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Le trame di un dialogo possibile tra Islam e Occidente

Prove di dialogo tra Islam e Occidente (foto: copertina del libro "Parola di donna, corpo di donna", Shirin Neshat)

Tutta colpa dei media? Non è proprio così. Se è vero che nella formazione dell'opinione pubblica i media hanno un ruolo, i problemi di comunicazione tra Islam e Occidente sono più complessi.

Pregiudizi, ignoranza, semplificazioni caricaturali veicolati e coltivati dai mezzi di comunicazione di massa, falsano la percezione e la comprensione dei “due mondi”. Eppure il dialogo costruttivo è possibile.

Ne sono convinti gli esperti arabi e occidentali dei “due mondi”, che hanno individuato in un’unica via le possibilità di parlarsi e capirsi: l’onestà. L’onestà come condizione etica personale e professionale. L’onestà come punto di partenza di incontro e di confronto.

Il messaggio partito da Lugano, dove nei giorni scorsi si è tenuto il “workshop” organizzato dall’Osservatorio europeo di giornalismo, è anche questo: ripartire dai fondamentali del giornalismo, ossia dalla ricerca come strumento di conoscenza. Spesso fabbricatori di certezze, o presunte tali, i media dovrebbero insomma tornare a porsi più domande e ad essere maggiormente critici.

La criticità, dunque, come possibilità per evitare la trappola infernale degli stereotipi, delle forzature e delle distorsioni che portano ad accostamenti arcinoti e ricorrenti, seppure molto controproducenti nella loro falsità e capacità aggregativa: “gli islamici sono tutti terroristi, gli occidentali sono tutti immorali”.

“Seminare le possibilità di cambiamento”

Giornalista, co-fondatore e condirettore dell’Osservatorio europeo di giornalismo, Marcello Foa è soddisfatto dei risultati ottenuti. “La voglia di comprensione e la possibilità di capirsi – spiega a swissinfo – è concreta e sincera. Ovviamente occorre inserire questa apertura in un contesto più articolato”.

“Se noi vediamo come si comportano le masse – continua l’esperto – siamo innegabilmente confrontati con un sentimento di forte contrapposizione e diffidenza reciproca. Noi occidentali temiamo il terrorismo arabo e l’integrazione degli arabo-musulmani nelle nostre società. Loro ritengono che gli occidentali stiano attaccando il mondo arabo”.

In questo contesto di forte conflitto, ecco che il ruolo degli operatori e degli esperti dell’informazione riveste una grande importanza. “A Lugano da entrambe le parti c’è stata una grande autocritica. E’ per questo che sono fiducioso sulle prospettive di un dialogo costruttivo. Il ruolo delle élite è infatti quello di seminare le possibilità di cambiamento. E quando le élite cominciamo a cambiare, hanno i mezzi per influenzare le masse. E’ da sempre, storicamente, così”.

Il “workshop” ha dimostrato “che le élite possono dialogare, comprendersi e persino simpatizzare, avviando così concrete e dialettiche dinamiche di comprensione reciproca”.

La manipolazione delle masse

Illustrando le prime pagine dei tabloid inglesi, il giornalista Nicholas Jones, già corrispondente per la BBC, ha mostrato come la semplificazione caricaturale dei giornali popolari, quindi a grande diffusione, abbiano un impatto molto forte sull’opinione pubblica per la loro capacità di veicolare e cristallizzare stereotipi insidiosi.

“Questo tipo di informazione – commenta il direttore dell’Osservatorio europeo di giornalismo – danneggia entrambe le parti, sia il mondo islamico e sia il mondo occidentale, anche se i problemi si pongono in modo diverso. Noi abbiamo una stampa popolare politicizzata che va molto sul grezzo, loro una stampa che nei singoli paesi non è libera”.

“Spesso gli argomenti di politica internazionale – precisa Foa – vengono utilizzati dai regimi per distrarre le masse. E’ quindi facile organizzare una manifestazione contro le vignette su Maometto o per contestare le affermazioni del Papa, perché quello è un modo per dare sfogo alla rabbia della gente ed evitare di parlare dei problemi reali di cui soffre quella stessa gente”.

Meccanismi noti, quello delle diversioni, che non sono tuttavia estranei al mondo occidentale. “Questi sistemi favoriscono l’accentuazione delle incomprensioni – annota Foa – ma non sono affatto irreversibili. La volontà e la consapevolezza dell’importanza di calmare gli animi, a Lugano è emersa in modo chiaro”.

L’onestà come valore e come guida

Il cammino verso una migliore comprensione rappresenta comunque una sfida che, al di là delle dichiarazioni di buona volontà, va raccolta ogni giorno, tanto il tema è complesso. I giornali di opinione, proprio perché tali, assumono inevitabilmente precise posizioni che spesso sono lo specchio di un’ideologia politica, di un credo religioso, di un sentimento identitario, di un sistema di valori. Come sciogliere allora il nodo dell’oggettività?

“Su questo punto – sottolinea Marcello Foa – c’è stato un ampio e vivacissimo dibattito interculturale e trasversale, perché definire l’oggettività non è affatto facile. In entrambi i campi sono emerse posizioni incrociate, giacché non esiste una sola definizione di oggettività per gli occidentali e per gli arabi”.

“Il solo modo per risolvere questo dilemma, come suggerito da uno dei partecipanti, è fare appello all’onestà. Io aggiungerei, tendere all’onestà. Se un giornalista – conclude Foa – avesse come ambizione e si ponesse come obiettivo di essere onesto, una buona parte dei problemi si risolverebbe. O, perlomeno, si creerebbero i presupposti per risolverli. Credo che l’onestà sia fondamentalmente un approccio che onora la saggezza”.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Il seminario organizzato recentemente a Lugano dall’Osservatorio europeo di giornalismo (Università della Svizzera italiana) in collaborazione con la scuola di giornalismo MAZ, ha permesso a decine di esperti mondiali (giornalisti, accademici e ricercatori nel campo della comunicazione) di confrontare le rispettive opinioni sul ruolo dei media nei rapporti tra Islam e Occidente.

E’ emerso in modo chiaro che la libertà e l’indipendenza della stampa nei paesi arabi sono solo è molto rara, ma è anche difficile da difendere tanto l’informazione è in mano a grandi gruppi di interesse. Ma è apparso altrettanto evidente che le semplificazioni della stampa popolare occidentale contribuiscono a coltivare i pregiudizi.

Internet, ha spiegato a swissinfo Marcello Foa, è in netta espansione anche nel mondo arabo-musulmano. Rappresenta indubbiamente una risorsa, ma occorre essere molto vigili e molto più smaliziati perché le tecniche di propaganda sono molto sofisticate e viaggiano volentieri sul web.

“Ora più che mai – osserva Foa – chi vuole fare della propaganda sa perfettamente come usare e/o neutralizzare l’influenza di internet. Ciononostante non si può impedire ad un blogger di pubblicare quel che crede. Oggi il blog è diventato uno strumento che offre maggiori possibilità di difesa e di aggiramento della rete che, come noto, non è tutta pulita”.

“Ci sono veri e propri eserciti di blogger reclutati da governi, associazioni o entità che desiderano divulgare e difendere la propria opinione. I blogger monitorano che cosa si muove su internet e organizzano la contro-propaganda. Più forte e potente è il committente, maggiore e più ampia è la possibilità di produrre e diffondere della contro-informazione”.

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