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Opinioni divergenti sul libero scambio di dati

Flusso di informazioni senza frontiere: l'UE confrontata al problema della protezione dei dati Keystone Archive

La Commissione europea esige il libero accesso alle banche dati delle polizie d'Europa. Per Schengen e la Svizzera tuttavia, questa regola non vale.

Per alcuni Paesi dello spazio di Schengen, estendere questa regola all’interno delle loro frontiere significa andare troppo lontano. Mercoledì hanno quindi discusso su un compromesso meno restrittivo.

All’interno dell’Unione Europea (UE), i corpi di polizia devo scambiarsi i dati che hanno a disposizione in modo veloce e senza creare complicazioni. È quanto ha chiesto mercoledì il commissario della giustizia dell’UE, Franco Frattini: «Il semplice fatto che delle informazioni rilevanti dal punto di vista penale oltrepassino la frontiera, non dovrà più avere alcuna conseguenza in futuro».

La Commissione vuole rendere possibile il libero flusso di questo tipo di dati da uno Stato all’altro attraverso una decisione, che i Paesi membri devono ancora adottare. Se lo faranno, i corpi di polizia dovranno mettere a disposizione in modo molto ampio i loro schedari ai colleghi degli altri Stati UE, così come all’Europol: solo in casi rari potranno infatti avvalersi della facoltà di non rispondere.

Tale proposta apre il delicato dibattito della protezione dei dati. Un problema che non tocca per il momento la Svizzera, visto che la regola non potrà essere applicata allo spazio di Schengen.

Proposte restrittive

Tuttavia, anche per i Paesi che hanno firmato il trattato di Schengen è attualmente pendente un’iniziativa del governo svedese sul tema. La proposta iniziale prevedeva l’obbligo di uno scambio veloce di praticamente tutte le informazioni a disposizione dei differenti corpi di polizia dei Paesi che hanno firmato il trattato. E questo su semplice domanda e senza richiesta rogatoria.

Per la Svizzera ed altri Stati però, una simile regola va troppo lontano. Mercoledì, i ministri dell’interno dei Paesi dello spazio di Schengen hanno discusso a Lussemburgo la contestata iniziativa ed hanno deciso di renderla meno restrittiva.

Secondo il capo della delegazione elvetica, nonché ambasciatore presso l’UE, Bernhard Marfurt, si disegna un accordo su un compromesso proposto dalla presidenza inglese.

Compromesso britannico

La soluzione britannica permette una maggiore flessibilità: gli Stati che hanno firmato il trattato di Schengen saranno obbligati a fornire le informazioni che hanno a disposizione solo nella misura in cui la legislazione finora vigente glielo permette.

La polizia svizzera, ad esempio, non potrà trasmettere le informazioni avute nell’ambito di un interrogatorio o di una perquisizione. Simili indicazioni infatti, faticano a varcare persino le frontiere cantonali: solitamente ciò è possibile solo su richiesta di un giudice istruttore.

Per i corpi di polizia non è attualmente un problema fornire dati quali il numero di telefono o informazioni sui detentori di autoveicoli ai colleghi stranieri. «Se anche altri Paesi decidessero di adottare questa regola, ciò faciliterebbe la collaborazione reciproca», ha affermato la vicedirettrice dell’Ufficio federale di giustizia, Monique Jametti Greiner.

Roland Krimm, delegato dei Cantoni a Bruxelles, si dichiara molto soddisfatto del risultato: «È una dimostrazione del fatto che se la Svizzera adotta posizioni chiare e fondate nelle discussioni con gli altri membri dello spazio di Schengen può ottenere molto».

swissinfo, Simon Thönen, Lussemburgo
Traduzione, Anna Passera

L’UE intende facilitare lo scambio di informazioni fra i corpi di polizia dei differenti Stati membri.

Al contempo, per controbilanciare queste misure, la Commissione europea ha proposto una migliore protezione dei dati all’interno dello spazio di Schengen.

Secondo le nuove normative, è generalmente proibito raccogliere dati su opinioni politiche o sull’appartenenza religiosa.

Sono tuttavia possibili alcune eccezioni se giustificate dalla lotta contro il crimine.

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