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I sindacati denunciano il dumping salariale

I lavoratori del settore edile sono quelli più a rischio di dumping salariale Keystone Archive

Per i sindacati, l'abolizione dei limiti all'impiego di lavoratori dell'UE genera una pressione al ribasso sui salari. E ora sindacalisti ticinesi vogliono lanciare un referendum contro la libera circolazione di lavoratori dei nuovi stati est-europei.

Il governo ammette che in alcuni cantoni il problema esiste ma nega che sia molto diffuso.

Il 1° giugno gli accordi bilaterali tra Svizzera e Unione europea relativi alla libera circolazione delle persone sono entrati nella seconda fase. Ormai i lavoratori dei vecchi paesi dell’UE possono accedere liberamente al mercato del lavoro svizzero.

Gli accordi danno ai cittadini dei 15 paesi che componevano l’UE prima dell’allargamento il diritto di lavorare in Svizzera senza dover chiedere un permesso di lavoro.

I cittadini dei 10 nuovi Stati che hanno aderito all’Unione il 1° maggio dovranno invece ancora attendere anni prima di avere libero accesso al mercato del lavoro svizzero.

Frattanto, la dirigenza della sezione ticinese del nuovo sindacato Unia ha già dichiarato che farà pressioni per lanciare un referendum contro l’estensione dell’accordo sulla libera circolazione ai nuovi membri dell’UE.

In una dichiarazione pubblicata sulla stampa, il segretario designato della sezione ticinese dell’Unia ha già annunciato che al congresso di fondazione del nuovo sindacato, a metà ottobre, chiederà di sottoporre la questione al voto popolare.

Da tempo i sindacati avvertono che la libera circolazione delle persone, se non accompagnata da particolari misure, rischia di spingere i salari verso il basso, soprattutto nelle regioni di frontiera.

Allarme sindacale

Serge Gaillard, economista capo dell’Unione sindacale svizzera (USS), afferma che il numero di imprese che impiegano dei lavoratori sottocosto è aumentato dopo l’entrata in vigore della seconda fase dell’accordo.

Il problema sarebbe particolarmente sentito nell’edilizia, settore che impiega più del 30% della forza lavoro straniera in Svizzera.

“Molte aziende straniere, soprattutto nell’edilizia e nei settori ad essa connessi, ottengono dei contratti di subappalto da imprese svizzere e operano sul mercato svizzero pagando ai loro impiegati salari inferiori a quelli locali”.

Anche Hans Rudolf Gysin, deputato del Partito liberale radicale (PLR) e direttore della camera di commercio del canton Basilea-Campagna, ammette che per le aziende straniere è diventato più facile lavorare in Svizzera senza informare le autorità.

“I meccanismi di controllo sono insufficienti”, osserva Gysin. “Direi che sul piano del dumping salariale la situazione sta peggiorando. Circa il 20% delle aziende straniere nel canton Basilea-Campagna pratica forme di dumping”.

Stando a Gysin, il peggior caso scoperto a Basilea riguarda un lavoratore che riceveva uno stipendio orario di 15 franchi, il 55% in meno dei 27 franchi previsti dal contratto.

Un fenomeno poco diffuso

Da parte loro, le autorità svizzere affermano che le prove di una pressione verso il basso sui salari sono limitate.

“In alcuni cantoni vi sono dei problemi, ma io credo che sia troppo presto per descrivere la situazione complessiva”, dice Mario Tuor, dell’Ufficio federale dell’immigrazione, dell’integrazione e dell’emigrazione (IMES).

Un rapporto dettagliato sull’impatto dell’accordo sulla libera circolazione delle persone e sull’influsso dei lavoratori stranieri sul mercato del lavoro sarà pubblicato a fine anno.

Dal 1° giugno, il parlamento svizzero ha chiesto ai 26 cantoni di creare delle commissioni allo scopo di monitorare il mercato del lavoro e di intervenire in caso di dumping salariale.

Serge Gaillard osserva però che la maggior parte delle commissioni non sono ancora state istituite e che ancora non sono stati fatti dei controlli approfonditi. “Molti cantoni non hanno ancora avviato i controlli, perché in Svizzera non c’è l’abitudine d’investigare sulle condizioni di lavoro”.

Secondo Gaillard, se le misure attuali contro l’abbassamento dei salari si riveleranno insufficienti, l’unica soluzione sarà quella di introdurre un salario minimo nazionale.

swissinfo, Katalin Fekete
(traduzione: Andrea Tognina)

La seconda fase dell’accordo bilaterale Svizzera-UE sulla libera circolazione delle persone è entrato in vigore il 1° giugno 2004.

I cittadini dei 15 paesi che formavano l’UE prima dell’allargamento possono lavorare in Svizzera senza chiedere un permesso di lavoro.

I sindacati affermano che l’apertura del mercato del lavoro ha innescato fenomeni di dumping salariale, soprattutto nelle regioni di frontiera.

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