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Il popolo non deve esprimersi su tutto

La Camera del popolo paventa un'inflazione di votazioni se fosse accettata l'iniziativa "Accordi internazionali: decida il popolo!" Keystone

La Camera bassa del parlamento ha bocciato mercoledì un'iniziativa popolare che chiede più voce in capitolo per il popolo sui trattati internazionali. Ha però accettato un controprogetto che accresce leggermente i diritti popolari in questo campo.

Già oggi, popolo e cantoni sono chiamati a pronunciarsi su accordi internazionali. Ma il referendum è obbligatorio solo per determinati accordi, ossia quelli riguardanti l’adesione a organizzazioni di sicurezza collettiva (come la NATO) o le comunità sovranazionali (come l’Unione europea).

Nell’iniziativa popolare denominata “Accordi internazionali: decida il popolo!”, l’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI) domanda l’estensione dell’obbligo.

Secondo il testo, popolo e cantoni dovrebbero essere consultati per qualsiasi trattato che costringe la Svizzera a modificare disposizioni di diritto in settori importanti, delega competenze giurisdizionali in settori importanti a istituzioni estere o internazionali, o comporta spese supplementari uniche di oltre un miliardo di franchi o ricorrenti di oltre 100 milioni.

Sostegno della destra conservatrice

Alla Camera del popolo, la proposta dell’ASNI ha raccolto solo i favori della destra conservatrice. Così, nel corso di un dibattito fiume – durato 4 ore e mezzo – i deputati dell’Unione democratica di centro (UDC) si sono succeduti sul podio per difendere il progetto.

La destra conservatrice rileva che i trattati internazionali sono sempre più numerosi – il governo ne conclude circa uno al giorno! – e che spesso influenzano direttamente la vita dei cittadini. In tale contesto, conviene dunque che il popolo dica la sua.

“Tutti i popoli del mondo sognerebbero di avere dei mezzi di pressione politici per frenare un po’ i brutali venti della globalizzazione economica usciti dal vaso di Pandora del diritto internazionale economico”, ha per esempio affermato Yves Nidegger.

Il deputato ginevrino ha quindi aggiunto: “Nello stesso momento in cui i nostri vicini europei ci guardano con invidia, constatando che votiamo su ogni sorta di temi sui quali loro sono privi di mezzi di espressione, le nostre elite sembrano stanche di vivere con questa tradizione che, è vero, entra in conflitto con la gerarchia del diritto e il principio del primato assoluto del diritto internazionale”.

La democrazia uccide la democrazia

I rappresentanti delle cosiddette “elite”, vale a dire gli eletti di praticamente tutti gli altri partiti, non sono stati minimamente convinti dalla retorica dell’UDC. Deputati sia di destra che di sinistra hanno replicato stilando un lungo elenco di difetti che, a loro avviso, presenta l’iniziativa.

In particolare, secondo gli oppositori il testo dell’ASNI è troppo vago. Numerosi deputati si sono chiesti cosa sono questi “settori importanti” per i quali gli autori dell’iniziativa esigono il referendum obbligatorio.

Ma soprattutto, se applicata, questa iniziativa comporterebbe una proliferazione di votazioni popolari. Ciò che ridurrebbe la flessibilità del governo e minerebbe la credibilità della Svizzera a livello internazionale, hanno pronosticato alcuni oratori. “Non si può bloccare ogni banale trattativa a causa di una eventuale votazione”, ha per esempio sottolineato la popolare democratica Esther Egger.

Questa proliferazione di scrutini finirebbe per stancare il popolo stesso. Ciò rischierebbe di abbassare ulteriormente un tasso di partecipazione già relativamente basso, hanno previsto dei deputati. E il socialista giurassi ano Jean-Claude Rennwald ha concluso: “A destra è stato detto che troppe tasse uccidono le tasse. Ebbene, io dico, parafrasando, che troppo pseudo democrazia uccide la democrazia!”

Controprogetto diretto

Prendendo la parola davanti ai deputati, la ministra della giustizia Simonetta Sommaruga ha riconosciuto che il fatto di non sottoporre a votazione federale alcuni trattati internazionali possa causare un certo disagio tra il popolo. Per questo motivo il governo ha elaborato un controprogetto diretto all’iniziativa dell’ASNI.

Il testo prevede di sottoporre a referendum obbligatorio i trattati di rilevanza costituzionale che attribuiscono alla Confederazione delle competenze fino a quel momento appartenenti ai Cantoni, così come dei trattati che estendono l’elenco dei diritti fondamentali iscritti nella Costituzione.

Gli altri trattati – riguardanti l’adesione a un’organizzazione internazionale o che richiedono l’adozione di nuove leggi – resterebbero soggetti a referendum facoltativo, come ora.

Solo l’UDC non è stata convinta dalla proposta governativa, che ha definito “cosmetica” e “confusa”. Ma essendosi ritrova praticamente sola contro tutti gli altri partiti, la destra conservatrice non ha determinato l’esito del voto. Alla fine, la Camera bassa ha chiaramente respinto l’iniziativa dell’ASNI e accettato il controprogetto del governo.

La palla passa ora nel campo della Camera dei cantoni, che si pronuncerà nella sessione estiva.

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Dopo la vittoria nella votazione popolare del 16 marzo 1986, il Comitato d’azione contro l’adesione della Svizzera all’ONU decide di trasformarsi in un’associazione che vigila costantemente sulla politica estera elvetica e cerca di influenzarla in modo da preservare l’indipendenza, la neutralità e la sicurezza della Confederazione.

È così che il 19 giugno 1986 viene costituita l’ASNI. Principale ideatore è l’allora deputato nazionale UDC Christoph Blocher. Lo zurighese presiederà l’ASNI fino al dicembre 2003, data alla quale è eletto al governo federale.

L’associazione si fa conoscere dal grande pubblico soprattutto nel 1992 quando si batte con successo contro l’adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo.

Finora l’ASNI ha condotto numerose campagne e ha lanciato diversi referendum. Questa è però la prima volta che lancia un’iniziativa popolare.

L’ASNI si definisce apartitica, anche se quasi tutti i suoi dirigenti sono esponenti dell’UDC.

Il Consiglio nazionale (Camera bassa) mercoledì ha d’altra parte rifiutato di dar seguito a un’iniziativa parlamentare della liberale radicale (destra) vodese Isabelle Moret, che chiedeva di far verificare da un’istanza giudiziaria la validità delle iniziative popolari, prima di iniziare la raccolta delle firme.

In tal modo si eviterebbe che i cittadini firmino un’iniziativa che verrebbe poi invalidata e si impedirebbe che le Camere siano messe sotto pressione una volta raccolte le firme.

Ma maggioranza dei deputati non ha voluto cedere questa competenza alla giustizia. Con 101 voti contro 47, la proposta è stata affossata.

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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