogni ritardo rischia di provocare la morte di altri colleghi”.

“Sotto l’ex-dittatore Saddam Hussein non vigeva alcuna libertà di stampa. Dalla fine del suo regime è stata instaurata la libertà, senza però garantire la sicurezza”, ha aggiunto Allamy. “Ci uccidono perché diciamo la verità”.

Terrore continuo

Il membro della delegazione dei giornalisti ricorda che lui e i suoi colleghi vivono nel terrore: “Ogni giorno non sappiamo se potremo tornare a casa”, ha spiegato il redattore capo del giornale Al Sabah (Il mattino) Jihad Aldin Ali Zayer Hussein Al-Hreshawi. “L’accesso alle fonti di informazione è sempre più difficile, perché la nostra libertà di movimento è vieppiù limitata”, ha aggiunto.

Attualmente i giornalisti rapiti e non ancora liberati sono quattordici. Al-Hreshawi ha raccontato di essere stato costretto a vendere la propria casa per pagare il riscatto per la liberazione di suo figlio, dopo tre mesi di negoziati con i suoi rapitori.

Dal canto suo il redattore capo del quotidiano “Al Haqaeq”, Daoud Salman Hamzah Al-Ganabi ha detto che cambia domicilio ogni volta che è minacciato di morte. Suo figlio non frequenta più la scuola dopo essere stato vittima di un tentativo di rapimento.

Allamy ha auspicato che la comunità internazionale, il governo di Baghdad e le forze di coalizione forniscano maggiori garanzie ai media in Iraq. “Le autorità devono aiutarci a ritrovare gli autori dei rapimenti e a perseguire i criminali responsabili di assassini”, ha detto, sottolineando che nel paese l’impunità è totale.

swissinfo e agenzie

Composta da sette persone, la delegazione di giornalisti iracheni presente a Ginevra era invitata dall’associazione umanitaria indipendente “Press emblem campaign”.

L’organizzazione, con sede ha Ginevra, si prefigge di potenziare la protezione legale e la sicurezza dei giornalisti nel mondo.

Martedì a Ginevra si apre una conferenza di due giorni consacrata ai rifugiati iracheni. L’evento è organizzato sotto l’egida dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

La situazione dei rifugiati iracheni è una delle peggiori al mondo. Sempre più persone tentano di lasciare il paese per sfuggire alle continue violenze, agli attentati e ai rapimenti.

È difficile determinare il numero esatto di rifugiati iracheni. L’ONU stima che siano 2 milioni le persone fuggite all’estero e 1,9 milioni i profughi all’interno del paese.

Alla conferenza di Ginevra parteciperanno circa 420 rappresentanti delle autorità di 60 paesi e numerosi membri di organizzazioni umanitarie.

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