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Stop ai minareti: segnale contro l’espansione dell’islam

Le urne sono un ostacolo difficile da superare per le richieste dei musulmani in Svizzera (Keystone) Keystone

Vietando la costruzione di nuovi minareti, i votanti volevano lanciare un segnale contro l'espansione dell'islam in Svizzera. Il voto non era però rivolto in modo generalizzato contro i musulmani o gli stranieri.

Una xenofobia degli svizzeri non spiega l’esito della votazione federale dello scorso 29 novembre, indica l’analisi VOX dello scrutinio, illustrata lunedì in una conferenza stampa a Berna. Anche il 40% di coloro che sostengono le pari opportunità fra svizzeri e stranieri ha votato sì all’iniziativa popolare “Contro l’edificazione di minareti”.

“Per molti votanti non si trattava di una decisione contro i musulmani in Svizzera”, ha spiegato il politologo Hans Hirter, dell’università di Berna. Benché il 57% dei votanti si sia espresso contro la costruzione di nuovi minareti, dall’inchiesta VOX è emerso che circa i due terzi degli aventi diritto di voto giudica compatibili i modi di vita svizzeri e musulmani.

Simbolo di un dominio dell’islam

Un atteggiamento che a prima vista appare contradditorio, ma che diventa più chiaro quando coloro che hanno messo un sì nell’urna motivano la loro decisione. “Il minareto è un simbolo di dominio dell’islam”: con una proporzione del 24%, questo argomento è di lunga il più citato. Per i sostenitori dell’iniziativa, si trattava perciò di dare un segnale simbolico contro l’espansione dell’islam in Svizzera. Un approfondimento dell’analisi ha inoltre evidenziato che anche fra le persone che hanno votato contro l’iniziativa c’è chi condivide questa opinione.

Interessante è poi il quadro che si disegna per l’argomento secondo cui il bando dei minareti viola i diritti umani. Spesso evocato nella campagna contro l’iniziativa, questo argomento non fa invece presa sull’elettorato, nemmeno fra coloro che hanno votato no. “Con l’argomento dei diritti umani non si può vincere alcuna votazione”, constata Hirter.

Le fatiche delle minoranze

Dopo il risultato scaturito dalle urne il 29 novembre, la Svizzera è stata aspramente criticata all’estero. Da più parti è in particolare stato osservato che i diritti delle minoranze non sono idonei per le votazioni popolari.

La democrazia diretta non è una tirannide generalizzata della maggioranza, ha obiettato il professor Adrian Vatter. Una recente ricerca, che ha esaminato circa 300 votazioni nazionali e federali su questioni inerenti alle minoranze degli ultimi 50 anni, ha però mostrato che le rivendicazioni delle minoranze straniere e religiose incontrano grosse difficoltà: sono bocciate più spesso di quelle di tutti gli altri gruppi minoritari. In quest’ottica, i musulmani sono doppiamente penalizzati.

In particolare sono state respinte le rivendicazioni di quelle minoranze che nella percezione pubblica sono male integrate e che rappresentano valori estranei, ha precisato Vatter.

Gli svizzeri si sono invece dimostrati più tolleranti nei confronti delle minoranze linguistiche della Confederazione e dei disabili. Nel raffronto con quelle di altre minoranze, le loro rivendicazioni sono state sovente accettate nelle votazioni popolari degli ultimi 50 anni.

Eva Herrmann, swissinfo.ch
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

Il voto sul divieto di costruire nuovi minareti è stato fortemente caratterizzato dal contrasto destra-sinistra. I votanti di destra l’hanno accettata con oltre l’80% di sì, quelli di sinistra l’hanno respinta in eguale proporzione.

Nonostante i partiti di centro – popolare democratico e liberale radicale – avessero raccomandato una bocciatura, la maggioranza dei loro simpatizzanti ha votato sì. Il centro si è dunque comportato diversamente che in passato in votazioni riguardanti questioni di politica degli stranieri.

Dall’analisi VOX è emerso un comportamento nettamente differenziato a seconda del grado di formazione: i votanti che hanno seguito un apprendistato hanno approvato l’iniziativa nella misura del 76%, coloro che hanno una formazione universitaria hanno invece votato sì solo nella proporzione del 34%.

A livello di appartenenza religiosa, sia protestanti sia cattolici hanno detto sì nella misura del 60%. I votanti senza religione l’hanno invece respinta.

Per la 100a analisi VOX è stato intervistato un campione rappresentativo di 1008 aventi diritto di voto.

L’istituto gfs.bern ha realizzato le interviste nelle due settimane dopo la votazione federale del 29 novembre 2009.

I dati sono stati analizzati dall’Istituto di scienze politiche dell’università di Berna.

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