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Nessuna rivoluzione a Palazzo federale

I cambiamenti più importanti non avvengono sotto, ma sopra la cupola di Palazzo federale Keystone

Le elezioni federali di domenica scorsa, sostengono i politologi, non comporteranno grandi cambiamenti per la politica svizzera, segnatamente a livello di governo.

Appare comunque fondamentale il mantenimento dell’attuale sistema di concordanza tra i partiti.

Dalle considerazioni dei politologi risulta in primo luogo che l’equilibrio in seno al Parlamento non è mutato. Quest’ultimo, infatti, rimane come da tradizione orientato decisamente verso destra.

La ripartizione delle forze politiche non risente dunque della perdita di voti della destra tradizionale a beneficio di quella nazional-conservatrice, o del calo di consensi dei socialisti nei confronti dei Verdi.

«Le relazioni tra sinistra e destra sono rimaste sostanzialmente stabili», commenta Hans Hirter, politologo all’Università di Berna. «La sinistra ha sì subito una certa perdita, ma – dal momento che non è comunque in grado di assicurarsi la maggioranza in parlamento – resta dipendente dalle alleanze esattamente come prima».

Necessità d’intesa

Questa necessità di stringere delle alleanze non vale d’altronde soltanto per la sinistra. Persino l’Unione democratica di centro (UDC), che ha ottenuto domenica il 29% dei consensi, non è abbastanza forte per imporre da sola la propria visione politica.

«Al giorno d’oggi è più difficile trovare dei compromessi rispetto al passato, ma questa esigenza resta irrinunciabile e i principali partiti devono agire di conseguenza», commenta Yannis Papadopoulos, professore di politica svizzera all’Università di Losanna.

Tale sistema di alleanze favorisce soprattutto il centro-destra dello scacchiere politico, che può tessere legami sia con la destra nazionalista, sia con la sinistra. In quest’ottica, le perdite patite domenica dal Partito liberale radicale (PLR) non sono troppo gravi.

«Il sistema elvetico non permette di trasformare le vittorie elettorali in aumenti dell’influenza politica. Anche i perdenti alle elezioni riescono a conservare una posizione solida, in special modo i partiti di centro che restano di fondamentale importanza per legiferare», afferma Papadopoulos. «Sono quindi convinto che il centro-destra manterrà il suo ruolo strategico».

A suo parere, «non vi saranno grandi cambiamenti nel corso della prossima legislatura, bensì continuità. L’attuale sistema a geometria variabile – tutta la destra contro la sinistra o, più raramente, la destra e il centro contro l’UDC – resterà tale».

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Soltanto retorica

L’altro grande interrogativo post-elettorale concerne l’impatto dei risultati sulla struttura attuale del governo. Anche a questo proposito, tuttavia, i politologi non si attendono particolari cambiamenti.

«Non penso che la composizione dell’esecutivo muterà», dichiara Hans Hirter. «L’UDC non ha motivo di aumentare la propria rappresentazione in Consiglio federale, dal momento che i due seggi attuali corrispondono già alla sua forza elettorale. Inoltre i democentristi non hanno nemmeno chiesto l’esclusione del Partito socialista dopo lo scrutinio».

Secondo Hirter, i vari dibattiti durante la campagna elettorale sulla possibile esclusione dal governo del ministro UDC Christoph Blocher o dei socialisti sono semplice retorica: «L’UDC ha fatto quello che è normale all’estero, ma non in Svizzera, cioè difendere il suo rappresentante in seno all’esecutivo. Questo gli ha permesso di guadagnare ancora qualche voto».

Nessuna fusione al centro

L’unico cambiamento che potrebbe verificarsi in seno all’esecutivo concerne i partiti di centro-destra. I politologi pensano infatti che il Partito popolare democratico (PPD) potrebbe voler rivendicare il secondo seggio, strappatogli nel 2003 dall’UDC. E di tale manovra farebbe le spese il PLR, attualmente l’anello debole della coalizione di governo.

Ciononostante, la situazione è tutt’altro che decisa. Infatti, per riottenere il secondo seggio, il PPD dovrebbe assicurarsi i favori della sinistra o dell’UDC. Questi due scenari, però, non gli permetterebbero di godere di ampio sostegno in seno al parlamento, ragion per cui la questione è ancora incerta. Una soluzione potrebbe essere quella di riunire PLR e PPD in un grande partito di centro: un’idea che è regolarmente evocata da diversi anni.

Hans Hirter, dal canto suo, ritiene questa eventualità assai improbabile: «Non ci sarà nessuna fusione. Da un lato poiché in Svizzera non vi è alcun vantaggio pratico a essere il partito più forte: l’UDC, per esempio, pur essendo il più importante a livello numerico, resta minoritario su diverse questioni. Dall’altro, poiché nei cantoni continua a sussistere una forte opposizione tra PLR e PPD».

swissinfo, Olivier Pauchard
(traduzione e adattamento, Andrea Clementi)

I Verdi hanno ribadito lunedì la loro intenzione di voler estromettere l’Unione democratica di centro dal governo.

La questione, dicono gli ecologisti, sarà discussa con socialisti, popolari democratici e liberali radicali.

L’UDC ha dal canto suo avvertito che in caso di non rielezione dei suoi due ministri (Samuel Schmid e Christoph Blocher) passerà all’opposizione.

Domenica, gli stranieri residenti in Svizzera hanno potuto «far finta di votare», esprimendo le loro preferenze online.

In 7000 si sono iscritti nell’ufficio elettorale virtuale aperto sul sito internet «j’y vis-j’vote.ch» («ci vivo, ci voto»).

Risultati:

PS: 32,3%
Verdi: 28,3%
PLR: 15,1%
PPD: 9,8%
Altri: 7,5%
UDC: 7%

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