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Nella scuola per la pace, arabi ed ebrei mano nella mano

La scuola "Mano nella mano" comprende un'ala svizzera: 26 classi decorate con le bandiere dei cantoni

Nel cuore di Gerusalemme, tra il quartiere ebraico di Patt e quello arabo di Beit Safafa, una scuola bilingue sta cementando le proprie fondamenta, anche grazie a finanziamenti elvetici.

Fondata dall’organizzazione “Yad b’Yad” (Mano nella mano), che si prefigge di promuovere la coesistenza tra i due popoli, questa istituzione unica a Gerusalemme, è in realtà una scuola di pace.

Il nuovo complesso dell’edificio scolastico, è stato inaugurato lo scorso 21 ottobre alla presenza di Walter Fust, capo della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), e da François Chappuis, ambasciatore svizzero in Israele.

I cinquemila metri quadri dei nuovi stabili, strutture moderne collocate al centro di ampi spazi arieggiati, non sono ancora accessibili per motivi di carattere tecnico. Insegnanti ed allievi dovrebbero però occupare i nuovi spazi prima della fine dell’anno.

Il terreno su cui sorge la scuola è stato offerto dalla municipalità di Gerusalemme e la costruzione dell’edificio è stata principalmente finanziata con donazioni internazionali. La Svizzera, attraverso la DSC, ha partecipato al progetto mettendo a disposizione tre milioni di franchi.

Anche diversi cantoni – tra cui Basilea, San Gallo, Zurigo, Sciaffusa e Grigioni – hanno voluto assicurare il loro sostegno con una somma complessiva di 235 mila franchi. Altri contributi sono stati assicurati da fondazioni e da alcune aziende, come la multinazionale Novartis.

La speranza di una coesistenza multiculturale

La scuola, che da otto anni impartisce le lezioni in arabo e in ebraico, è situata tra il quartiere ebraico di Patt e quello arabo di Beit Safafa. La conduzione è assicurata congiuntamente da un direttore arabo e da una direttrice israeliana e i professori provengono dalle due comunità.

“Lo scopo – spiega Ala Khatib, direttore arabo della scuola – è di permettere ai bambini di scoprire reciprocamente la cultura e la storia dell’altro, senza tralasciare il consolidamento della propria identità religiosa e culturale”.

“Vogliamo costruire una speranza di coesistenza multiculturale, uno specchio delle diversità religiose e sociali di Gerusalemme. Sono molto dispiaciuta – aggiunge la direttrice israeliana Dalia Peretz – nel vedere la separazione tra i bambini israeliani e arabi”. Nel paese, infatti, ogni comunità fa capo ad una propria rete di strutture scolastiche.

“La nostra scuola – sottolinea Dalia Peretz – si situa in una dimensione di radicale rottura rispetto a quanto succede altrove. Nella nostra scuola bambini arabi ed ebrei studiano insieme, seduti agli stessi banchi, dalla scuola materna fino al liceo”.

Le due culture sullo stesso piano

“Il nostro obiettivo – spiega ancora la direttrice – è di collocare su un piano di uguaglianza le due culture araba e ebraica. Ecco perché impartiamo le lezioni nelle due lingue, favorendo così il bilinguismo tra i ragazzi”. “Sugli attuali quattrocento allievi – precisa Ala Khatib – duecento sono arabi. La maggioranza di loro vengono dal vicino quartiere di Beit Safafa, ma alcuni provengono anche da Gerusalemme Est”.

Ma per un genitore palestinese, qual è l’interesse di iscrivere i propri figli in questa scuola? “Queste famiglie arabe – commenta Khatib – credono nella coesistenza pacifica. Ogni genitore che iscrive il proprio figlio e la propria figlia nella nostra scuola, sa perfettamente a che cosa va incontro. In primo luogo deve accettare la visione pacifica e multiculturale della scuola”.

Analoga riflessione per le famiglie ebraiche: “Penso che questi genitori – evidenzia Dalia Peretz – vedano nel nostro istituto un’opportunità per educare i loro figli in maniera diversa e, soprattutto, in un ambiente di tolleranza e di rispetto reciproco. Questa scuola rappresenta un’occasione per imparare a convivere tra persone di religioni e culture diverse. Gode inoltre di un’ottima reputazione, un argomento che non lascia le famiglie indifferenti”.

Imparare a vivere insieme

“Non si tratta unicamente di una scuola bilingue – precisa a sua volta Ala Khatib – ma di un luogo dove si insegna a vivere insieme, a ricevere un’educazione parallela, sviluppare delle relazioni extra scolastiche. Commemoriamo tutte le feste religiose – musulmane, ebraiche e cristiane – e condividiamo le letture dei testi sacri di queste tre grandi religioni monoteiste”.

Ma è possibile lasciare sulla soglia della scuola i conflitti politici? O, al contrario, le tensioni del mondo esterno si riflettono nella vita quotidiana degli allievi? Ala Khatib risponde senza esitazione: “Vogliamo che si esprimano liberamente, che non nascondano i loro i sentimenti. Vogliamo che discutano tra di loro”.

“Direi di più. Se tra allievi arabi ed ebrei non ci fossero dei conflitti – aggiunge Khatib – significherebbe che nella nostra scuola c’è qualcosa che non gira nel verso giusto. Il conflitto israelo-palestinese è una realtà, ma nella nostra scuola noi dimostriamo quotidianamente che è possibile andare d’accordo malgrado le divergenze”.

Un esempio per gli altri

“Con la loro tradizione multiculturale – insiste Ala Khatib – gli svizzeri sono in grado di meglio comprendere l’importanza di questa esperienza”. Gli fa eco Dalia Peretz: “Il popolo svizzero può sicuramente capire l’utilità di realizzare nella nostra terra, strutture destinate a favorire la coesistenza tra bambini arabi ed ebrei. Come noi, gli svizzeri vedono in queste iniziative un mezzo per sperare nell’avvenire”.

Un sentimento condiviso da Irene Pollak, una svizzera originaria di Zurigo, che dirige il dipartimento dei paesi di lingua tedesca presso la Fondazione di Gerusalemme. Pollak desidera inoltre sottolineare che la generosità della DSC è servita da esempio ad altri agenzie di aiuto allo sviluppo.

L’aiuto della DSC, infatti, ha avuto un tale impatto che altri paesi europei – come Germania, Austria e Liechtenstein – hanno deciso di fare parte dei paesi donatori.

swissinfo, Simon Léger, Gerusalemme
(traduzione e adattamento dal francese Françoise Gehring)

La scuola arabo-giudaica di Gerusalemme ha indicato la via: tre altre scuole simili hanno visto la luce in Israele.

L’ultima nata è quella di Beer Sheba (capitale del Negev). Secondo Ala Khatib, la nuova struttura scolastica accoglie attualmente mille bambini e entro cinque anni potrebbe ospitarne cinquemila.

Iniziato come un esperimento rivoluzionario in un’aula di scuola della Galilea, il centro di istruzione ebraico-arabo “Mano nella mano” è stato fondato nel 1997.

Promuove un nuovo modello didattico d’istruzione bilingue e multiculturale, nel quale bambini ebrei ed arabi possono studiare assieme, alla pari, nelle stesse classi.

Il compito del centro è quello di creare e promuovere scuole integrate ebraico-arabe in tutto il paese, creando un nuovo modello di educazione alla pace ed una partnership tra bambini, insegnanti, genitori, e la comunità allargata, e promuovendo infine un cambiamento sociale a livello nazionale.

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