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Madoff: 150 anni di prigione, ma la partita non è chiusa

Keystone

Il finanziere statunitense Bernard Madoff è stato condannato lunedì a 150 anni di prigione, per aver architettato una gigantesca truffa da 65 miliardi di dollari (70 miliardi di franchi).

Il finanziere Bernard Madoff è stato condannato lunedì a New York a 150 anni di carcere dalla corte del distretto federale di Manhattan. Poco prima di conoscere il suo destino, l’uomo si è rivolto alle vittime del disastro finanziario da lui causato: «Non ci sono scuse per il mio comportamento, per aver ingannato gli investitori e i dipendenti».

«Ho mentito a mio fratello e ai miei due figli. Vivo in un stato di tormento. Ho commesso un errore di giudizio», ha aggiunto l’uomo d’affari. Dopo l’annuncio della sentenza da parte del giudice Danny Chin, in aula vi sono stati molti applausi.

Non finisce qui

Il colossale raggiro ha coinvolto grandi istituti finanziari e investitori in tutto il mondo, Svizzera compresa. Il caso però non si chiude con la condanna di Madoff. Le autorità di sorveglianza e la giustizia di molti paesi dovranno adesso valutare se vi siano altri responsabili.

L’ex presidente del Nasdaq era riuscito a convincere il gotha della finanza mondiale ad investire nel suo fondo speculativo, rivelatosi poi una catena di Sant’Antonio. Il rendimento promesso (circa il 10% annuo) rimaneva costante a prescindere dall’andamento del mercato, ma in realtà gli interessi erano versati con il capitale dei nuovi clienti.

La truffa è costata miliardi anche ai clienti delle istituzioni finanziarie svizzere o a chi aveva investito denaro in certi fondi esteri gestiti da alcune banche elvetiche.

Strascichi giudiziari

La Svizzera non è di certo stata il centro finanziario più colpito dal crollo della Bernard Madoff Investement Securities. Tuttavia, alcune banche private, come l’Union Bancaire Privée (UBP), Reichmuth, Banque Bénédict Hentsch and Notz e Stucki & Co, hanno perso somme consistenti.

La vicenda sta infatti avendo strascichi giudiziari anche nella Confederazione. A fine aprile, la magistratura ginevrina ha sequestrato gli averi personali degli amministratori della società Aurelia Finance, basata nella città sulle rive del Lemano. Nei confronti della filiale ginevrina della banca spagnola Santander – la Optimal Investment Services – è invece pendente una denuncia per truffa e falsità in documenti. La società si è detta disposta a rimborsare parte delle perdite subite dai suoi clienti. Altrettanto hanno fatto l’UBP e Notz Stucki.

A scottarsi le dita è stata anche l’UBS, attraverso due fondi d’investimento che gestiva dal Lussemburgo. Dopo la scoperta della truffa, i due fondi sono stati chiusi. La banca svizzera ha però indicato di non aver mai consigliato ai suoi clienti di fare affari con Madoff, ciò che ha provocato le ire di molti di loro, tuttora alla ricerca di un modo per recuperare il denaro perso.

Secondo l’avvocato zurighese Daniel Fischer, specializzato nella finanza, è ora possibile che molte istituzioni, e in alcuni casi privati cittadini, debbano fare i conti con numerose azioni legali avviate in Svizzera o in altri paesi.

“Come è stata possibile una simile truffa, dal momento che giungevano molti segnali in merito all’irregolarità del fondo gestito da Madoff?”, si chiede Fischer. “Se qualcuno non ha voluto considerare le conseguenze perché stava lucrando sull’affare, vi sono gli estremi per parlare di negligenza”.

Autorità di sorveglianza in causa

Fischer sta chiamando a raccolta i clienti con l’obiettivo di presentare un’azione collettiva. La sensazione è però che molti casi saranno regolati al di fuori di una corte di giustizia.

Il caso ha pure sollevato numerosi dubbi sull’efficacia delle autorità di sorveglianza, che apparentemente hanno ignorato molti allarmi sul sistema allestito da Madoff.

L’Unione Europea si è detta intenzionata a rendere più severe le misure che regolano questo tipo di investimenti. Matthaus von Otter, della Swiss Funds Association, ritiene però che una simile misura ostacoli ingiustamente la maggior parte dei fondi speculativi, che non hanno avuto nulla a che vedere con la truffa architettata dal finanziere statunitense.

“Riteniamo che le direttive dell’UE siano completamente protezionistiche e costituiscano una minaccia al modello d’affari”, dichiara Fischer. “In Svizzera non sono necessari ulteriori interventi in materia di regolazione , poiché gli investimenti collettivi sono già controllati bene”.

“Subodorato il tranello”

L’Associazione svizzera delle banche sottolinea da parte sua che la maggior parte degli istituti non sono rimasti coinvolti nello scandalo Madoff. Alcuni, come ad esempio il Credit Suisse, hanno incoraggiato i loro clienti a ritirare il denaro investito in un sistema sospetto.

“È vero che un paio di banche sono rimaste coinvolte nella frode, spiega il portavoce dell’associazione James Nason. La stragrande maggioranza però ha subodorato il tranello prima, non trovando spiegazioni razionali su come il fondo di Madoff potesse generare interessi così regolari e consistenti”.

Matthew Allen, swissinfo.ch

Nato il 29 aprile 1938, Bernard Madoff ha fondato la sua società, la Bernard Madoff Investment Securities, nel 1960. Ha iniziato ad applicare lo schema di Ponzi (o catena di Sant’Antonio) negli anni ’90.

Fino alla scoperta della truffa, nel dicembre del 2008, Madoff è riuscito ad attirare capitali per una somma di circa 65 miliardi di dollari. I suoi clienti erano soprattutto grandi istituti finanziari, nonché importanti personaggi del mondo degli affari e dello spettacolo.

Molte istituzioni finanziarie avevano suonato il campanello d’allarme. Le autorità di sorveglianza in seguito hanno ammesso di non aver investigato abbastanza.

Bernard Madoff è stato arrestato il 10 dicembre 2008 dagli agenti federali statunitensi. In marzo il finanziere si è dichiarato colpevole di tutti e undici i capi di imputazione, tra cui quelli di frode, riciclaggio di denaro, spergiuro e falsa testimonianza.

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