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La violenza non riguarda solo i giovani stranieri

Gli esperti lo confermano: la violenza giovanile non è una questione etnica (scena ricostruita) Keystone

La prevenzione della violenza non deve limitarsi soltanto ai giovani e agli immigrati, rileva uno studio realizzato per conto della Commissione federale degli stranieri (CFS).

Gli autori del rapporto chiedono un’azione rapida e pluridimensionale in modo da creare una “cultura del benvenuto”.

“La CFS ritiene che non si debba ‘etnicizzare’ un problema sociale. Occorre diminuire i fattori di rischio e aumentare quelli di protezione”, ha riassunto il presidente della CFS Francis Matthey presentando uno studio del professore di sociologia criminale Manuel Eisner.

Il documento intende dare delle indicazioni per rendere più efficace la prevenzione di atti violenti sulla base di esperienze raccolte all’estero.

Secondo Eisner, la violenza non ha tanto a che fare con il fatto di essere svizzeri o stranieri, ma piuttosto è influenzata dall’ambiente socioeconomico, famigliare e scolastico.

A partire dall’infanzia

Benché gli stranieri incontrino maggiori difficoltà e accedano più difficilmente alle strutture esistenti, lo studio ritiene che non siano necessarie delle misure specifiche nei loro confronti. Al contrario, occorre agire in modo globale il più presto possibile, se necessario sin dalla tenera età, per favorire uno sviluppo sano dei bambini.

Negli anni ’70 un programma di aiuto psicologico e sociale fu lanciato negli Stati Uniti per aiutare le madri nubili svantaggiate. I loro figli hanno potuto beneficiare di relazioni sociali sane, migliorando così le proprie possibilità professionali. La constatazione è stata che per ogni dollaro investito nella campagna, se ne sono risparmiati 15 sul lungo periodo.

Altri aspetti che andrebbero analizzati in profondità sono l’apprendimento delle competenze sociali a partire dall’asilo e la scuola elementare, così come il rapporto dei giovani con i media.

Lo studio cita anche programmi di sostegno per i genitori, nel campo educativo, e un programma di “padrinaggio” all’interno dei quartieri.

Critiche ai centri per giovani

Il rapporto mette in guardia invece contro alcune misure controproducenti, come ad esempio i centri per giovani, ha fatto notare Manuel Eisner facendo allusione agli studi effettuati in Svezia e negli Stati Uniti.

Il rapporto – ha sottolineato Francis Matthey – conforta la CFS nella sua idea secondo cui l’integrazione va considerata in senso lato e che prima di tutto si deve agire sulle condizioni-quadro sociali e culturali. L’obiettivo è di evitare di stigmatizzare i giovani stranieri.

“Bisogna dare loro delle prospettive e creare un sentimento di appartenenza”, ha affermato il neocastellano.

Prospettive e rispetto

La commissione intende inoltre adoperarsi per favorire la cultura della stima e del rispetto, oltre a quella del benvenuto. Aspetti, questi, che rischiano di disgregarsi nei prossimi mesi in occasione delle campagne elettorali sull’inasprimento delle leggi sugli stranieri e sull’asilo, ha messo in guardia Matthey.

Lo studio di Eisner arricchirà le riflessioni della CFS sulle priorità da fissare. Una parte del suo budget di 14 milioni di franchi è dedicato alla prevenzione della violenza. Tuttavia – ha spiegato il suo presidente – la commissione non può più sostenere tutti i progetti, dato che i suoi mezzi non sono estensibili.

Infine, lo studio servirà anche all’Ufficio federale della migrazione (UFM), che in quest’ambito prepara progetti pilota. Il primo dovrebbe essere lanciato in autunno.

swissinfo e agenzie

Secondo l’Ufficio federale della statistica, nel 2003, 13’500 adolescenti sono stati condannati dalla giustizia, 1200 in più rispetto al 1999.

Tra le condanne, il 44% riguardava il furto, il 36% l’uso illegale di droghe, il 13% i delitti violenti e il 7% gli altri delitti.

In Svizzera tra 30 e 40’000 bambini soffrono di una qualche forma di violenza all’interno della famiglia.

La Commissione federale degli stranieri (CFS) è stata istituita nel 1970 come commissione d’esperti del governo ed è direttamente subordinata al Dipartimento federale di giustizia e polizia.

Composta da 30 membri, la commissione extra parlamentare si occupa dei vari aspetti inerenti alla convivenza tra popolazione svizzera e straniera.

Dal 2001 la CFS amministra un credito d’integrazione, per sostenere progetti in collaborazione con l’Ufficio federale della migrazione (UFM).

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