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Pasticche thai: l’effimera e pericolosa felicità chimica

Sono quasi mezzo milione le pasticche thai confiscate Keystone

E' stato un colpo basso ai cultori della "stupefacente" felicità chimica la recente operazione di polizia che ha tolto dal mercato europeo 450mila "sogni artificiali" sotto forma di pastiglia. Si chiama "thai" lo stimolante che supera in potenza l'anfetamina.

L’identikit

Meno care e più forti dell’ecstasy, le pillole “thai” vengono prodotte nel sud-est asiatico. In Thailandia sono conosciute col nome di “Yaba”, la droga che fa impazzire: diverse le testimonianze di ragazzi che, dopo l’uso, “danno fuori” e si flagellano con bottiglie rotte, hanno allucinazioni, si strappano i capelli, aggrediscono. La pastiglia porta generalmente incise le lettere “WY” e sa innocuamente di vaniglia; una thai garantisce almeno 8 ore di euforia, aggressività, maggiore sicurezza, instancabile energia. Il suo segreto? Essere un derivato dell’anfetamina, potente eccitante. “Non è una sostanza nuova dal momento che anche Hitler usava darne ai suoi soldati”, ha precisato all’ats Laurent Mediani dell’Ufficio federale di sanità pubblica. Fino a qualche decennio fa si usava come medicinale contro la fatica. “La variabile thai però risulta essere più potente dell’anfetamina stessa; può provocare danni ai vasi sanguigni e a diversi organi, in particolare cuore e cervello, simili a quelli causati dal crack”. Il rischio di assuefazione è paragonabile a quello della cocaina.

Le droghe sintetiche: il parere farmacologico

“Thai ed ecstasy: la categoria del prodotto è comunque la stessa, sono pericolosi stimolanti che agiscono a livello fisico e neurologico. Andrebbero evitati in tutti i casi”, spiega a swissinfo Christian Robert, farmacista cantonale del Cantone Ginevra. “A livello fisico l’assunzione di queste sostanze aumenta il ritmo cardiaco, che stimola di conseguenza tutte le funzioni del corpo. In più, essendo sostanze psicotrope, agiscono anche sul sistema nervoso, rendendo molto vigili e svegli”. Gli effetti fanno di queste sostanze il compendio ideale di estenuanti maratone musicali nei fine settimana, lo stimolante ad hoc per quegli adolescenti o quei ragazzi che fanno uso di eccitanti per reggere, ad esempio, ore ed ore di ballo sfrenato; il delirio da onnipotenza è la parte “bella” dell’accattivante favola chimica.

Il risvolto della medaglia

Il rischio è che il benessere immediato costi molto più delle poche decine di franchi a pastiglia, e non solo in termini monetari. Prendersi una pastiglia, o due, quattro – a dipendenza dal numero di ore durante le quali si chiede il massimo al proprio fisico – può generare già nel giro di poco tempo scompensi cardiaci. O portare al coma. A lungo termine invece queste sostanze danno dipendenza, fisica e psichica. Una volta che si è comunque deciso di fare ricorso a sostanze illegali, proibite, pericolose per la salute anchè perché spesso non si sa cosa contengano realmente le pastiglie, poco importa se si assume thai piuttosto che ecstasy. Praticamente cambia la rapidità con cui ci si può far male, e il pericolo è alto in ogni caso. “Quello che fa la differenza tra una sostanza e l’altra è il dosaggio e i miscugli tra diverse pastiglie o tra pastiglie e alcool”, prosegue Christian Robert. “Il mix di sostanze psicotrope quali le pillole thai o l’ecstasy è pericolosissimo perchè non si riescono a controllarne gli effetti”. In più, il loro abuso aumenta l’irritabilità, da allucinazioni, rende violenti. “E’ estremamente difficile, a livello medico, aiutare chi si sente male dopo aver assunto diverse sostanze assieme: i medici si trovano tra le mani una persona in coma senza sapere esattamente cosa ha mandato giù. Capire le misure da prendere, somministrare gli antidoti è tanto delicato quanto urgente per i dottori al pronto intervento”.

Si chiede sempre più aiuto in campo psichiatrico

In Svizzera le autorità sanitarie non dispongono ancora di cifre precise sulla droga thai. Basandosi sui danni da ecstasy, i casi più eclatanti riguardano l’Europa. In Italia, ad esempio, negli ultimi anni si sono verificati – pur se in numero limitato – ricoveri e decessi. Interpellato, il servizio emergenze dell’Ospedale Civico di Lugano ricorda un solo caso grave in 4 anni di abuso di droghe sintetiche. Il paziente si è salvato. Quello che fatica ad emergere e ad accattivarsi i titoli dei media è il crescente ricorso, da parte dei giovani, a strutture psichiatriche in seguito all’uso regolare di droghe sintetiche. Lo testimonia Patrizio Broggi, vent’anni di esperienza in campo sociale per quanto riguarda le dipendenze: “So ad esempio che l’Ospedale Neuropsichiatrico di Mendrisio è confrontato ad un numero crescente di giovani che presentano disturbi psichici. Soffrono di allucinazioni, sentono le voci, vanno in paranoia, in depressione. I genitori si accorgono che qualcosa non va perché il cambiamento comportamentale è grande”. Si tratta di ragazzi confrontati agli effetti su lunga scala delle droghe sintetiche come l’ecstasy o la thai. “Quando parliamo di dipendenza, alcuni di loro dicono di farne uso solo durante il fine settimana. Tuttavia un giovane, che aveva provato a non prendere pasticche, ha ammesso di averne sentito il bisogno e di aver ceduto”. Se a questo livello la dipendenza è psicologica, bisogna stare attenti anche a quella fisica e al tunnel dove conduce. Conclude Patrizio Broggi: “queste droghe eccitanti portano all’insonnia cronica, all’iperattività: per calmarsi si devono assumere altre sostanze. La droga regina, il calmante per eccellenza è l’eroina. Nella storia di molti eroinomani si scopre, all’inizio, l’ecstasy”.

Maggiore prevenzione

Spesso quando le autorità avvertono della pericolosità di una sostanza, come è il caso delle pasticche thai, la stessa è già radicata negli usi e consumi. “La prevenzione è importantissima”, spiega un pedagogo ticinese che preferisce l’anonimato. A contatto con pre-adolescenti problematici, vede con chiarezza le cause che possono portare un giovane all’uso di sostanze “di fuga”. “Fumo, alcool, droghe: spesso si parla di mode e di dinamiche di gruppo. Ma bisogna andare oltre ed arrivare al concetto di benessere: si assumono le sostanze più disparate per stare bene. Il problema quindi è la visione distorta del benessere. L’uso di queste sostanze colma genericamente un vuoto. Le famiglie, i docenti se ne devono accorgere e correre ai ripari, prestando innanzitutto attenzione e restituendo alla parola benessere, stare bene con se stessi e con gli altri, il giusto significato”.

Maddalena Guareschi

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